Gli Attraversatori di Deserti

Avete mai visto attraversatori di deserti lamentarsi ai margini dell’oasi anziché bere?

Eppure, noi facciamo così.

Questa è la storia di A, B e C.

Molto apprezzati dagli altri, molto stoici, eroici, punti di riferimento reale per chiunque entri in contatto con loro.
Eppure, decisamente tormentati, insoddisfatti, sempre alle prese con problemi ricorrenti, di denaro, di realizzazione professionale, di soddisfazione affettiva.

Al termine di un incontro, torno a casa con le loro storie che risuonano nel mio mondo interiore.

 

A non riesce a guadagnare abbastanza dalla propria arte, in cui è portato oltre ogni ragionevole dubbio, e si sbatte dappertutto per la pura sopravvivenza, non riuscendo a raggiungere il posto che anela, che è lì, tra gli affermati, ma che per un destino avverso, a lui sembra precluso.

 

B rimanda e rimanda e rimanda di realizzarsi come professionista nella relazione d’aiuto, dopo aver fatto 3 (tre) scuole riconosciute per fare il salto in questa nuova professione che pure esercita continuamente: con gli amici, conoscenti, con persone che le inviano per un parere, con i fidanzati, ma non se la sente (non ancora, non ancora, non ancora…) di-farlo-e-basta-come-professione.

 

C scrive libri, tiene seminari, ovviamente studia e studia e studia. Racconta di una vita non facile, per niente facile. Non ha ancora (non ancora, non ancora, non ancora…) un amore e una famiglia, dopo aver sfiorato questo appuntamento più volte. E racconta, racconta, racconta molto. Ha attraversato situazioni difficili, affettive, di cui parla con trasporto, ma non riesce a metterle da parte e a godersi la vita, stabilmente, serenamente, costantemente.

 

Non è ancora il momento di bere per molti di noi, ci avete fatto caso?

Allora, ricordo quanto so di loro.

A ha avuto una madre che gli ha rovinato letteralmente l’esistenza, con cui non parla più.

Una madre che l’ha ostacolato per qualsiasi cosa, iniziativa, facilità, agio e passione. Quindi lui ora si è ricostruito una vita molto lontano dalla sua città natale e non pensa mai alla madre. Ed è molto soddisfatto, da anni, della scelta artistica. Ma continua a perseverare nel dover farsi strada tra enormi difficoltà, vivendo un’esistenza precaria che lo sta fiaccando. Così come la situazione familiare lo abbatteva da bambino…

 

B ha fatto tesoro dell’evitamento. Ha vissuto come un trauma la propria famiglia e la relazione tra il padre e la madre, giudicanti, insoddisfatti, incompiuti. E di doversi occupare lei di loro e non loro di lei. Un’inversione difficile, da accettare stoicamente.

Ha deciso allora di evitare “l’altro” e i problemi che le appartenenze profonde comportano. Ha così iniziato da giovane a fare qualcosa che non le piaceva davvero, per una vita, ma che le ha permesso di sopravvivere bene, senza più sentirsi ingabbiata nelle strutture: familiare, lavorativa, esistenziale.

E -libera da legacci e imposizioni- oggi si trova bene nel limbo dell’amore-non amore, lavoro-non lavoro, studio per la realizzazione-non ancora realizzazione effettiva. La sua sensazione è che lei ha sentito forte, forte, forte, il destino assegnato di un ruolo non suo, di una persona di talento che non può “realizzare per sé”, perché ha da occuparsi degli altri.

D’altra parte, si è sempre dovuta occupare dei propri famigliari e non ha mai avuto nessuno che si occupava di sé.

Oggi, questa è comunque la sua predisposizione: le interessano enormemente gli altri e come aiutarli. E di fatto non fa altro che aiutarli. Ma-da-una-posizione-in-cui-non-può-farlo-davvero.

 

 

C lo dice così, ad un tratto: non ha mai avuto una parola di conforto da suo padre. E nemmeno di riconoscimento.

C’è sempre una battuta che buttiamo lì e che rivela chi siamo. Ci avete fatto caso?

Dico a C che ha reagito con orgoglio a suo padre. E che ne è fiero.

Solo che non ha più smesso. E ha fatto dell’orgoglio la sua cifra tematica. Oggi si trova a reagire con orgoglio in ogni situazione che la vita gli ri-presenta. E ciò lo fa ritrovare sempre alle prese con difficoltà purtroppo crescenti… Ha un ego molto sviluppato, ma i suoi bisogni, emozioni e carenze sono in secondo piano, sempre, senza potersele permettere, senza poterle nemmeno esprimere, pena la sensazione di sentirsi sconfitto.

 

Manca sempre poco per vivere totalmente bene, non è così?

 

A non potrà mai vivere la vita appieno senza riconoscere quanto gli è mancata la madre. E’ possibile, gli chiedo, che tu possa vedere la relazione tra le difficoltà che tua madre ti ha creato e i continui impedimenti che patisci oggi nel vivere?

E soprattutto le reazioni orgogliose e chiuse, rigidissime, senza concessioni, che avevi allora e che continui ad avere oggi?

E puoi finalmente esprimere oggi il pianto e il dolore atroce delle notti insonni da bambino a sentirti frustrato, alla forza eccezionale che hai dovuto tirare fuori per partire da casa tua e non poterci più tornare?

Aver dovuto essere così forte, di fronte a resistenze così eccezionali, ti ha costretto a poter solo andare lontano, ma ora lontano oggi equivale a lontano da te, dalla tua propria serenità. E fino a quando non la vedrai così e sentirai così nella verità di questa esistenza eroica e stoica, non potrai rasserenarti, piangere tutte le lacrime di quanto ti è mancato il calore di una madre e finalmente lasciar andare, lasciar andare, lasciar andare. E vivere pienamente il calore della propria arte affermata. E accettare che arrivino i risultati che meriti.

 

B preferisce accontentarsi. Tutte le volte che ha chiesto di più, “l’altro” gli ha fatto un sacco di storie, creato problemi, richiesto sacrifici di sé; l’ha costretta al limite, alla cosa piccola, a non aspettarsi niente.

L’altro oggi è la vita, gli affetti, il lavoro: solo cose piccole, chiare, piccole soddisfazioni, finite lì. Punto. E sarà sempre così. E’ così.

Lo dice spesso, per tenersi compagnia: l’importante per me è vivere bene. Poco, ma bene.

Ma solo se accetterà… fino all’ultima goccia …che lei si è scelta gli spazi piccolissimi proprio per accontentare chi aveva bisogno che fosse relegata…

…sentirà finalmente che farsi-roccia-che-non-chiede può non essere più oggi, perché è stato tanto tempo fa.

Quindi B cosa deve fare?

Accettare che si è fatta roccia per non chiedere, perché chiedere era andare incontro a rifiuto.

E accettare di aprirsi -e fidarsi e provare piacere- nonostante una parte di sé crederà di avere davanti sempre quel qualcuno o quell’attività che non avrà intenzione di concedere niente…

…e –contemporaneamente- accettare di sentirsi di nuovo annientata dalle relazioni troppo strette. Sentendo che ci può respirare dentro perché -oltre a questa sensazione di troppa vicinanza- nella relazione c’è molto di più. Quindi non fuggire. E vivere completamente la morte che questo ha rappresentato per lei, prima di rinascere, risorgere, rifiorire, consapevolmente.

Ciò che sembra oggi, non è oggi, ciò che ingombra oggi, non è grande, ciò che l’attanaglia oggi, non è vero. E’ Matrix.

Come potrà sentirsela, allora, di fare questo lavoro di aiuto se non decidendolo e sapendo in che tipo di difficoltà si cimenta, in realtà, dentro di sé? Come sarà possibile che arriverà quel che lei dice: lo farò quando sentirò che è arrivato il momento? Se è una vita che se lo ripete proprio per fuggire il momento, perché i genitori dentro di sé non sono mai stati d’accordo a che lei si realizzasse davvero?

 

C può sentire che la sua ricerca è presente e chiara a tutti tranne che a sé.
Non scrive libri per il suo scopo primario che ancora non conosce, ma scrive libri per cercare.
Non tiene conferenze su un tema che gli sta a cuore, tiene conferenze per resistere nella ricerca fine a se stessa.
Non insegna solo per la passione per ciò che gli preme, ma sempre per cercare, cercare, cercare.
E tutto ciò che può fare invece è accettare che questa ricerca è come quella di un giocattolo a molla, caricato decenni fa, che continua a girare per trovare nemmeno lui sa più cosa. Darsi da fare comunque per qualcosa che non può più ottenere: il riconoscimento da parte del padre, che non otterrà mai.
Perché il padre non c’è più e a lui non interessa più.

 

Beviamo nell’oasi, amici miei, beviamo a piene mani, fino ad ubriacarci.

Il deserto è finito.

 

Scopri di più su questi temi, partecipando a: 4 Serate per una Piccola Felicità

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