Leggerezza Profonda: 10. Adalgisa e il Dramma

 


Quando siete felici guardate nella profondità del vostro cuore e scoprirete che ciò che ora vi sta dando gioia è soltanto ciò che prima vi ha dato dispiacere. Quando siete addolorati guardate nuovamente nel vostro cuore e vedrete che in verità voi state piangendo per ciò che prima era la vostra delizia.

Eugène Labiche

 

 

Adalgisa la chiamo così perché ricorda tanto un’impettita signora degli anni ’50. Ma non fidatevi delle mie descrizioni. Potrebbe essere un uomo. Ce ne sono moltitudini a comportarsi così, di tutti e tre o quattro i sessi.

Per la Signora Adalgisa, alle soglie dei quarant’anni, ogni evento era un Dramma. Ogni messaggio, ogni cena, hobby, uscita, situazione di lavoro, ogni giornata, all’inizio dei nostri incontri mi veniva raccontata con dettagli ed enfasi propri di un giallo. Non parlava mai di sé e di come si sentiva ma di come diavolo stessero messi male gli altri. E giù esempi su esempi di esempi che costituivano la telenovela avvincente (per modo di dire) della sua settimana sofferta e senza alcun riposo. Né notturno né diurno.

 

Dopo appena sei mesi di terapia, comprensione, ascolto, rispecchiamento, risonanza, pazienza e affetto, tutto questo dramma è infinitamente diminuito e la prospettiva diametralmente mutata. Ora è nel cammino. Consapevole che anche per lei –come per ogni altro essere umano- è tutto nella sua testa e che tutto è originato da:

  • ciò che è abituata da decenni a pensare, vedere e sentire dentro di sé
  • e quindi da ciò che si aspetta che accada.

Perdeva così -e adesso lo vede e lo sente- ogni sorta di benessere, relax, cura di sé, evasione, divertimento autentico e leggero e non così sempre controllato.

Alcune cose che oggi Adalgisa non fa più -e alla fine dell’elenco chiedetevi: vi sembra poco?-:

Non passa più:

  • le vacanze chiuse in casa al buio
  • la notte a rimuginare
  • le serate a sognare paradisi e amori che sentiva come compensazione parecchio idealista e molto poco realista
  • le ore a elaborare strategie per rispondere, difendersi, contrattaccare.

Qualche settimana fa, ha avuto finalmente un’illuminazione e uno sfogo nel pianto di ore, realizzando che quello è il mondo che conosce fin da bambina, di attacchi e attacchi continui dai quali difendersi e non poter stare mai tranquilla.

La constatazione è la solita che conosciamo ma che stupisce ogni volta: noi continuiamo a farci da soli e imperterriti ciò che abbiamo subito da bambini.

Questa verità si abbatte all’improvviso su di noi e di solito prima ci tramortisce -in senso buono- e poi ci rigenera e ci fa affrontare finalmente l’esistenza 2.0 che desideriamo fortemente.

Tra l’altro noi eravamo convinti, Adalgisa era convinta, di fare il contrario: difendersi con fierezza da chi attenta al proprio umore.

Fino a scoprire che siamo noi i pirla, i colpevoli, i primi attentatori alla nostra serenità quotidiana.

E c’è sensazione più necessaria e sufficiente di questa?

Non c’è più davvero nessuno oggi che attenti al nostro umore se non noi che ci andiamo a ficcare in drammi artificiosi e tirati su dal nulla per poi difenderci costantemente.

Con buona pace dei nostri respiri e dei sereni riposi.

Scrive Anne Rice:

”Si tratta di una verità spaventosa: il dolore può renderci più profondi, può conferire un maggiore splendore ai nostri colori e una risonanza più ricca alle nostre parole“. 

Ed è proprio ciò che accade in terapia, se riusciamo ad andare al di là del dolore iniziale di affrontare ciò che consideravamo irrisolvibile. La nostra piccola e attentata vita è in realtà già piena di ogni possibile gioia e valore proprio grazie a tutto il dolore affrontato da soli per anni e anni.
E quando lo vediamo, tutto l’auto confinamento negli spazi addolorati di sempre, si scioglie letteralmente, come l’immagine di Amélie nel film omonimo quando si scopre innamorata, se capite cosa vogliamo dire.

 

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Riepilogo:

 

Conferenza Gratuita 1 Dicembre 2016, 20,30
5 Ricette per una Piccola Felicità

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Altri approfondimenti:

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