Chi non riesca a staccare dalla mancanza,
non riuscirà a risolvere i problemi
che la stessa mancanza riaccende ogni giorno
Come fa a mancarci una vita che non ci piace?
Com’è possibile ritrovarsi a inseguire da decenni un’esistenza che non vogliamo in realtà?
Stiamo vedendo spesso, in terapia, situazioni in cui ciò che ci manca ci fa paura, di cui agli articoli precedenti.
Con la rinuncia conseguente a correre dietro alla mancanza perché decisamente non la vogliamo e non l’abbiamo mai desiderata davvero.
Succede da sempre nei colloqui del nostro studio di terapia.
Quelli che seguono sono solo i casi più chiari delle ultime settimane.
Rileggendoli, fa impressione quanto la propria vita può essere ripresa totalmente nelle proprie mani, con una semplice presa di coscienza, riuscendo a sbloccare energie di vite intere.
Allora disorientamento, certo. Ma subito dopo rinascita. Su basi molto più solide e veritiere.
Tutti i casi qui rappresentati, si sono confrontati con le semplici domande di cui ai punti precedenti. Per cui se volete avere la vostra preziosa consapevolezza, prima o dopo la lettura, provate a rispondere a vostra volta.
Erre: Mancanza di Progressione in Tutto / Paura del Dolore di Andare in Profondità
Erre sta percependo che “lei nella vita non va mai avanti, in niente, ed ha sempre girato in tondo”.
La sua mancanza è da sempre la soddisfazione, la fluidità, la progressione. Nel denaro, nella stabilità, nell’affermazione professionale, nelle relazioni. Solo girare intorno le è concesso, mai di sentirsi al centro della propria vita.
Però lei solo adesso, in terapia, sta vedendo la centralità di qualcosa che ritorna sempre uguale. Prima era ossessionata, a giro, dalla casa, dal denaro, dalle relazioni. E deve ammettere che non andare avanti in nessun aspetto della propria vita conferma la verità: non lo vuole in realtà, e lo boicotta perché le fa paura.
Ciò le ha fatto guardare in faccia questa paura. Paura mortale che se lei va davvero avanti in ogni ambito della vita, poi dovrà relazionarsi per forza e in profondità con qualcosa e qualcuno. E sente terrore e un dolore fortissimi di rivivere la freddezza per lei glaciale dell’atmosfera della casa in cui è cresciuta con i genitori, che non vedevano i suoi bisogni e la escludevano. Ha preferito allora di gran lunga sentirsi esclusa. Sua madre le diceva sempre che era come se lei non facesse parte di quella famiglia: “ma da dove sei venuta fuori tu?”.
“O mi realizzo totalmente e parto, mi faccio la mia vita, e starò molto male, per cui mi viene un’ansia che mi fa scappare ogni volta che arrivo al punto cruciale di ogni cosa…
oppure resto esclusa, vagabonda, brava persona, certo, ma senza patria e senza famiglia. Peccato, è una così bella anima…”.
Lei è restata l’esclusa che l’hanno convinta dev’essere per gli equilibri famigliari. E loro vanno avanti nel solito modo granitico, incuranti di lei. Ecco perché oggi sente che tutti progrediscono nelle loro cose e lei no.
Questo finalmente la fa talmente incazzare che probabilmente cambierà -in parte sta già cambiando- la sua disgraziatissima sfiga, come la chiama lei.
“Loro sono due macigni (i genitori).
E vanno avanti per la loro strada. Mancanza di spazio per me e considerazione delle mie cose, totali. Di default. Non c’è spazio. Non c’è il concetto di me. Perché nei miei non c’è il concetto dell’altro. Svalorizzazione conseguente automatica.
Per sopravvivere ho dovuto rimuovere tutta la sofferenza infinita del sacrificio di me e andare sempre nella testa. Ragionare, comprendere loro e farli ragionare almeno un minimo, estremi come sono. Occuparmi di loro, del loro lavoro, delle loro scelte. E io arrangiarmi. E oggi ancora mi arrangio. In tutto. E non vado avanti. In niente. Basta.
Già solo l’idea di occuparmi in modo risolutivo del mio lavoro, della mia casa, di uno spazio mio, mi fa una tale fatica e una sensazione di esclusione, e una convinzione che non potrò mai arrivare a qualcosa, che rinuncio in partenza.
Ecco. Madonna.
Io ho potuto fare qualsiasi cosa, e avrei potuto farne altre mille, ma non ho mai smosso il minimo interesse in loro. Dico che ci ho rinunciato. A loro, certo. Ma mai susciterò interesse e prosperità, serenità negli altri, oggi, e nelle cose della mia vita.
Questo mi fa male ancora tanto, adesso, e non mi riesco a rassegnare.
Tolti i macigni, sono rimasta satellite. E tutto intorno è macigno.
Quindi il mio petto, il respiro, il diaframma, la mia schiena, il mio mondo emotivo, sono semplicemente inibiti e non si prendono lo spazio delle scelte necessarie perché io non sono mai contemplata. Questo è il mio mondo interiore.
Fuori, le mie amiche mi rimandano tutt’altro. Ma certo, sarò anche meravigliosa, per loro, a patto che sto fuori da me e satellite di qualcuno e di qualcosa. Mai centro”.
Emme: Mancanza di Poter Individuare Finalmente la Propria Strada / Paura di Essere Punita, perché Andrà Male e Fallirà
Emme ha una paura profonda che lei quando si esprime e fa ciò che le piace, disturba un ordine costituito. Questo è il motivo per cui viene in terapia.
Lei disturberà sempre, e si sentirà sempre fuori posto dentro di sé, controcorrente, inquilina inquieta di un mondo che comanda su di lei, dove non si vedono i suoi meriti, l’insoddisfazione generale è imperante, e così l’incompetenza e, infine, le relazioni, dove lei non viene vista proprio.
Quindi lei è sbagliata, da sempre. E allora è esclusa per punizione da ciò che desidera. Ospite di un sistema che non è il suo. In cui gli altri hanno già tutto e lei mai niente.
Poi, col tempo, si chiarisce il suo reale problema e qual è il vero terrore nel cammino di realizzazione di sé. Va contro un copione sociale e soprattutto famigliare di centinaia d’anni:
non si possono seguire il piacere e la soddisfazione. Chi ti credi di essere? Proibito. Basta. Fine. Stop. Si lavora con fatica -questa l’unica possibilità per tutti- e tu, in special modo tu, perché sei cocciuta e non vuoi rinunciare alle tue velleità, non avrai riconoscimenti se non sforzarti in qualcosa che non ti piace. Se non ti piace te lo fai piacere. Questo abbiamo fatto noi, questo farai tu. Sempre”.
“E non faccio ciò che mi manca per paura, paura che se disturbo, se realizzo le mie passioni, pur splendide che siano, tutto fallisca, perché mi oppongo ad un volere troppo forte e avverso contro di me. E questa sensazione mi farebbe morire. Morire di paura e di dolore. E quindi o sono insoddisfatta come adesso o sarò terrorizzata e fallita. Che bella prospettiva…”.
Potete immaginare quante lacrime ha tirato fuori Emme quando ha realizzato tutto ciò?
“Loro hanno costruito e mi hanno passato un’atmosfera così condizionante e talmente immutabile e gnucca che io non ho nemmeno il coraggio di esprimere la mia opinione in quel contesto. Solo fuori, lontano. Ma lì, dentro, io non posso esistere in modo sereno e legittimato. Quindi anche dentro di me.
Questo, dentro di me, oggi, vuol dire che sono lontana dai miei obiettivi per definizione. Tutto è geograficamente lontano da me. I miei desideri e il mio fidanzato. Tutto lontano. Tutto altrove. E se lo faccio, se OSO essere protagonista delle mie cose, devo mettere in discussione in modo esistenziale la vita di tutti, rispetto alla mia. Il fidanzato, il lavoro, i miei genitori. Mi sono messa in scacco da sola. Lo stesso scacco che ho sempre sentito a casa mia da piccola. Già il solo pensiero di avere pari legittimazione e prosperità e serenità per me, mi mette ansia. Pazzesco. Vivere la mia vita mi mette ansia. Ma posso solo farlo. Devo farlo”.
Cosa succede dopo? Cosa sta accadendo in queste settimane a Emme?
Tecnicamente, deve solo stare a contatto con entrambi i poli del paradosso e respirarci dentro, come muovendosi dentro una Matrix, con consapevolezza nuova ed essendo completamente se stessa, mai più in questa falsa divisione di sé.
Non è vero che lei ha solo queste due alternative: sentirsi proibita la felicità e fallire se tenta qualcosa. Ma una parte di lei lo sentirà vero perché è un ricordo. Le è successo sul serio per decenni, da piccola. Lo abbiamo scritto decine di volte su queste pagine.
La soluzione è sentirsi intera, sapendo (anche se ancora sentendo poco) che noi siamo molto di più di ciò che percepiamo di noi stessi all’inizio del cammino. E starci, respirando a pieni polmoni e calandosi dentro questi due poli. Si inizia con il primo polo: “Sentirsi Proibita la Felicità”.
Davvero ci sentiamo così? In ogni momento? Quando sì e quando no? Se ci stiamo totalmente e con presenza, sentiamo che qualcosa si scioglie e ci possiamo godere di più la vita, ‘questa’ vita? La risposta è sì…?
Di solito questa successione ha esito positivo e rigenerante.
Poi si prosegue con il secondo polo, in questo caso “Fallire se Tento Qualcosa”.
Qui il processo è lo stesso ma cambiano le domande:
Cosa deve accadere per non fallire? Che cosa vuol dire tecnicamente mettere in piedi il mio progetto di vita? Come posso farlo al meglio, in modo da poter far tacere le mie voci interne? Ecc.
Ma se tutto quadra, poi dare per scontato che, se il progetto fallisce, è lui a non andare fino in fondo e che ci sarà sempre da imparare. Non saremo mai più noi a sentirci falliti.
In seguito, occorre predisporre il Piano B, il Piano C, e via andare. In modo che non sia più attaccabile proprio dalle voci interne che in realtà volevano solo salvaguardarci. Tutto qui. Lo hanno fatto male e a modo loro. Ma volevano salvaguardarci. Oggi invece sappiamo solo noi ciò che ci protegge davvero.
(Tutti i passi che si incontrano, li abbiamo indicati al punto precedente: Dopo la Mancanza).
E poi, una mattina, di colpo, avvertire che qualcosa di fondamentale è cambiato, sia perché lo percepiamo dentro, sia per i segnali che accadono fuori, decisamente diversi. E finalmente vediamo anche noi i famosi pregi che gli altri ci hanno sempre rimandato. Solo perché siamo più soddisfatti, consapevoli e quindi interi, totali, indipendenti davvero. E va bene così.
Gi: Mancanza: pilastro a cui appoggiarmi / Paura: l’altro mi obbliga solo al dovere di dovermi occupare io degli altri
“Mi manca più di ogni altra cosa un pilastro affettivo che mi autorizzi alla libertà, e alla leggerezza.
Ma in realtà non lo voglio davvero perché mi farà sentire paura di essere ancora più sola, di non essere amata per ciò che sono. Ma per come ce la faccio sempre. Per me non c’è mai nessuno. E io ci devo sempre essere per gli altri.
E questo poi mi fa nascere tutta una serie di paure: la malattia, lo stare male, la morte. Tutte suggestioni assurde, nate tanto tempo fa perché mi sentivo scoperta, senza protezione. Adesso lo vedo chiaro.
E se mi affido a qualcuno vicino… quelli che sembravano i pilastri o gli appoggi non ce l’hanno fatta, e poi mi lasciano o li lascio io e questo mi fa sprofondare ancora di più nella paura…
Allora cerco un pilastro e non lo trovo mai davvero, non lo voglio trovare in realtà.
E mi accorgo che ci posso rinunciare completamente. Il pilastro sono io. L’unica che può rappresentarlo è in me, sono io, è la famosa me stessa”.
Pi: Mancanza da sempre di una relazione / Terrore di essere tradita, ingannata, attaccata
Cosa succede se ti immagini davvero, in una relazione con X?
- Agitazione
- Non vorrei, non vorrei stare qui
- Va tutto a puttane
- Ho bisogno della libertà, dei miei momenti
- Sto troppo tesa in ansia per il perfezionismo
- Scappo, vado via
- Io mi rimpicciolisco
“Ho una paura fottuta in realtà di innamorarmi di lui, X, e che io e lui stiamo bene insieme.
Perché gli uomini hanno sempre tentato di entrare nella mia vita e impadronirsene, totalmente, accoltellandomi alle spalle.
Io non sono mai stata vista, mai l’amore c’è stato per me, mai mi hanno fatta sentire speciale. Ora, se io e lui stiamo insieme e viviamo insieme, il dolore per ciò che ho passato è troppo forte.
So che non ho scelta. L’unica cosa buona per me è stare con lui, ma è terribile. Una parte di me fugge o mi boicotta. Per fortuna ne parliamo in terapia e mi sento sostenuta nella chiarezza, altrimenti sarei scappata via da lui, da me, dalla mia vita. Pazzesco quanto è difficile vivere la verità”.
Aa. Mancanza: Affermazione, Successo, Rivalsa su una vita di seconda scelta / Paura paralizzante di non essere autorizzato perché non adeguato, non titolato, banale, totalmente incapace in realtà
Aa da sempre si sente vessato, incapacitato. Per lui allora solo un lavoro senza senso e giornate sempre uguali. In passato, negli affetti e nella sua unica passione, suonare uno strumento, ha sempre abbandonato di colpo e lasciato andare, senza impegnarsi mai, quasi proprio perché era dotato e le cose andavano bene. Le ha semplicemente lasciate finire, passare, queste esperienze. E così si è stordito, in modo da punirsi, ricacciarsi in periferia, tornare a sentirsi escluso. La sua unica passione, speranza di vita, ora è quella di suonare di nuovo nel suo gruppo, con cui sta faticosamente provando, ma con disperazione e alti e bassi e la sensazione di ansia che per lui non ci possa essere nulla.
Queste le affermazioni che si sta ripetendo tutti i giorni da settimane. E che stanno scavando il solco della sua consapevolezza:
“Non voglio, non ho mai voluto e non vorrò mai in realtà l’affermazione, la sicurezza, la calma, l’autorità, la fermezza, anzi le boicotterò sempre….
… perché mettermi in gioco sul serio in realtà mi traumatizza, mi riporta alla verità, valida solo per me, che io non sono titolato, sono un bluff…
…quindi mi posso solo auto boicottare, far finta, mettere su un casino di buoni propositi negli affetti e nell’arte, senza mai arrivare al dunque, girandoci attorno e poi mollando all’improvviso, se non sia mai dovessi davvero riuscire e farcela.
Questa è la più profonda verità su di me e sulla mia vita.
Allora è molto meglio che rinunci completamente ad essere affermato, autorevole, sicuro, perché mi manca ma mi fa una paura bestiale e tutto questo gioco mi ha fottuto letteralmente la vita. E mi goda finalmente solo la musica e il sentimento disperato di mettere tutta questa coscienza di me nella musica.
Questo mi fa star male, ma sento per la prima volta la sensazione di verità totale, sincera, disperata, su di me. E almeno ripartiamo da qui”.
Come detto all’inizio, tutti i casi qui rappresentati, si sono confrontati con le semplici domande di cui ai punti precedenti: 1. Che cosa ti manca di più? 2. Di che cosa hai più paura?
Per cui se volete avere la vostra preziosa consapevolezza, prima o dopo la lettura, provate a rispondere a vostra volta. La corretta formulazione è riportata nell’articolo: Ci Manca Sempre Ciò di Cui Abbiamo Paura.
Rispondi alle 8 domande per scoprire la tua specifica mancanza, al punto “Ci Manca Ciò di cui Abbiamo Paura”.
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