Aggiustare lo Spazio

La fantasia è come la marmellata- dice Italo Calvino– bisogna che sia spalmata su una solida fetta di pane. 

In questo senso, il corpo è la fetta di pane su cui spalmare l’entusiasmo.

Perché il corpo introduce al rapporto con lo spazio, con le cose concrete e reali. Se voglio riprendermi il senso dello spazio, del mio essere qui e ora, e incidere sull’ambiente, provare piacere intenso e soddisfazione… non posso più controllare i movimenti e i pensieri e gli atteggiamenti in modo predefinito. E devo cedere il primato al corpo, ai sensi, a percepire lo spazio intorno a me.
Quindi recedo da intenzione, volontà, razionalità.
E mi apro all’ascolto e all’esplorazione. 

Non c’è davvero altra strada, terapeuticamente.

La devo finire d’insistere. Nel voler controllare tutto. Basta.

Questo s’impara, in terapia, e prima ancora nelle classi di Bioenergetica.

A smetterla con i soliti atteggiamenti, abitudini, circoli sempre uguali, che sono quelli che ci stancano di più, in modo ripetitivo.

E per farlo, s’inizia sempre dallo spazio che ci circonda. Dal riprendersi i propri spazi.

Non c’è inizio e non c’è fine –allora ripetiamo nelle meditazioni bioenergetiche- non c’è scopo né obiettivo né fretta di finire, solo ascolto’.
Ciò riguarda non solo il tempo, ma anche e forse soprattutto lo spazio.
Dopo la fase iniziale di grounding, ad esempio, si sperimenta la sorprendete sensazione di non controllare più i propri movimenti nello spazio, come se si fosse ubriachi. E ci si rende così conto di quanto benessere si guadagna liberando letteralmente il corpo dalla testa. E quanto invece normalmente siamo iper-controllati.

Il tempo e il rapporto con le porzioni di vita che attraversiamo, come abbiamo visto al punto relativo, cambia completamente se mi dedico alla disciplina bioenergetica. Prendo a vivere nel flusso, finalmente, costantemente, seguendo l’esempio del non c’è inizio e non c’è fine.
Pertanto, se non penso più a ‘fare l’esercizio’ dal minuto A al minuto B come tempo esatto mentre eseguo i movimenti, mi dedico automaticamente a come mi sento nel flusso e immediatamente mi accomodo in questo spazio. Mi ‘accorgo’ del mio spazio. Mi sorprendo al minimo movimento che porta le mie singole fasce muscolari alla catena di movimenti che mi sostengono nel grounding, esercizio cardine della bioenergetica, che vuol dire sentirsi in piedi radicati su questa terra.

Immediatamente dopo, inizio anche ad essere consapevole del mio spazio interno, del mio rilassarmi. Ciò individua ed espande i centimetri che il rilasciare le tensioni libera dentro di me. Di colpo, mi stupisco inserito nella corrispondenza tra spazio interno ed esterno a me. Solo mio. Proprio. Che prima non riuscivo a trovare mai e ora è facile.
E non mi sembra vero poterlo dire e sentire. Lo dico piano, come a non voler rovinare una scoperta all’inizio ancora fragile.

E se da qui vado avanti, scopro nel tempo la sensazione di ‘Spazio Avanza con Me’.

Ad ogni passo che effettuo alla fine della fase iniziale di grounding delle classi di esercizi, c’è sempre una verifica di come ci muoviamo nello spazio. Cos’è cambiato nel camminare grounded? Ecco cos’è cambiato: ci muoviamo come in un tunnel di volumi. I passi a terra sono così radicati che marcano il nostro nuovo territorio. Tutto è già nostro personale terreno per come lo sentiamo autorizzato sotto i piedi, nel movimento. E l’aria che spostiamo e che respiriamo al passo precedente ci segue al passo successivo. È un’esperienza epifanica, illuminante. Ridefinisce i punti cardinali del muoverci a nostro agio.

Allora, se le classi di bioenergetica sono una delle esperienze più potenti possibili per mutare il senso del tempo, si veda Il Tempo Negli Esercizi di Bioenergetica, ciò vale ancora di più con lo spazio, perché il flusso del tempo è una dimensione che assume concretezza immediata e materialità nello spazio, significato ‘più grande’ tanto quanto è più espanso il tempo che sto percependo. Più sento il tempo mio e più direttamente mi rapporto alle cose che mi circondano come appartenenti a me (e io a loro), legittimate, tutte da godere.

E più mi muovo diversamente qui e ora, nella più accurata percezione dell’ambiente che mi circonda, più sento che io posso toccarlo, sentirlo nelle viscere, il miglior rapporto con il tempo.

Da questo momento in poi, se prima lo spazio era un concetto, dopo diventa un’esperienza.
Adesso so cosa vuol significare davvero un nuovo modo di abitare e muovermi nel mio spazio. E posso ripeterlo, riviverlo ogni volta che voglio. Wow.

Ci sono allora persone che normalmente camminano come fossero sulle uova, le quali finalmente tornano al movimento spontaneo.
Ci sono caratteri rigidi e mentali che nella bioenergetica sembrano rendersi conto di ciò che li circonda mentre riapprendono a camminare spontaneamente, senza controllo.
Avete idea -tra l’altro- di quante somatizzazioni, sintomi e malattie questa attitudine permetta di risparmiare?

C’è un esercizio in particolare, che si attraversa a questo punto: il grounding in ginocchio. Con un ginocchio a terra e le dita del piede puntate a sentire il suolo. E l’altro ginocchio in alto con la pianta del piede ben piantata a terra. Il movimento insiste come di consueto sul caricare energia scendendo e risalendo con il sedere, affidandosi totalmente alla parte anteriore delle piante dei piedi che effettuano l’esercizio coordinandosi. Così facendo, ci si piega leggermente all’indietro per forza di cose, piegando il ginocchio sollevato per scendere verso terra e poi risalire. All’inizio questa asimmetria voluta rende l’esercizio alieno da noi, difficile. Ma appena un minuto dopo, è come se ci accomodassimo dentro il nostro spazio, all’interno del nostro bacino, a stretto contatto, finalmente, con la nostra profondità. Ci sediamo dentro di noi, questa è l’impressione. E si apre un mondo di prospettive inedite.

E’ qui che lo percepiamo: intendere lo spazio in modo diverso, crearlo in senso letterale, è direttamente salute, è il goal, è la sensazione esatta di benessere.

Tecnicamente, accade che subordiniamo di nuovo la testa, durante le sessioni di bioenergetica, al corpo e alle sue leggi e funzionamenti.
A questo proposito, un altro esercizio emblematico è -durante il grouding- non solo ‘staccare’ la tensione dal collo, ma immaginare e sentire materialmente la testa che penzoli indietro dal collo, subordinata, conseguente e dipendente di nuovo dalla natura del corpo. Esattamente come quando dormiamo.

Adesso sto scrivendo dal nostro consueto ritiro estivo bioenergetico, e -facendo gli esercizi al mattino e alla sera- questa sensazione è cardine della nuova idea di benessere. Le onde cerebrali, appena svegli, o poco prima di cena, tornano alla frequenza del sonno, e iniziano a farlo abitualmente, a comando, con appena un paio di movimenti che si imparano semplicemente. Doppio wow- mi dice una partecipante, radiosa.

Ad un certo punto di qualsiasi sessione di bioenergetica, le persone quasi non sanno più camminare come prima, quando erano -appena mezz’ora fa, ma un’era intera è passata- sotto il controllo stretto della mente e delle nostre convinzioni caratteriali. Si lasciano semplicemente andare, si affidano a sé stesse, finalmente. Apprendono a farlo. Riapprendono che il corpo è libero di muoversi come desidera e questa sensazione è realmente trasformatrice del nostro stato. Ed è qui che ci si riappropria del proprio spazio. Spazio avanza con me.
Vale a dire che il passo di un secondo prima, insieme al respiro espanso che mi porto con me, arricchisce la sensazione di espansione nel passo successivo.

Un’immagine interiore che rende bene questa relazione ritrovata con lo spazio è quella di riprendersi letteralmente i propri confini, come se puntellassimo i volumi di nostra proprietà, ad ogni incedere durante l’esperienza, con le mani e il respiro e la posa e l’atteggiamento, naturali, nuovi e legittimati.

Mi sento così protetto e protettivo nei mei confronti, senza sforzo, ma con un piacere corporeo ed emotivo che mi commuove.

Questo è aggiustare lo spazio.

E’ la possibilità concreta e reale di guadagnare volumi all’interno di sé quando lasciamo andare tensioni croniche.

Ad esempio, nello scendere e risalire del grounding, noi carichiamo energia e rigeneriamo la nostra esistenza. Non di meno. E nel farlo, sottolineiamo due accorgimenti, tra gli altri: con una mano sull’addome e un’altra sul petto, lasciamo andare i nostri organi interni come se le mani e le braccia li accogliessero, cingessero e accettassero totalmente. Ciò stimola ancora di più il processo di rilasciare le tensioni interne e aumenta la sensazione concreta che finalmente ci stiamo rilassando ad un livello maggiore, migliore, compiuto.

A questo punto, la seconda attenzione richiesta, è sulla sensazione di maggiore volume interno che riguadagniamo quando le tensioni si lasciano andare. Volume che mentre respiriamo sentiamo che si riempie di aria. Quindi: mentre scendo inspiro di più, l’escursus è più profondo. E quando espiro, l’attenzione viene posta sull’occupare maggior spazio nell’ambiente, nella stanza dove sono a fare gli esercizi. E’ un processo che scopriamo essere naturale. Il volume guadagnato internamente nell’inspirazione, diventa l’espansione nello spazio, delle mie misure, che non sono più costipate, trattenute e ricavate. Ma sono e basta. Si espandono come natura le definisce. Questa è la genesi e la compiutezza del processo di espansione del nostro modo di essere e dello ‘spazio vivo’ a cui allude Lowen:

Ciò che fa sembrare vive le pareti è il movimento dell’energia nello spazio. Quando guardiamo un oggetto attraverso uno spazio caricato, la vibrazione nello spazio si proietta sull’oggetto, che sembra allora indipendentemente vivo. Che lo spazio sia vivo, nel senso del movimento e della vibrazione in qualsiasi condizione, è un fenomeno che gli impressionisti hanno colto e dipinto vividamente e che, oggi, pochi artisti oserebbero negare.

Alexander Lowen, Il Linguaggio del Corpo, pag 311. 

E’ qui che ci ritroviamo a sentire il ciascuno il proprio centro. E l’aria che si muove insieme a me mentre io cammino mi fa realizzare che me la porto dietro. Con l’aria che respiro mi sento al centro e -muovendomi- influenzo ora sì l’ambiente.

Mi arriva una tale botta di piacere da questa ennesima scoperta, che quasi mi travolge. Dev’essere la serotonina che ho liberato in un istante.
E non so più quante scoperte in un solo passo sto compiendo.

Di confini non ne ho mai visto uno. Ma ho sentito che esistono nella mente di alcune persone.
Thor Heyerdahl, esploratore

Oppure inviaci un messaggio con la tua richiesta all’indirizzo:

marco.digiovanni@analisibioenergetica.com

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