Leggerezza Profonda: 34. Da Allegretto Moderato a Vivace Andante

C’è un lusso meraviglioso che regala la musica:
l’intensità nella delicatezza, quel saper suonare piano e intenso, a cui invitava Toscanini.
È anche un modo di vivere.
Sentire la semplice, abissale differenza che passa fra urlare “ti amo” o sussurrarlo.

Riccardo Muti

 

 

 

 

Ecco una testimonianza di Leggerezza Profonda legata alla riscoperta del filo rosso.

“Quel” filo rosso che spezziamo per qualche motivo in qualche punto della nostra esistenza.

La cosa curiosa che si scopre in terapia, è che c’è per quasi tutti noi, qualcosa che abbiamo interrotto, archiviato, ignorato, ad un certo punto, con l’esigenza di fare i grandi. Curioso, no?

E poi riannodiamo da adulti, ritrovando noi stessi e la nostra essenza, come abbiamo visto nel precedente Tu che Arte Fai?! 

Leggere queste righe e le palpitazioni riportate, rende molto bene il cammino luminoso che ci attende nel nuovo benessere che cerchiamo.

 

La musica mi riporta ogni momento all’energia.
Ogni istante in cui immagino di cantare e muovermi e suonare tutto torna ad avere senso.
E gli appuntamenti in cui lo faccio materialmente scandiscono la vita settimanale.
Sviluppo più sdrammatizzazione.
Reggo più intimità.
Accetto più volentieri di fare-incontrare-vedere-decidere.
Senza più paletti-cuscinetti-recuperi-sospensioni.
Mi sento ottimista.
Trasversale ad ogni attività. Non conta che cosa materialmente devo fare. Mi immagino che sia sempre come esprimermi nella musica.
Sono un musicista che si esprime. Moltissimo dilettante e senza alcuno scopo. Se non quello di gioire. Insieme agli altri. E allora è come se tutto riprendesse il proprio posto e si accomodasse finalmente nella giusta dimensione. Torno allora a scintillare in modo esatto, integrato, connesso e coerente.
Bisogna avere il caos dentro per generare una stella danzante. Era una frase di Niestche molto in voga negli anni ‘80. Gli anni giovani dello sviluppo della musica dentro di me. Musica che mi rigenera la stella danzante per cui a questo punto -mi dico- anche il caos ha avuto senso. Anzi, se questo è il risultato, meglio mi sento.
Come se ogni cosa mi desse la carica e non vedessi l’ora di farla. Perché in quei precisi istanti ogni cosa è infinitesima gioia. Condivisione. Leggerezza. Ispirazione. Creazione. Coerenza. Semplice. Facile. Immediata. Da non smettere mai. Da non perdere mai.
Senza più alti e bassi.
Allora, è come se mi vedessi davvero: se sono alle prese con una preoccupazione, è sempre del tipo in cui non valgo, mi blocco, tutto è pesante e teso. Ciao Ferita. Come stai? Bentornata ammammatua.
E mi basta invece sentirmi di nuovo in un movimento, mentre immagino che canto, o cantare materialmente, se posso, e poi ricollegarmi alle stesse situazioni di un attimo prima, ferite, che le vedo per quello che sono: ricordi del lontano passato. E tutto torna a funzionare. Respirare. Amare. Appassionarmi. Insieme ad altri. Con gli altri.
Ogni fremito torna velocemente a posto.
Come se suonassimo e cantassimo insieme.
Mi va così di fare più cose. E faccio alla fine materialmente più cose. Mi sento più disponibile a recedere dai miei bisogni. Tanto c’è abbondanza dentro di me. Posso allora anche soprassedere. Ascolto di più. Mi metto più volentieri e automaticamente nei panni degli altri.
Non mi sbatto più così tanto prima, per ottenere dopo. Non c’è bisogno.
E’ sufficiente che mi ascolti.
Mi esprimo allora molto più qui ed ora. In modo meno preoccupato di trovare la forma.
L’ascolto e l’espressione è la forma.
E pure lo scritto lo dimostra. Scrivo senza più “prima le regole”. E tutto scorre. E trova un senso perché non lo cerca più. Lo trova e basta. Picasso: io non cerco, trovo. Quel che c’è, è.
E spendo di meno. Energie e denaro. Perché tutto c’è già. E guadagno di più. Perché tutto mi va. Ma di nulla ho indispensabilità. È la visione giusta. Unificante. Sufficiente di suo. Prospera.
E ogni cosa è generata. Da un’idea ad un figlio. Boom. Possibile per definizione. Ab initio. Ad libitum. Da allegretto moderato a vivace deciso, andante.
Il bello allora arriva se è in sé, nelle cose che accadono. Se no, non importa. Allora è bello.
Se no, non è bello e non è da ricercare. Solo da respirare. Quel che c’è, è.
E’ sintesi. Senza bisogno di cercarla, la sintesi. Esce sintesi. Esatta. Esattamente risonante.

E ogni volta intenso relax totale che mi predispone. A tutto. Al sonno e alla rigenerazione.
Mo-olto più profonda.
Animale.
E all’intesa. Sguardi che s’intendono al volo.
Che non si devono più cercare e trovare e compromettersi nella ricerca del bene mediato.
Ma va’!
Intesa e basta.
Fluire. Appartenere. Corpi di bambini che si toccano scherzosamente come davanti alla scuola e si lasciano andare.
E gli umori giovani sono quelli che contano. Che dettano il ritmo.
E’ già tutto fatto. E’ già tutto a posto.
Corriamo a casa? Ma per il gusto di correre.

 

 

Per saperne di più, leggi l’Articolo correlato: Leggerezza Profonda: 33. Tu che Arte Fai?!

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