Ieri sera la nostra bambina di poco più di 1 anno ha imparato con gioia irrefrenabile a girare su se stessa per procurarsi l’intensità e le vertigini mentre è ancora insicura sulle gambe. Eppure ha già scoperto il piacere nel lasciarsi andare a queste sensazioni così coinvolte. E l’entusiasmo è stato totale, sconvolgente, contagioso. Non stava più nella pelle.
Lo sconvolgimento è stato anche il mio nel vederla, poi spiegherò come e perché, poiché allo stesso modo, il mio girare su me stesso mi ha fatto da anni scoprire una profonda verità che qui cerco di spiegare.
Il prologo è che una bella mattina si arriva in terapia ad affrontare uno scoglio che ci impedisce da troppo tempo di provare la gioia di questo coinvolgimento.
A volte è un muro di roccia, ma noi lo affrontiamo lo stesso. Lo abbiamo prima temuto e guardato da tutte le proiezioni, poi confrontato interiormente e infine, finalmente, dopo un timido o diffuso travaglio, deciso e comunicato a se stessi e agli altri, e, speriamo, risolto dentro. Ora, quindi, questa benedetta mattina, si arriva nello studio del terapeuta pronti a risolverlo.
E’ un’altra delle fasi cruciali della terapia che si presenta sempre nel cammino. Quindi sappiatelo. Dopo averci girato intorno per un tot, e dopo aver studiato insieme al terapeuta per tutto il tempo necessario, accade che ce la sentiamo di tornare a far girare la nostra vita.
Fosse anche solo di cambiare il senso del giro.
E lo si fa invariabilmente passando da tre modi, tre livelli, tre filosofie di vita.
Allora, a quel punto, la semplice esperienza dei tre livelli mette in evidenza verità assolute.
Accade ovviamente perché siamo già predisposti. Cioè a dire che parte del cammino precedente è stata effettuata per far avvertire quella che consideriamo una vera e propria svolta.
E’ la strada della progressione che ci conduce ad un appuntamento, in qualsiasi forma accada.
E se pratichi esperienze evolutive o ri-evolutive, come dice uno dei miei più cari maestri bioenergetici, allora è facile che questo incontro-riscontro avvenga in una sessione qualunque, quando meno te lo aspetti, che la fa diventare “quella” che ci fa apprendere un punto topico e di svolta su di noi.
Per me è stato il whirling, cioè proprio il girare su se stessi che ho visto nella mia bambina felice.
E non è altro che il primo dei 5 tibetani, il quale, dopo stagioni passate a risvegliarmi all’ombra dell’Himalaya -si fa per dire- una banale mattina di maggio mi ha rivelato che esistevano proprio 3 modi per passare attraverso quell’esperienza, che io avevo attraversato, 3 vere e proprie filosofie di approccio, le quali sono diventate portanti del mio cambiamento interiore e quindi esteriore e di rinascita.
E’ accaduto anni fa, ma accade tutti i giorni se capite ciò che voglio dire. Da allora lo faccio provare in questa veste e porto le persone a scoprire dentro di sé questi tre modi veri e propri di vivere e di affrontare l’esistenza.
L’esercizio si presta bene perché presuppone il girare su se stessi e la possibile perdita di controllo e di equilibrio. Figuratevi quindi ieri sera com’ero felice, quando ho visto proprio davanti a me materializzarsi nella mia bambina questa scoperta dell’intensità girando su se stessi. E mi ha colpito ancora di più perché stavo scrivendo già da settimane queste note su sensazioni e lezioni della vita che elaboro da anni. E’ incredibile come la realtà dispieghi le proprie carte a chi si mette in cammino.
Che cos’è il Whirling
Il whirling è uno dei 5 tibetani, è il primo della successione dei cinque. Il Primo Tibetano conduce all‘accensione del vortice di tutti i Chakra. Ciò incrementa il flusso energetico attraverso la circolazione dei flussi vitali nell’allineamento dei chakra. Oltre all’energia, sviluppa il movimento di tutti i fluidi corporei, fino al midollo cerebro-spinale, attivazione che determina la pulizia mentale e previene le emicranie.
Quindi dal punto di vista della fisica e della fisiologia, il corpo ne trae immediato giovamento come da una medicina.
Ma dal punto di vista emotivo e di filosofia di vita, l’apprendimento è molto più ricco.
Come si effettua il whirling
1. In piedi, le gambe si predispongono lentamente a girare su se stesse. Le braccia si posizionano aperte all’altezza delle spalle, il palmo sinistro in su e il palmo destro in giù.
2. Ad occhi aperti, si inizia a girare da sinistra verso destra, con il piede destro che fa perno e il sinistro che muove l’azione.
3. Al termine delle rotazioni, si rimane con lo sguardo sui pollici delle mani giunte a preghiera di fronte a noi. Questo aiuterà a ritrovare l’equilibrio.
4. Le ripetizioni dopo la fase iniziale di alcuni giorni, dovrebbero arrivare ad essere 7, 14 o 21. Ma si può continuare ad libitum, come vedremo nel terzo livello.
La storia del whirling
La versione più accreditata fa risalire al 1200 la pratica meditativa del girare su di sé per raggiungere una trance estatica che poi ha sviluppato diverse variazioni ed elaborazioni nelle pratiche corporee emotive e religiose, comprese le più recenti, prettamente legate al benessere, come la chakra heart meditation di Osho. Ė famosa la pratica Sufi dei dervisci rotanti.
Vivere l’esperienza del whirling
Abbiamo preso il whirling come pratica più opportuna per comprendere i 3 livelli dell’esistenza poiché fin dall’inizio è chiaro l’alternarsi dei 3 stati.
Stati di attivazione che ci sono sempre, in qualsiasi nostra esperienza.
Cominciare a girare infatti è ovviamente cauto e legato al Fare. Ci hanno consigliato di farlo, ne abbiamo letto i benefici, ci accingiamo a farlo, ma la partecipazione corporea ed emotiva è ovviamente relativa.
In seguito, dopo alcuni giorni, o settimane, prendiamo sicurezza, iniziamo a partecipare maggiormente all’esperienza, che diventa più coinvolgente e si basa dunque sul Sentire. Cosa proviamo nell’entrare di più nel senso dell’attività?
Qui possiamo continuare sempre allo stesso modo che ci produce attivazione e benessere e quindi restare a lungo tra il Fare e il Sentire, alternandoli. Oppure continuare ad approfondire e/o accelerare il movimento, fino a che accada qualcosa di emotivo/meditativo/trasformativo. Se proseguiamo su questa strada si realizza la dimensione dell’Essere, cioè una sintesi, un guizzo, un’intuizione su una posizione di vita in cui tutto si allinea e ci percepiamo al centro del nostro vero sé.
I 3 Livelli d’Esistenza
- Fare. La prima versione dell’esercizio prevede che noi facciamo qualcosa solo perché SAPPIAMO che ci farà bene. Come una pillola. Lo facciamo perché ce l’ha detto il medico. Quindi iniziamo a girare lentamente, stando nel compito e cercando di FARE bene. E poi al termine, ma forse è meglio dire alla lunga, nel tempo, verificarne gli effetti positivi.
- Sentire. Nella seconda fase entriamo proprio in un’altra modalità: alziamo la posta, affrontiamo tutto, ci buttiamo molto più dentro all’esperienza, a capofitto, mutiamo del tutto l’atteggiamento, ma non raccogliamo ancora solo ciò che desideriamo. Raccogliamo tutto quel che c’è. E non sempre è piacevole. E’ qui una questione di decidersi a sentire quel che facciamo e le conseguenze del caso, ma non ancora di viverlo appieno. O perlomeno non fino in fondo. Ci diciamo e decidiamo di guardare in faccia ogni cosa, con un coinvolgimento diverso, aumentando l’impegno, indirizzando l’intenzione, certi che produrrà risultati e soprattutto finalmente decisi e determinati a cambiare qualcosa in noi e nelle nostre modalità di agire. E’ decisamente una metafora di una nuova profondità. Pertanto, iniziamo a girare con enfasi e maggiore velocità, e accettando ed entrando in qualsiasi sensazione, bella o brutta, di agio e disagio. E ci portiamo così a casa tutto. Senz’altro una trasformazione, ma anche elementi da tempo sepolti che riemergono in forma non chiara, metafore che si esprimono in veste di nausee, paure, crampi e agitazioni.
- Essere. Continuando così, ad un certo istante, tutto inizia a quadrare e compare il piacere, la scoperta, la voglia, l’entusiasmo e il coinvolgimento finale. Si scopre allora di muoversi già nel terzo livello, il quale si compone del senso della nostra esistenza. Poiché laddove il secondo livello è aperto e coinvolto, ma complesso e variegato, nel terzo -ma solo se mi sono mantenuto appunto disponibile e coinvolto nei due precedenti, Fare e Sentire- tutto torna a quadrare attorno a un’ispirazione, a un anelito facile e semplice, compiuto e intenso e in grado di pulire il gesto, ogni gesto. Così, il movimento del terzo livello appare semplicemente ispirato, come in un alito di vento improvviso, che ci coinvolga e ci ispiri e renda tutto finalmente chiaro e intenso come aspiriamo da sempre a vivere.
Il valore assoluto dei tre livelli d’esistenza lo sentiamo quando capiamo che non può esistere un livello senza un altro. Sono imprescindibili. E ogni livello li racchiude sempre tutti e tre. Eppure, ad ogni passo di danza della vita, c’è uno dei tre che è più appropriato. E’ questo il motivo per cui conoscere che esistono i livelli spiana la strada ai corrispondenti gradi di soddisfazione.
Anche perché in terapia non si parla d’altro, per certi versi, come vedremo tra poco.
Non esiste un Fare elementare da un lato e una distinta complessità dell’Essere, dall’altro. Sono dimensioni della vita che ci guidano e ci indirizzano e quindi pari sono. Guardiamoli in dettaglio, i livelli. Sono manifestazioni della nostra essenza. Presuppongono 3 abilità, 3 stati dell’io, 3 accensioni diverse.
Fare > Controllo/Padronanza
Sentire > Coinvolgimento/Profondità
Essere > Intensità/Realizzazione
Non è vivere al terzo livello il punto reale, pur essendo l’ambizione ovvia della nostra realizzazione su questa terra, ma è tenere sempre presente i tre livelli e cercare ciascuno di essi come punto di riferimento, che faccia la differenza. Poiché spesso occorre saper stare e vivere il Fare per continuare ad Essere, se iniziate a capire la consecutio e la constructio della nostra esperienza.
A quale livello decidi di vivere?– è la domanda allora che poniamo in terapia. Ma sapendo che sempre, invariabilmente, al terzo contribuiscono i primi due. Fare e Sentire quindi, in questa accezione, sono già Essere. E so che sono punti di forza, strutture del cammino, punti tappa e sosta e privilegio e sostegno all’arrivo al mio personalissimo Essere.
Nel senso che l’Essere si accomoda, si sistema, si inserisce in un humus già creato. E solo a quel punto si esprime.
Si prenda l’esempio dello scegliere la nostra casa definitiva. Ho esercitato molto il mio Fare e Sentire per poter sapere in anticipo cosa volere. E quando al termine ‘so’ e faccio il passo di entrare nella mia nuova casa, realizzo un pezzo fondamentale del mio modo di Essere.
Ora, pensate al contrario. Quando non riuscite a decidere né dove né quale casa scegliere. Non sentite i riferimenti giusti. Vi muovete un po’ a spanne, purchessia. E siete contenti, certo, al termine, di aver scelto quella casa, ma più che altro perché ve lo siete imposto ed è finita una ricerca estenuante e inizia anche una sottile ansia per il mutuo, le spese e il come andrà in generale. Se così vi sentite, è perché non sapete ancora cosa Fare con la Casa, quale piacere Sentire nella vostra vita, e che cosa È questa esistenza che state costruendo. Quindi a volte rimandate questo passo “fino a che forse, un giorno, saprò meglio che cosa pensare”.
Perché l’esperienza dei 3 livelli orienta tutta la nostra azione.
Si pensi a quando sentiamo forte il bisogno di ritrovare la nostra energia, l’entusiasmo e a riprendere la bussola su di noi e la nostra vita, che è il pane della terapia.
Una metafora come i tre livelli, e una pratica come il whirling, mantengono determinati standard di benessere che ri-orientano la nostra esistenza appunto. E la strutturano. Fornendoci i punti cardinali.
Altri esempi:
Chi sta bene E’. Chi sta meno bene Fa. Chi Sente dispone. Non è un giudizio, ma un percorso, un esame di noi stessi e una fotografia.
Sono tuttavia, attenzione, 3 nobilissimi snodi dell’esistenza. Che si sommano, si integrano e sono filo-logicamente interconnessi. Vediamoli in dettaglio.
Leggi l’approfondimento: Aprire le Vele alla Profondità- Differenze tra Secondo e Terzo Livello.
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