9. Il Ritorno del Giorno della Marmotta. E’ tornata in auge l’unità di misura della giornata, non ci sono più sabati e domeniche, e soprattutto lunedì, come nei tempi antichi! Che giorno è oggi? Booh? E le previsioni? Mah. E se mangiassimo ora? Chi ce lo vieta? E chi ci corre dietro se rimandiamo? La danza della giornata produce risultati sempre uguali, ma sempre diversi. Come in una poesia della Szymborska. Molto più secondo natura. Quindi sono questi ritmi naturali che si ripetono sempre uguali, che possiamo tornare a misurare? E che cos’è? Il banale piacere quotidiano di fare il pane? Nella famiglia di mia madre, quand’era bambina, c’erano i turni per alzarsi durante la notte, ogni notte, per impastare, girare, e infornare il pane. Ma l’avreste mai detto? Che tornava in auge la misura dei monaci tibetani e l’obiettivo generalizzato del piacere dall’alba al tramonto?! Ma andiamo! È davvero troppo bello per essere vero. E’ il Giorno della Marmotta del nostro modo di essere. Ogni giorno di fronte alla stessa occasione di crescita. Perché, tanto, questo c’è. E domani, se non ce l’ho fatta oggi, ricomincio da capo.
E la casa è il centro di questa doppietta alba-tramonto! Un centro pieno di eventi. Oppure è un centro buio. Ma è il centro della nostra vita. Sempre. E’ può essere un centro aperto o chiuso. Noi abbiamo vissuto proprio questa sensazione. Da casa chiusa, nei primi giorni, a casa aperta. Aperitivi. Pranzi. Dirette lunghe con amici. Tutto virtuale, certo. Ma quindi ancora più simbolico. Gruppi di terapia. Classi di Bioenergetica. E altre sessioni di qualsiasi disciplina. E incontri più intimi, in cui le persone non sapevano dove rintanarsi per avere un momento di privacy. E la prima volta che ci siamo visti tutti insieme in video? Ciascuno nel suo quadratino di casa? Non è stato diverso? Più intimo e strano? Conclusione: conta solo la sensazione di apertura che sposi dentro. Comunicare è aprire. Con qualsiasi mezzo. E con chiunque parlate ve lo dice: in un primo momento, solitudine. Poi ho aperto la mia casa. E da oggi in poi, lo stare a casa, come prima, non esisterà più. Non sarà più lo stesso. Emergenza o meno. Speriamo.
L’essere umano si abitua a tutto, nel bene e nel male. Quando vediamo le persone in video, e ci salutiamo, i primi giorni eravamo tiepidi perché ancora in pausa di una relazione vissuta in profondità. Oggi, quando vediamo le persone che ci fanno ciao dallo schermo con la manina, ci commuoviamo come se potessimo toccarle. E ci accontentiamo di questo contatto così lontano, quasi fossero le lettere degli alpini durante la guerra. Guardare i filmati di come eravamo assembrati a ballare prima, ci fa effetto da lacrimuccia. Si cambia in una settimana. E questo ha effetti terribili se usati male, ma bellissimi se lo sappiamo e lo governiamo. Per cui, vogliamo abituarci nel bene, o nel male? Sta a ciascuno di noi chiederselo. Dov’è bene per me questa nuova abitudine? E dov’è male per me?