Non bisogna lasciare che la fatica entri nel cuore.
Può darsi che la fatica controlli il tuo corpo,
ma fai del tuo cuore una cosa tua.
Haruki Murakami
Federica ha un’ossessione, non ha mai tempo.
Eppure –le faccio notare- non spinge subito nell’esercizio di prendere per le spalle il terapeuta e avanzare con tutto se stessa.
E’ vero, commenta lei. Ma sono stanca e sento che è l’ennesima volta che mi metto alla prova. Non ce la faccio più.
Ok le dico: quindi ci fermiamo.
No.
Ok.
La fatica è il secondo problema, giusto? Tempo e Fatica.
Lei annuisce.
Ok, se sentiamo fatica, fermiamoci.
No, continuiamo. Sospira.
Va bene. Allora le dico di provare a spingere con più determinazione per “vincere contro”. Come ha sempre fatto con i suoi genitori.
Lo fa con evidente sforzo.
Come stai?
Alla fine sai cosa sento? Che sia da vincitrice che da perdente la sensazione è la stessa: pena, fatica, immobilismo, conflitto e nessun piacere. E’ come se io mettessi in scena la lotta con i miei genitori distratti…. da sempre quella sfida si agita dentro di me.
Credo di non aver vissuto altro che questo… E ormai mi sento incapace di cambiare.
Del resto, dopo le molestie, sento una delusione e una rabbia incredibili anche per mia madre prima e per la mia matrigna: non solo non mi hanno protetta, ma mi hanno anche accusata, quando ho raccontato delle molestie. Per loro era colpa mia. Assurdo.
Piange.
Ancora oggi non ci posso credere. Anche adesso: resto ferma, bloccata, e invece di spingere, non riesco a non pensare a questo: che sento la critica, il giudizio, il fatto che tutto è colpa mia e che tu mi giudicherai per come ti spingo, per come mi comporto in terapia. Mi sento osservata e giudicata, sempre.
Allora non credo che arriverà mai la legittimazione, il permesso che io ancora aspetto.
E’ vero –rispondo io- questo, da loro, non arriverà mai. Non cambierà mai. Tristemente. Ma è così.
Silenzio.
Quindi? Che cosa si può fare? Vuoi che ci fermiamo?
Fa cenno deciso di no con il capo.
Vuoi riprovare a spingere, questa volta per te e non per vincere contro di me? Punta un oggetto della stanza, per esempio la lampada lì in fondo e vai verso quella luce con tutto te stessa. Non più contro di me, ma a favore di te. Ognuno di noi due è solo un ostacolo per l’altro, ma non ci interessa vincere ed essere più forte. Ci preme solo raggiungere il nostro obiettivo. Io farò lo stesso nell’altra direzione.
Lei inizia piano, come oscillando tra due poli, ma poi prende a spingere.
Come va?
Un po’ meglio, sorride. Ho sentito qualcosa di diverso, come una facilità diversa. Se spingo per me, per un obiettivo, è come se pulissi qualcosa. E poi, interagisco di più, mi sento meno giudicata, più appassionata. Mi godo il contatto e mi diverto anche un po’. Sento che togliamo la sfida. Entriamo nella lotta. Liberatoria.
Vuoi riprovare?
Riprova. Molto più attivata, quasi radiosa.
Allora?
Beh, è un’altra vita! Che stupida! Posso cercare di non stare nel nulla, a pensare! E trovare ogni momento per poter essere soddisfatta il più possibile! Solo un po’ di più, imparare a godermela.
Come dici tu, posso portare cento piccoli cambiamenti fuori dallo studio, nella vita reale, e una grande diversità d’immagine interiore dentro di me.
Adesso riprova di nuovo. Ricorda che io non sono più in conflitto con te, ma vado per la mia strada come tu per la tua. Ciascuno di noi spinge per il proprio obiettivo, com’è giusto che sia. Lotta per uno stato d’animo che desideri con tutto te stessa in questo periodo e che ti faccia stare bene: la lotta ci libera, la sfida ci blocca.
Al termine lei ride di gusto: ci ho messo il doppio della spinta, senza alcuno sforzo e mi sono divertita!
E ci abbiamo messo la metà del tempo per compiere tutta la strada!
E non solo, ci siamo divertiti di più. Abbiamo riso e siamo entrati in contatto molto più intensamente.
Il principio è proprio questo: il doppio dell’intensità, la metà del tempo, nessuna fatica. E i risultati sono esponenziali.
Il suo viso ora è rigenerato, luminoso, vibrante.
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