Applicarsi a Vivere nel Corpo
Forse è da chiarire che io mi applico nel vivere il corpo e nel corpo.
Non è che ci sia predisposto.
Io sono un cliente, un paziente piuttosto impedito, come tutti, forse molto più della media, nelle emozioni e nel corpo. Anzi, senz’altro.
Non sono come il mio amico Giovanni che era dotato fin da bambino per lo stretching. E quindi ha lasciato tutto e iniziato a praticare lo Shatsu. Ma va’.
Sono come Lowen, un’unghia di Lowen, che beveva due litri d’acqua calda salata per vomitarla, ogni mattina, solo per sentire finalmente il diaframma sbloccato.
Ecco, non sono nemmeno così drastico.
Per questo il corpo mi ha cambiato la vita, e questa trasformazione mi ha affascinato. Ma a questo livello, non di meno.
Come tutti coloro che hanno intrapreso una direzione nella strada -non che io l’abbia mai compiuto, questo cammino, ma non si finisce mai di procedere- io sono partito da impedimenti gravi e ogni passo mi ha coinvolto fino alle viscere più profonde.
Non so dove sarei stato se non avessi incontrato la pratica e la terapia corporea.
Per questo ne scrivo.
Perché ho sempre lamentato l’assenza di aiuti concreti quotidiani in questo lunghissimo sentiero. Allora me li sono cercati e mi sono tenuto compagnia scrivendomeli, e poi condividendoli per aiutare gli altri ad effettuare lo stesso percorso su di sé.
Non ricordo nemmeno più chi lo diceva: si può solo aiutare gli altri ad attraversare le stanze che tu hai attraversato.
Nessuno nella nostra cultura lo è più, vicino al corpo e nel corpo.
E va via via peggio, ciascuno tenderebbe a stare sempre più lontano, sempre più separato da sé, se non fa qualcosa per sé, individualmente. Sono i nostri tempi e i flussi sociali ad andare in quella direzione. Virtuale. E non più in gruppo.
Per questo la terapia corporea, e i suoi aspetti simbolici, gli esercizi, le esperienze, che possono essere trasmessi anche online, per dire, ma sempre al corpo vanno a finire, hanno un grande futuro presso la psicoterapia. Se non c’è corpo non c’è cambiamento.
E in futuro se i terapeuti non praticheranno terapia corporea concreta e radicata a terra, la terapia non la potranno proprio più nemmeno tentare.
Pensate solo ad esempio all’incorporeità del mondo digitale. Nel quale siamo sempre più immersi.
Lo eravamo da bambini, invece, immersi nel corpo, nella fisicità e nella concretezza, per fortuna.
E bisogna ritrovarlo.
Pensate un po’: ciascuno di noi, da solo, solissimo, viene lasciato a improvvisare strade e tentativi per riprendersi da grande il senso del corpo, delle emozioni, della coppia, della genitorialità, ecc.
E’ l’unica strada per il benessere.
E non sta scritto da nessuna parte che occorre fare questo passo imprescindibile.
Eppure.
Ecco, forse il malinteso è questo. Aspettare di sentircela. O di vivere realmente nella natura o quando possiamo permetterci di stare nel corpo, sì e no forse una volta al mese. No. Ma proprio no. Occorre riprendersi dentro, nella natura dentro, l’approccio giornaliero al corpo. Soprattutto se viviamo in città e al computer.
Questo vuol dire rimettere il corpo al centro della propria vita.
La verità è seguire la strada dello stare dentro alla sensazione di sintesi e benessere e pulsazione e vibrazione ed emozione e gioia che ci fanno sentire che tutto va bene così.
Star dentro comunque, sempre a tutto.
Questa è la regola benedettina.
E un respiro profondo, quel che ci voleva.
E ci collega alle emozioni stavolta, anziché fermarsi ad essere solo un respiro.
Questo per ribadire che ogni stramaledetto passo che fai dalla superficie verso la profondità e verità e coscienza di te, corporea, emotiva, esiste e ti fa esistere di più, ed è concreto, reale, analogico per definizione, e ti porta ad un’intensità incredibile.
Quanto più sei impedito alla partenza e tanto più felice sei all’arrivo.
Come il ragazzo tetraplegico che arriva al traguardo della maratona.
Non partiamo tutti uguali.
Ma chi parte peggio ha più chance per esplodere nella gioia finale. Che poi peggio che vuol dire. E partire tutti uguali o meno che vuol dire.
Vuol dire come ti senti tu.
Se ti senti peggio degli altri e poi non più. Tutto qui.
Da meno corpo a più corpo.
Da meno coscienza a più coscienza di te.
Da meno rivoluzione a più intensità quotidiana.
Da meno male a più bene.
Da sentirti comunque te a sentirti più te.
Da dà a dó, direbbero in Puglia.
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