Tutto quello che conta nella vita
nasce grazie al dolore
Aldo Rock
Avete esigenze economiche urgenti?
Andate in ospedale e chiedete di fare volontariato in corsia.
Tempo una settimana e tutto sarà molto più relativo e vi sentirete di nuovo in contatto con le soluzioni ai vostri problemi.
Io ho più di un amico che lo fa e mi colpisce sempre un’affermazione, condivisa: “io lo faccio per me, solo per me, e li ringrazio ogni volta, di permettermi di condividere il loro dolore… Quando esco, mi sento diverso, con una grande sensazione di verità”.
L’abbondanza è verità, non perfezione; la fragilità non esiste, esiste solo il significato che noi le diamo, di non essere come vorremmo eccetera eccetera.
E’ proprio il “come vorremmo essere” il problema. A volte è immondizia pura. NON E’ PER NIENTE ciò che desideriamo in profondità.
Allora occorre smettere di correre dietro al nostro ego che ci ingiunge di nutrirci di cibo spazzatura (della mente).
E’ stupefacente, nelle persone che vedo in terapia, quanto sia evidente eppure invisibile ai loro occhi, la semplice equazione della loro vita:
– Lella era stata abituata da piccolissima a non vedere considerati i suoi bisogni di fronte a sforzi e sacrifici immani. E’ riuscita a porre fine in una settimana –lavorando con lucidità dentro di sé- ad una relazione ventennale con uomo che -esattamente come i genitori- la ignorava, denigrava e sminuiva, ogni secondo della loro relazione.
– Veronica ricorda da sempre di aver dovuto lottare ogni santo giorno con mamma e papà per poter ESSERE ciò che avrebbe voluto come donna e come professionista.
Ora, da adulta, era per gli altri una terapista in Medicina Cinese eccezionale, ma al prezzo di sintomi psicosomatici oltremodo gravi.
Una delle frasi tipiche con cui la madre l’aveva allevata era: “preferirei non fossi nata, visti tutti i problemi che hai e che ci procuri”. Beninteso, i problemi erano che lei non voleva fare la contabile.
La relazione affettiva di Veronica con un uomo non poteva che essere con qualcuno che non la capiva, che non sapeva niente dei suoi interessi e che avrebbe preferito per lei un lavoro “normale, serio, sicuro”. Interrotta questa relazione, Veronica semplicemente rifiorì.
Non vi è mai capitato di tirar fuori il problema, accettarlo, affrontarlo? E poi di sentirvi meglio anche se non si è risolto? oppure non si potrà mai risolvere perché riguarda anche altri? Oppure perché sono passati decenni?
Ma siamo così. L’abbondanza è accettazione. Dipende da che cosa accettiamo. Se nei casi citati le due persone avessero continuato ad accettare di non turbare gli altri, “perché sono fatti così”, avrebbero solo finito per distruggere se stesse.
Che cosa scegliamo, in definitiva, amici miei? La sostanza della vita è tutta qui.
Allora, l’imperfetto cessa immediatamente di essere una vergogna, per diventare una forza, una verità, una risorsa.
Il mondo si divide in chi accetta se stesso e ciò che gli succede e chi si rifiuta.
Chi non si piace, vive nella mancanza e nella fatica. Esistenziale. Che non potrà mai colmare “facendo di più”.
E nemmeno rassegnandosi: “con la famiglia di pazzi che ho avuto…”.
Eccolo il cambiamento interiore:
io posso essere grato PROPRIO per l’esistenza difficile che ho avuto,
perché mi ha permesso di avere più spessore,
più conoscenza della sofferenza e quindi di essere maggiormente in grado di apprezzarne il bello,
di avere un entusiasmo contagioso per la parte bella della vita.
Ecco la svolta.
Altrimenti, è chiaro cosa stiamo facendo in realtà, ogni giorno? Stiamo confermando il BLOCCO che in realtà abbiamo già superato decenni fa.
E SOLO per restare in contatto con quel dolore.
Pazzesco.
Freud la chiama “coazione a ripetere”.
Guardate che questo funziona anche nei casi estremi: se io ho proprio sbagliato, capisco che sono stato egoista, infantile, superficiale, che ho provocato danni irreparabili gravi ad altri, devo vivere di rimorsi?
Esattamente il contrario: la natura non accetta eccezioni:
io non posso far altro che valorizzarmi, che ripartire dall’accettazione di me nella totalità, dai miei pregi e dalla valorizzazione di me e dal diritto di sbagliare, comprendere e RIPARARE i danni da me perpetrati e vivere la mia vita al miglior livello di soddisfazione possibile. Non ad un livello “così così…”.
Con un umore incredibilmente rigenerato e non inibito a vita.
Se ad esempio una notte non dormi per questi tuoi rimorsi esistenziali, il giorno dopo sei stanco, ma non per questo devi odiare te stesso e il lavoro che vai a fare.
I bambini a sera sono esausti ma mai affaticati perché senza conflitti interiori. E noi ci nutriamo della loro vitalità.
Ma se quel preciso giorno in cui ci odiamo e odiamo gli altri, condanniamo noi stessi ai lavori forzati a vita per un litigio insanabile con il nostro capo o il partner, questo litigio e le sue conseguenze diventano “il problema”, mentre non sono che un sintomo, evitabile, sanabilissimo e non degno di alcuna nota.
Questa è la verità.
Non possiamo allora conoscere il reale benessere se non perdoniamo noi stessi per come siamo e per la vita che facciamo oggi. Non per quella che vorremmo fare:
non ci può essere benessere senza perdono.
Andare avanti è perdonare:
ci si lascia davvero quando ci si lascia bene.
Dalle situazioni spiacevoli e dalle persone con cui c’è stata qualche ferita importante.
Occorre dunque smettere:
– al nostro interno!
– e per sempre!
le diatribe, i conflitti, le pendenze e le rivendicazioni che “fatichiamo a chiudere”.
Allora ci verrà una voglia meravigliosa:
non aspettare mai più che le difficoltà finiscano, ma andarsele a cercare…
Perché vediamo chiaramente che non saranno mai più dei casini insanabili.
Io ricordo perfettamente la mattina in cui realizzai questa “sostanza” dentro e fuori di me, come summa di tutta una serie di trasformazioni interiori. Di colpo mi apparve chiaro:
la devo smettere di esaurirmi per risolvere problemi inesistenti:
“basta! Cerca di starci dentro, con buon umore!
E non alimentare i problemi con l’ansia!
Tutto qui”.
Telefonai, fissai due appuntamenti e nel giro di una settimana, la prospettiva dei miei temi esistenziali, economici e relazionali, era mutata radicalmente:
non era vero che quelle persone ce l’avevano con me e non era vero che la vita mi mandava le ennesime prove da tempo immemorabile per ricordarmi che non ce la potevo fare…
tutte invenzioni dentro di me, tutte sfide, della mia affettività e della mia famiglia d’origine.
Sfide che da allora non ho raccolto più.
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