Leggerezza Profonda: 44. Giocare al Meglio

Scusi, ma non sente la puzza delle stronzate che dice?”
Reginald Vel Johnson – Il sergente Al Powell

 

Chi non ha un collega che dovrebbe cambiare atteggiamento?

Che dovrebbe pensare a lavorare sui propri difetti anziché pensare ad invidie, critiche, ansie, maldicenze, accuse, aumenti o promozioni che proprio non merita?

O che esca dalle ridicole illusioni di essere speciale, di meritare chissà che cosa, di avere qualità che gli sono in realtà del tutto estranee?

Ne avete? Bene.

Sappiate ora che questi colleghi siete voi.

 

Perché se tutti ne abbiamo di colleghi così, voi sarete sicuramente uno di questi per qualcun altro.

Allora, che si fa? Come se ne esce?

Allora, l’unico grande modo di affrontare le nostre reali potenzialità, crescere e fare carriera meritata, è fare noi ciò che dovrebbero fare gli altri, essere noi quel cambiamento che chiediamo ai nostri vicini, lavorare per primi su noi stessi, rispetto a quei difetti che tanto imputiamo al vicino di scrivania.

Perché?

Presto detto: prendete ora invece le persone più stimate dell’ufficio. Prese? E poi di tutta l’azienda? Fatto? Infine di ogni ambiente lavorativo e sociale a cui appartenete o del vostro passato. Ci sarà un piccolo numero di persone che piace a voi e in generale a più persone, rispettate e apprezzate per le loro qualità, no? Nominatele, per favore, rendete concreto l’esercizio. Appuntatele magari a matita da qualche parte.

Ecco: queste persone non fanno altro che lavorare su di sé senza criticare mai troppo gli altri.

Non esiste infatti alcuna qualità personale e sociale più importante, degna di farci star meglio con noi stessi e gli altri, al lavoro o nelle relazioni.

E non esiste sttitudine personale che sia spontanea e non allenata, curata, sottoposta ad auto analisi e messa in discussione.

    

Il talento, da solo, non ha mai portato alcun valore aggiunto ad una vita, se non l’obbligo evidente di essere coltivato per non rappresentare uno spreco e un peccato.

 

E quanto è urgente questo lavoro su sé stessi? In generale sempre tanto, ma soprattutto lo è se non avete individuato nessuno alla domanda precedente su chi fosse degno della vostra stima.

Se non c’è nessuno che vi piace davvero, al volo e spontaneamente, allora vuol dire che avete perso l’abitudine a cogliere il miglioramento che volete dagli altri. Ma per prima cosa non vi state più chiedendo come si fa ad ottenerlo. 

E quindi è più probabile che siate voi “gli stronzi” per i vostri colleghi, più facilmente che il contrario.

Quello lì dovrebbe proprio mettersi a lavorare su quell’aspetto! Certo: ma io so come potrebbe fare? Ci ho provato in prima persona, saprei da dove cominciare? Ho esempi corrispettivi di lavori che io per primo ho fatto su di me allo stesso  modo? Magari per altri versi?

Se sì, so che non posso smettere. Mai. Se no…

 

Allora, forse è il caso di provare a “Giocare al Meglio”. Il Meglio è un gioco semplice e chiaro che si può fare ovunque e con chiunque, ideale per una pausa pranzo.

Il primo giocatore dice una cosa che qualcuno non presente dovrebbe fare per migliorarsi e fa degli esempi concreti. E poi cita suoi miglioramenti corrispettivi in quell’aspetto o in un altro. E fa esempi ed illustrazioni dei modi, delle fasi, degli sforzi fatti, magari dei corsi frequentati, degli aiuti richiesti e degli studi affrontati. E se quadra agli occhi degli altri, bene, guadagna un punto, altrimenti, ne perde uno.

Ma appena provate, vi rendete conto che non è così facile. Dire: io ho fatto tot anni di analisi è incontrovertibile. E comunque bisogna vedere come li abbiamo fatti. Un’altra è dire: io mi sono sempre sforzato di… chiunque accanto a noi ci farà notare che non è poi così concreto e provato.

Il problema è che non stiamo parlando del classico corso di inglese.

Non è così facile lavorare su sé stessi. Quindi non dovrebbe essere nemmeno così facile criticare sempre e comunque. 

Alla lunga, se continuiamo e mettete la regola: tra noi, in pausa pranzo, si gioca solo al Meglio… si eviterà la cosa più importante: giocare al Peggio. Perché assorbe energie e non serve a niente.

Avete colto l’utilità? Fa smettere di criticare a vanvera. Induce a farla finita con lo spettegolare lamentandosi dei difetti di colleghi e parenti.

Perciò, quando siete stufi di atmosfere di pausa pranzo o di serate sempre con gli stessi schemi immutabili, provate a giocare al Meglio.

E comincerete a chiedervi ogni giorno, personalmente e come piccolo gruppo di amici o colleghi: cosa ci interessa davvero? Di cosa vorrei parlare? Quale libro? Quale serie televisiva? Perché? Quale aspetto mi affascina oggi nella mia vita?

 

Eviterete così l’inveterata abitudine di giocare al Peggio.

 

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