Sentirsi traditi non è ad esempio essere stati sottoposti ad ingiustizia.
Però, nel sistema emotivo delle persone, a volte si confondono questi stati d’animo.
Si assiste allora a dichiarazioni di persone che hanno letto i libri di Lowen e arrivano in studio con la sensazione che la ferita da tradimento sia ciò che da sempre li caratterizza. Ma lo dicono come se fosse una vera e propria ingiustizia. E basta che che lo si faccia loro notare, per cambiare tutta la loro percezione.
Tradimento ad esempio vuol dire che tu mi hai ingannato in modo così irreparabile, che io semplicemente ho un dolore talmente enorme e senza nome che semplicemente non mi fido più non solo di te, bensì di niente e nessuno. A volte per tutta la vita. E lo sguardo del tradito è così colmo di diffidenza che non lascia alcun dubbio.
Se invece sono stato sottoposto ad un’educazione colma di doveri e imposizioni, ed ho vissuto la mia infanzia in modo così coercitivo che da adulto sento solo fatica e senso del dovere, la rabbia e l’energia repressa nello sguardo, sono la prima cosa che si nota. E questa è una vera e propria ingiustizia.
La sostanza è che ciò che accade non è altro che l’interpretazione dei segnali che ci arrivano. Questo conta.
Non l’effettivo tradimento o ingiustizia, o abbandono o rifiuto subiti. Bensì come li abbiamo presi noi, nel nostro sistema personale elementare da bambini, nel corpo, nello spirito, nella postura. In una parola: nell’energia.
E ciò al momento in cui il processo è avvenuto, a seconda degli equilibri della nostra famiglia, e così via.
Il punto è che se i miei genitori mi hanno fatto un torto, questo torto può essere vero, oggettivo, reale, oppure solo percepito dal bambino, per una serie di elementi. Ma per me questa è la verità. Allora, reagisco. E il mio modo di reagire mi ”caratterizza”, appunto.
E’ oggettivo che -se ci sentiamo traditi, ad esempio perché non ci potevamo mai confidare, poiché altrimenti tutto veniva rivoltato contro di noi, questo è un dato di inaffidabilità del genitore che poi non ci fa fidare degli altri, di nessuno escluso, se esteso e grave.
Ma è oggettivamente anche un’ingiustizia, un torto, una mancanza che sentiamo, a volte in modo accentuato. Se questa ingiustizia ci far star male di più del tradimento, allora la nostra ferita sarà da ingiustizia e quindi reagiremo battendoci.
Altrimenti ci sentiremo di più traditi, pertanto il nostro sguardo testimonierà che non reagiamo più, semplicemente non ci fidiamo e non ci fideremo più. E “non sento e non mi fido” è un carattere, quindi un corpo e un’energia completamente diversa dal corpo di chi si batte per evitare di subire torti, limitazioni, ingerenze eccessive, ingiustizie appunto…
Sulla ferita da Tradimento, che è alla base del Carattere Dominante, qui preferito alla dicitura tradizionale di Psicopatico, che evidenzierebbe una sorta di malattia grave, laddove il carattere -tradito appunto- tende solo a controllare, dominare le emozioni e le relazioni- una coincidenza recente mi ha colpito:
Un’amica baby sitter mi ha raccontato che quando lei è arrivata dal bambino da accudire, di poco più di 2 anni, la madre, per non avere storie da parte del figlio, era uscita di nascosto da lui. Il tradimento, la disperazione, l’angoscia nello sguardo del bambino, quando si è accorto che la madre non c’era più, sono stati così forti che poi non ha più staccato la mano da quella della mia amica baby sitter, nemmeno durante il successivo riposo pomeridiano.
Ora, cosa succederà se questo episodio si ripete? Che il figlio potrebbe crescere con una sfiducia e una ferita da tradimento che non saprà da dove viene, in una famiglia per altri versi “normalissima”.
Più spesso, convivono in noi due o più tratti caratteriali. Oscilleremo -dipende in quale misura- tra queste due tendenze, a non fidarci oppure a lottare.
Magari uno nelle relazioni (caratterizzato dal rapporto con il genitore dell’altro sesso) e l’altro nel lavoro e nello sviluppo del proprio potenziale vitale (imprinting del rapporto con il genitore dello stesso sesso).
Possiamo quindi soffrire di entrambe le ferite non ancora risolte. Spesso in ambiti diversi.
Un’altra dinamica caratteriale si sviluppa quando le persone non hanno proprio coscienza della propria ferita. Ed accade con “gli interventi” educativi, o stili di educazione che agiscono sul bambino troppo precocemente, o radicalmente.
Ciò riguarda ad esempio le ferite di abbandono o di rifiuto.
Ricordo diverse persone convinte che la loro ferita fosse stata il rifiuto, che se ne lamentavano apertamente. Ma la loro modalità, come abbiamo visto sopra, aveva declinazioni molto più energiche di ciò che un reale “rifiutato” possa davvero provocare.
Mentre una persona che ha sentito rifiuto e ostilità alla nascita, ha una freddezza e un’intellettualizzazione che non è affatto consapevole della paura e della rabbia e della delusione provate così violentemente quando non si avevano ancora le possibilità di concepire la rabbia e qualsiasi altra emozione, oppure resistere o reagire se non “rifugiandosi nella testa”.
Il rifiutato scinde infatti le emozioni dai pensieri e si rifugia nell’intelletto. Noi preferiamo chiamarlo Carattere Cerebrale al posto della definizione tradizionale di Schizoide (cioè colui che scinde, la mente dal corpo) poiché cerebrale rappresenta di più la sua condizione tematica ripetitiva.
Per tutti questi motivi, nella terapia del carattere, occorre ascoltare e indagare e riflettere bene insieme tra terapeuta e cliente sulle corrispondenze tra i racconti e i segnali che ne scaturiscono.
Ecco che cosa fa la terapia, che cosa si fa in terapia.