Ciò che neghi, ti sottomette.
Ciò che accetti, ti trasforma.
Carl Gustav Jung
Qual è la Legge dell’Accettazione?
Che cosa regge tutto il processo? Perché è il primo che occorre affrontare?
La Legge dell’Accettazione dice semplicemente ‘accade solo ciò che è naturale’. Anche se ovviamente balza agli occhi ciò che sancisce al contrario: ‘non può accadere niente d’innaturale’ (vale a dire: deciso con la testa e con l’orgoglio). Mentre noi siamo impegnati a mettere in piedi programmi infiniti e progetti e aneliti e storie che non ci porteranno giammai al benessere così come li abbiamo concepiti, quanto piuttosto al contrario, a correre come cani nel cortile della soluzione dei problemi.
Quindi la questione prima e primaria dell’accettazione è ripristinare il flusso di collegamento alla fonte di sé stessi e del proprio benessere. Senza indugi né salti improbabili. Senza più inganni e sotterfugi impossibili!
Cosa vuoi diventare?- chiediamo al cliente così angosciato di fronte a noi. Questo? Ma così stai diventando il contrario. Te ne rendi conto?
E il più delle volte no, non se rende conto.
La persona dell’università di cui sopra, all’articolo precedente, voleva sentirsi finalmente realizzata e nella gioia, e stava iniziando a 40 anni un percorso di studi che l’avrebbe fatta sentire solo angosciata sempre di più e per tutta la sua futura vita.
E solo perché da ragazza glielo avevano proibito. E allora lei pensava da 20 anni che poteva salvarla mandare tutto all’aria e ricominciare da capo e impegnare allo spasimo altri 10 anni di studio tra laurea e specializzazione. E questo l’avrebbe fatta sentire legittimata e felice. Ma è esattamente il contrario.
O fa di tutto per sentirsi legittimata e felice ora e sempre senza alcuna rivalsa col passato, oppure la laurea non la prenderà mai. Eccone un’altra di perla dell’accettazione. Che evita che i processi si incancreniscano. Talvolta letteralmente anche per i tumori. Li evita. O li risolve solo lei sul serio. Il tumore è un messaggio. Se lo accetti, ti risparmia.
Perciò l’accettazione. Il pericolo di star davvero bene. Perché poi le persone occorre che cambino d’abito alla propria vita. Abbiamo fatto tutta ‘sta baraonda, sbandierando ai quattro venti i nostri obiettivi di vita, e ora ci troviamo a dover prendere la rotta contraria? Rilassarci e lasciare che il benessere arrivi? Oggi e qui? Nella nostra piccola vita per come ce la siamo sempre rappresentata?! Ma andiamo!
Eppure.
E’ solo e soltanto così. L’accettazione è il più delle volte un processo a togliere, non ad aggiungere.
Ricordate la metafora dello scultore che vede nel marmo la figura e la libera soltanto? Ecco.
Ma che cavolo sto facendo?- si esclama nel durante. E’ proprio una rifondazione. Carica di esperienze e di esercizi. Corporei ed emotivi, meditativi e fattivi, concreti e reali.
Le persone non accettano. Non sanno cos’è. Nessuno lo dice. Si impara strada facendo. Ma è sempre un concetto fuorviato da rassegnazione e finto realismo e rinunce variamente condite.
Entusiasmarsi all’accettazione
Le persone invece arrivano ad accettare vestite in un modo e appartenenti ad un mondo, e ne escono con una identità completamente diversa, che sentono di aver sempre avuto.
Letteralmente: io non ce la faccio mai da sempre, in un caso è diventato: io ce l’ho già fatta 20 anni fa e da allora continuo a farcela ogni volta! Solo che non sapevo in che senso e in quale direzione!
Il Gioco dell’Accettazione consiste nello scoprire: dov’è la verità? Vuoi allora appassionarti all’Accettazione? Chiediti da questo momento, per ogni cosa, dov’è la verità? E segui quella verità che al momento dato è la più comprovata e probabile.
Ma non smettere mai d’indagare.
Non si finisce mai di accettare
Per questo un’altra caratteristica dell’Accettazione è che non si finisce mai di accettare. Vale a dire che diventa un’atteggiamento. Un’attitudine. Una frase che caratterizza spesso un esploratore di questo ambito magico è: credevo di aver accettato così tante cose e talmente tante volte, che ora ho capito che il bello è che non si finisce mai.
Ci si entusiasma all’accettazione.
Accetto con entusiasmo, certo, ma anche pronto a cambiare idea il giorno dopo. Perché sento la mia consapevolezza proseguire. Tutto è stupefacente, ma non vedo l’ora di scoprire qual è il prossimo strato di polvere che mi impediva di vedere questa cosa che ancora non so cos’è, di me e della vita, ma che so che gli altri vedono e mi rimandano e chissà perché non voglio o non riesco ancora ad accettare.
Abbraccia l’accettazione allora, amico mio. Perché così davvero abbracci la vita vera, quella palpitante che stai sul serio cercando, al di là di tutte le paturnie di cui soffri da sempre. Al di là vuol dire che non devo più risolvere niente, prima.
Le metafore dell’accettazione sono fortissime
E’ come elevarsi sopra le nuvole e vedere tutt’altra prospettiva.
E’ come arrivare a raggiungere un obiettivo importante e scoprire l’ennesima verità sottostante insospettata e sconvolgente e fermarsi a dire: ma la verità è un’altra! E’ questa! E mi piace ancora di più.
Non c’è mai tristezza e abbattimento e rimorso e rammarico e senso di colpa nell’accettazione? Certo che c’è, anzi ci sono questi ed altri momenti di profonda verità, ma mai e poi mai di sconforto come prima!
Perché non sono mai né negativi, né privi di un senso di progressione.
Ci fanno sempre dire:
eh, non poteva che essere così. Non è possibile che io non sia triste dopo aver scoperto queste verità e queste occasioni perse sulla mia vita. Ma ciò non vuol dire che io debba restare qui a rammaricarmi. O nel senso di colpa. Basta! E questo perché non vedo l’ora di tuffarmi nel mare che non vedevo ieri.
Questo è il valore dell’accettazione.
M. non vedeva proprio per niente quanto fosse un padre amorevole e oltremodo presente. E questo lo fa ancora oggi appassionare a godersi la vita di famiglia e di essere la guida di due splendidi bambini.
Le 2 accettazioni
Ci sono due accettazioni, diciamo in queste note. Una è la Direttissima per l’accettazione. Una sorta di Pista Nera. Ti butti, dai per scontato che sai sciare e ti godi le paure e i salti e i capitomboli eventuali come parte della giostra vitale. E l’altra invece è l’accettazione strutturata e protetta. Quella che ha da essere accompagnata. Che richiede un processo. Che non è per niente facile. Perché noi siamo da pista bianca per molti aspetti, e in alcuni casi nemmeno quello. Allora occorre avere coscienza di ogni piccolo passo, fin dalla scelta di sci e attrezzatura.
La cultura dell’accettazione
Ah, certo, è un discorso anche di cultura. Dio Santo, se lo è. Tutte le terapie indicano che è necessaria una cultura nuova dell’accettazione. Ad un bambino a cui proibiamo l’ennesimo grappolo d’uva, occorre mettersi accanto e aiutarlo a stare nella frustrazione che non si può volere tutto, e stargli vicino autenticamente e mentre piange. Viceversa, ci arrabbiamo ogni giorno con lui perché non vuole rinunciare ai suoi desideri.
Questa sarebbe l’accettazione? Vedete come ci muoviamo al contrario del benessere? Non accettando e non facendo fare i conti con la realtà. Era solo un grappolo d’uva, amore mio. Domani ne mangerai molta altra. Non fa niente. Non è successo niente. Mentre noi ci arrabbiamo sul serio. Con un piccolino di 2-3 anni e gli diciamo che siamo stufi che lui non capisca che occorre rinunciare al suo desiderio spontaneo, potente e infinito per l’uva.
Va tutto davvero moltissimo bene nella nostra vita. Ma non vogliamo avere l’attenzione a valorizzarla, questa vita. Tuttavia, per fortuna, tale è proprio la cultura che si crea nelle persone che vengono in studio a lavorare su di sé. Per questo occorre parlarne, divulgarne e scriverne, dell’accoglienza a qualsiasi istinto naturale e a qualsiasi vita il destino ci riservi. Punto.
Ogni terapia è terapia dell’accettazione
E’ talmente prioritaria che oggi ogni terapia è terapia dell’Accettazione.
Intanto -diciamo ai nostri clienti fin dalla primissima volta- inizia ad accettare. Leggi il riassunto di tutti gli articoli sull’accettazione e poi inizia da dove ti pare.
Anzi, volete fare una cosa? Iniziate ad accettare fin da prima di andare in terapia. Le note che scriviamo servono a questo.
Certo nulla è validato se non si va da un terapeuta esperto, ma almeno le riflessioni personali su di sé e le proprie dinamiche, quelle sì, dovremmo farle sempre.
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