Qualsiasi cosa facciamo nella vita è un mezzo.
Se sappiamo fare qualcosa, un mestiere, e lo facciamo bene, è solo perché lo intendiamo come un mezzo. Allora ci viene bene perché non è così importante e serve saperlo fare soltanto per raggiungere un fine. Il Fine.
E’ un semplice gesto.
Con cui scagliamo la palla nell’universo.
E’ sempre orientato dal fine anche se inconosciuto. Il resto non è affar nostro.
Se quel gesto ha una sua vita autonoma, una sua pulizia, allora si distingue per questo.
Incontra davvero gli altri gesti degli altri, fuori dalle nostre volontà ed egoismi.
Non è curiosa questa innegabile verità? Si distingue solo ciò che non è importante.
Altrimenti è confuso e infuso di boh. E allora fa puf, e si spegne.
E noi siamo tristi come è triste la nostra vita.
Il fine al quale tutto tende nella nostra esistenza, è invece sempre ulteriore. ‘Quel’ fine ulteriore. E trascende la nostra banale vita di oggi. E la illumina attraverso quel che facciamo.
Le persone che vediamo accese, hanno sempre scoperto questa luce dentro di sé, non è mai data a prescindere.
Si scopre sempre prima la luce e poi, forse, il fine ulteriore.
Ci si connette alla sua energia, luminosa. La si intuisce e si segue.
E poi lei, la luce, si disvela a noi, se le aggrada e se ce la stiamo meritando.
E si manifesta come scopo.
Necessita, sempre, un cammino… per realizzare di stare seguendo, sempre, un proprio fine primario.
Oh, quanto l’urgenza di questo cammino dovrebbe essere bevuta col latte e insegnata con l’allacciarci i bottoni.
Quando lo scopriamo, finalmente tutto vibra. Si definisce. Si svela. La bussola trova il suo azimut, le stelle si ordinano e le priorità si aggiustano. Tutto si riorganizza in modo esatto, naturale.
Per questo la vita del grande artista è banale. Sempre la sua piccola corsa quotidiana, i suoi riti giornalieri, i suoi detestabili sigari cubani, prima di mettersi a discutere con il suo capolavoro. Magari in due stanze, forse con tre figli. Ma del risultato di ciò che fa non è consapevole né interessato. Lo definiranno gli altri. Lui opera per un altro scopo, lancia la palla, per arrivare molto più in alto. La sua penna descrive la condizione umana, il suo pennello il segreto della luce, la sua danza indovina la poesia del corpo. Ma nel giorno dopo giorno, nelle albe migliori, lui sa solo che si esprime e si coinvolge e si basta. E nel complesso si appassiona pure. Ma sì, alla fine si appassiona e si basta.
La bellezza del cosmo è che questo balletto riguarda proprio tutti, impegnati in chissà che. Sui binari e sugli aerei. Tutti. Ai semafori o sui traghetti. Tutti.
L’esistenza non fa mica differenza tra il capolavorista e il capoturnista. Tutto è banale, tutto è normale. Tranne il segreto dello scopo che ci anima.
E mentre noi ci muoviamo ritmati, definiamo così i confini del mondo, il nostro mondo, fatto di intuizioni folgoranti ad un angolo di strada. magari sotto la pioggia battente, e di miracoli quotidiani.