Voler giocare contro sé stesso,
costituisce negli scacchi un paradosso,
come voler saltare sopra la propria ombra.
Stefan Zweig
E’ un po’ come la storia dei due asini che s’incontrano sul ponte
e uno di loro non porta nulla sul dorso,
mentre l’altro fatica sotto un grosso basto di pacchi e bagagli.
Il primo asino dice: “Caspita! Porti un bel carico!”.
E l’altro risponde: “Ma di che carico vai parlando?”.
Ci si abitua.
Stephen King, da un’intervista al Corriere della Sera, 1 Maggio 2020.
Le Sessioni di Esercizi Bioenergetici non sono altro che una serie di azioni che vanno in direzione contraria a ciò che facciamo normalmente.
Una situazione ci opprime? Per esempio una condizione di lavoro (o di non lavoro)? Un senso di costrizione ci invade ormai da troppo tempo? Vorremmo scappare, andare via? Mai come in questo periodo!
Di solito, non lo possiamo fare, almeno nella stragrande maggioranza di casi.
Quindi irrigidiamo, stereotipiamo, polarizziamo la nostra vita in due modi esistenziali:
a) Sopportazione della situazione, aspettando che arrivi sera e finisca;
b) Fuga, appena possiamo, nella fantasia prima -e nei nostri spazi, poi.
Il problema tuttavia, si sviluppa, stagione dopo stagione, nel momento in cui la sopportazione sclerotizza muscoli, tendini e comportamenti. E noi non ci accorgiamo nemmeno che non riusciamo più a rilassarci davvero, né a fuggire in modo sano, ma sempre più sterile e fine a se stesso. Non c’è più evoluzione, insomma.
Allora, negli esercizi di carica e scarica, ci mettiamo in una posizione bioenergetica. E’ scomoda, ci pone a contatto con una difficoltà, allo stesso modo della situazione di lavoro o di costrizione generale appena ricordata.
Sentiamo chiaramente, corporalmente, che vogliamo risalire, uscire dalla posizione. E sentiamo bene -questa volta nel corpo e nelle emozioni- quanto è difficile per noi stare nell’esercizio. E percepiamo ancora di più la voglia di fuggire.
Ora, se non fuggiamo, se non usciamo dall’esercizio, si verifica un fenomeno paradossale, appunto:
si apre una terza possibilità: la verità.
Vale a dire che questa non è una posizione così scomoda.
Piano piano ci possiamo:
- respirare dentro
- rilassare i muscoli non necessari per quella postura
- sciogliere alcune tensioni croniche
E così facendo, scopriamo qualcosa di fondamentale per il nostro benessere: quella situazione di lavoro (o personale) ci ha resi bloccati nel corpo e nello spirito. E quindi, sia a livello mentale che fisico, ormai non vediamo che contrapposizioni continue tra due parti:
Sacrificio e Sollievo.
Mentre esiste una 3^ Posizione di vita:
Rigenerazione
Va tutto bene, posso respirare profondamente, pienamente, far fluire tutto il respiro, l’energia, e sentirmi finalmente rigenerato, pieno, di nuovo vitale.
Sono proprio 3 STILI di Vita che pian piano imparo a distinguere.
E lo posso fare, cioè stare sempre nella Rigenerazione…
…GRAZIE a situazioni che mi mettano alla prova e NON “nonostante” le difficoltà.
Ciò mi provoca un’improvvisa iniezione di fiducia e vitalità.
Posso affrontare tutto mantenendomi aperto e sapendo che, così, tutto mi rigenera
Dice il Padre dei bioenergetici:
Bisogna dire qui che non esiste tensione nervosa che non sia in relazione con spasticità o contrazioni muscolari croniche. Molte persone si rendono conto di essere tese in generale. Chiamano il fenomeno tensione nervosa perché non sono in contatto con lo stato di tensione muscolare presente nel corpo. Non percepiscono la costrizione che si può formare alla gola, la tensione nella parte posteriore del collo e nel cingolo scapolare, la spasticità del diaframma, i nodi presenti nei muscoli delle gambe. Mancando queste percezioni, non possono allentare le tensioni muscolari e sono costretti a far riscorso a pillole per ridurre il loro nervosismo. È molto meglio, anche se meno facile, lavorare direttamente sulla tensione muscolare, per indurre uno stato di rilassamento.
Alexander e Leslie lowen, Espansione e Integrazione del Corpo in Bioenergetica, pag. 54.
Altri paradossi: spesso, negli esercizi, NON ci mettiamo tutto noi stessi, ci risparmiamo, proprio come possiamo risparmiarci nelle costrizioni, per tirare a campare, se persiste un’atmosfera stressante.
Allora, il paradosso, in questo caso, è ancora aprirsi con tutto il nostro essere agli esercizi, senza più freno a mano.
Per esempio: spingere nel pavimento con un piede in una posizione in cui l’arto sente in un primo tempo dolore, ci fa affrontare un altro paradosso: come posso far forza nonostante il dolore? Se io vado al di là di questa domanda, il corpo risolve da sé questo ennesimo paradosso.
Se infatti continuiamo a spingere nonostante il dolore:
- la pena diminuisce
- il sangue fluisce di più
- e con esso la fluidità e l’energia.
E non solo l’esercizio non è più penoso ma, al termine, ci sentiamo rigenerati, come se quella parte del corpo si fosse in qualche modo sanata, risolta (!), insieme allo scioglimento della tensione.
Tutta quella zona che “ha lavorato”, è molto più viva ed energica, non più stanca.
Nell’attività bioenergetica vi sono altre due norme. Non trattenete il respiro. Lasciate che la respirazione si sviluppi spontaneamente. Se da un lato non vogliamo che forziate il respiro, vogliamo però che vi rendiate conto di quando non state respirando. Se vi rendete conto che state trattenendo il respiro, emettete un sospiro. L’altra norma è di emettere un suono. Fatevi udire. Se emettete un sospiro, fate che sia udibile. In molti si sono formati dei problemi perché da bambini venivano severamente ammoniti a starsene quieti. Tale negazione del diritto di far uso della propria voce, può averli indotti a credere di non avere voce in capitolo in ciò che li riguarda personalmente. (…).
Ripetendo questi esercizi, lasciate pure uscire gemiti o lamenti ogni qualvolta sentite che gli esercizi vi sottopongono ad uno sforzo e sono dolorosi. Scoprirete che emettendo un suono si diminuisce tanto la tensione quanto il dolore.
Alexander e Leslie Lowen, Idem, pag. 34.
E scopriamo anche noi, così, che ogni dolore corporeo che sentiamo durante gli esercizi, si produce perché andiamo a stuzzicare le tensioni momentanee o croniche che siano legate ad emozioni, paure e rabbie, tristezze rimosse; le staniamo e le mettiamo alla prova, fino a quando non ci sia la risoluzione del Paradosso:
Le 4 Fasi Della Risoluzione del Paradosso
1) Qualcosa dentro di noi molla, smette di resistere, emotivamente e fisicamente
2) Una battaglia tra parti di noi finisce
3) Una tensione si allenta e infine lascia andare
4) E si sviluppa una pace interiore e un’accettazione: va tutto bene, possiamo starci e sentirci vivi, pulsanti, che è la sensazione che ci portiamo a casa dopo una sessione.
Ho scoperto il paradosso -dice Madre Teresa di Calcutta- che se io amo fino a che fa male, allora non c’è dolore, ma solo più amore.
Beninteso, non sempre c’è dolore, ma immediato piacere e scioglimento. Dipende dal livello di tensione corporea che stiamo vivendo in questo periodo e da come ci apriamo ad esso.
Di solito, l’aspetto stupefacente è che le tensioni, per ciascuno di noi, sono tipiche di alcune zone del corpo, quindi ricorrenti: le gambe, il petto, le spalle, il diaframma, il bacino, il collo.
Ciò si verifica poiché il nostro modo di accumulare stress è indirizzato dall’atteggiamento caratteriale. A prescindere dal fatto che io abbia un problema professionale o affettivo, o una mia personale indecisione e così via, gestisco il mio stress accumulando tensione sempre nelle stesse forme e nelle stesse zone del corpo.
Il processo di mettersi in contatto con il corpo non è mai finito. Mentre si continuano a fare questi esercizi, si ottiene un contatto sempre più profondo con il proprio corpo, si sentono molte parti del corpo in maniera differente, si sviluppano nuovi tipi di atteggiamento e di movimento. La padronanza e l’espressione di sé aumentano progressivamente.
Alexander e Leslie Lowen, Idem, pag. 56.
Dare tutto se stessi, pertanto, non risparmiarsi più, è una delle chiavi per il “rimbalzo” notevole di energia che si presenta come un’altra scoperta:
- più mi apro fisicamente ed emotivamente
- più vado in profondità e senza risparmiarmi
- e più al termine mi ritorna energia, pienezza, apertura, comunicazione, accettazione, pace.
Noi siamo fiammelle e possiamo accenderne milioni di altre senza consumarci, bensì ogni volta più vivide.
E di settimana in settimana, di esercizio in esercizio, imparo un’altra verità notevole: posso staccare, sbloccare sul nascere lo schema dello stress.
Interrompere lo Schema dello Stress
a) non “nonostante” bensì “grazie al…!” periodo stressante
b) io posso (unica possibilità che ho) staccare completamente il filo tormentoso dei pensieri
c) aprirmi alle difficoltà e viverle come stimoli vitali fondamentali
d) evitare così di chiudermi, di andare in riserva, di perdere continuità.
Poiché se mi chiudo, e mi trascino, proprio questa situazione di stress contingente diventa cronica e io mi impoverisco fisicamente e psicologicamente.
Essere in contatto non è uno stato di perfezione ma di vitalità. Per quanto si possa lavorare sul proprio corpo vi saranno sempre delle tensioni che resistono. Ciò non deve scoraggiare dall’eseguire gli esercizi. Vuol semplicemente dire che bisogna farli regolarmente, se si vuole restare in contatto con il proprio corpo.(…).
Aggiungete a questo le enormi pressioni sociali e competitive della nostra cultura, e diventerà chiarissimo che, se non contrasteremo tali forze con un programma positivo di attività corporee, non potremo sperare di mantenere la sensibilità per la vita del corpo che è essenziale ai fini di una salute vibrante.
Alexander e Leslie Lowen, Idem, pag. 57.
Al contrario, oggi, proprio oggi, può essere il giorno più bello della mia vita e non sarà una piccola o grande difficoltà a farmi chiudere al mondo.
In conclusione, il paradosso è la via del corpo e, viceversa, il corpo è la via del paradosso, che tutto sana, perché svela la verità: per guadagnarci la libertà di vivere bene, possiamo solo sottostare alle verità delle leggi della natura.
Lo dice come sempre molto bene Oscar Wilde, che è stato uno dei cultori più brillanti del paradosso:
Essere completamente liberi e, allo stesso tempo, completamente dominati dalla legge (della natura, nda) è l’eterno paradosso della vita umana.
E ancora:
La via del paradosso è la via della verità. Per mettere a prova la realtà occorre vederla camminare sulla corda tesa. Solo quando le verità si fanno acrobati possiamo giudicarne il valore.
Tanto più che –se mi blocco- l’esperienza ci dice che proprio quel problema non si risolverà.
E allora capisco: è molto più importante per me non barricarmi, perché solo così TUTTO si risolve e anzi: a lungo andare cessa proprio sul nascere, di diventare un problema insormontabile.
Riepilogo. Leggi i punti correlati:
Torna a Emozione Corporea e Pratica Bioenergetica: Riepilogo
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una postilla. attenti a non sforzarvi troppo, perché se lo sforzo è eccessivo poi non si percepisce più. come insegna il buon Marchino: “lentamente, dolcemente, profondamente”. è un’arte, non body building.
un’altra postilla, stavolta a proposito del paradosso. come dice il Buddha: “muori di caldo? buttati dentro una fornace”. e poi dicono che sono i cognitivo-comportamentisti che invitano a uscire dalla confort zone… vabbè, buon piegamento a tutti