La guarigione è la libertà dalle preoccupazioni.
La guarigione è vivere e non far finta di vivere.
La guarigione è la gratitudine.
La guarigione è l’equilibrio.
La guarigione è lasciarsi andare.
La guarigione è l’energia del momento.
Terri Guillemets
Il senso di quel che ti capita è in ciò a cui ti obbliga quel che ti capita.
Con la bussola il senso è immediatamente percepibile.
Se non ci fosse il nord come principio organizzatore la bussola non potrebbe funzionare e i dati che avremmo non porterebbero altro che confusione sulla direzione da prendere.
Ecco. Il magnetismo terrestre non è stato sempre a nord. Pare sia cambiato ogni 700 mila anni. E in questi millenni sia anche terribilmente in ritardo con il cambio. Immaginate -di colpo- di avere come guida il Sud… una rivoluzione! Eppure, è ciò che capita nella terapia… si può andare solo dove va la natura.
Pertanto, quel che ci capita trova un senso in ciò a cui ci obbliga, ma nella direzione naturale, non verso qualcosa che abbiamo preso a riferimento arbitrariamente che dovesse andare proprio come volevamo noi.
Per esempio, un infortunio o una malattia improvvisa ci obbliga a non fare qualcosa.
E’ chiaro che quello è l’obbligo.
Ma non è mai immediatamente percepibile che cosa in realtà stava remando contro qualche principio naturale e come mai questo accadimento non poteva che andare così, semplicemente.
Chiedevo troppo a me stesso? Mi stavo impuntando da troppo tempo? Non chiedo mai niente a nessuno? Mai? Non sopportavo più questa vita quotidiana? Avevo bisogno di esprimere qualcosa? Cos’altro. Chiediamocelo.
Le domande possibili sono le più disparate, ma solo una spiega davvero il nostro personale perché.
Domandiamo allora a quante più persone possibili perché secondo loro che ci conoscono, ci sia capitato proprio quell’infortunio. E riflettiamo su quanto ci dicono, fino a che un’illuminazione si affacci all’improvviso.
Ad esempio una volta mi ero prefisso di fare 550 km in bicicletta in una settimana da solo, per tornare semplicemente “a casa”, in Abruzzo, da Milano, in ferie. “Quest’anno -mi sono detto- vado in vacanza in bicicletta.
Mentre mi preparavo all’impresa, mi sono quasi rotto il femore in una caduta che me lo ha impedito.
Ma il senso l’ho trovato due anni dopo, quando, in gruppo, con un’associazione, ho percorso 400 km in una settimana, da Parigi e Londra.
E l’ho fatto senza alcun problema.
Per me era l’impresa troppo mentale, tutta sulla volontà, che era arbitraria, mentre quella in gruppo, legata al piacere, aveva fatto passare in secondo piano distanza, sforzo e preparazione, in modo spontaneo.
Ma se mi fosse successo 10 anni prima, avrei imputato al mio destino infausto e alla mia insita natura fallimentare, che non ce la fa mai, che ha paura di affermarsi, che non può avere mai ciò che vuole, tutto il segno dell’infortunio.
Mentre era il contrario: proprio in questa errata convinzione, si esprimeva la mia ferita caratteriale. La quale mi imponeva continui conflitti e contrapposizioni tra due poli: non ce la faccio mai >< mi devo sforzare per farcela.
Ma la natura non funziona così e alla lunga, la corda si spezza. Il femore, l’avanzare, s’incrina.
O lo so, oppure continuo, come abbiamo visto nei 5 problemi paradossali, a passare dal blocco corporeo a quello emotivo, poi somatico, di prospettiva di vita, fino ad incardinarmi nelle mie rigidità caratteriali.
Ma se inizio a respirare, a seguire da capo il corpo e il mio piacere, alla fine, ritrovo la bussola, l’orientamento naturale, ad accettare ciò che arriva, perché era solo e semplicemente ciò che era lecito arrivasse.
Come si fa? Ah tu mi chiedi come si fa?
Su questo blog ci sono centinaia di spunti. In queste poche righe ci sono già alcuni link utili. Leggi secondo intuito e segui il filo rosso del tuo nuovo benessere.
Fatto sta che la convalescenza non è una pausa, lo abbiamo scritto anche in altri punti. Se volete, basta cercare qui la parola chiave convalescenza.
La convalescenza è la vita come dovrebbe essere dopo che ne abbiamo abusato. Quindi ci obbliga a ripartire da capo a non esagerare più (!) in qualche direzione.
In questo senso, “le malattie possono guarire le persone”, come un infortunio o un trauma. Siamo noi che le andiamo ad attrarre per darci una sveglia.
I casi di Sinisa Mihajlović e di Nadia Toffa mi hanno fatto pensare in questo senso, perché entrambi cosiddetti e auto definiti guerrieri.
Se leggete, ad esempio, in questa luce, le interviste di come la leucemia abbia cambiato totalmente il senso della vita di Mihajlović, allenatore del Bologna, trovate proprio letteralmente, dove lui oggi ringrazia senza sapere nemmeno se ne uscirà davvero, e dove prima non aveva proprio capito niente della direzione in cui la vita gli ricordava ogni volta che poteva e doveva andare.
Così come la mia cliente tanto (troppo?) dedita alla sua battaglia sociale che il suo corpo ha semplicemente detto basta.
La malattia è solo il modo.
Una mia amica chiedeva così tanto alla propria volontà e al suo corpo che si muoveva perennemente in trasferta e dormendo in macchina pur di partecipare a preziosi aggiornamenti professionali. Una volta, a cena, è svenuta e l’abbiamo soccorsa. Per fortuna non era alla guida.
E lei si domandava: chissà come mai ho sempre carenza di ferro nel sangue?
Secondo voi, perché?
Ed è un momento bellissimo.
Di pura illuminazione. Lo sguardo si ravviva dopo decenni. Quando qualcuno in terapia lo capisce.
Arriva sempre.
Si può solo andare in direzione di accettare questa verità che proprio tutto spiega su di noi, che oggi appare come da una magia, ed è lì: pam! Ce la troviamo davanti. Nel terapeuta che ci guarda. Ed è così. E come abbiamo fatto a non vederlo, e boom. E ora?
Possiamo solo riprendere il filo, la direzione a cui siamo destinati, per lasciarci depositare nell’unica vita che ci possa star bene addosso, rispettando, ma che dico: onorando le leggi, ossequiando le emozioni, ed esprimendo con naturalezza le palpitazioni delle nostre paure. E comprendere e rispecchiare e risuonare se stessi all’interno dei confini delle cose che per l’universo è lecito ottenere.
Ah, quindi tutto quello che cercavo non avrei potuto mai ottenerlo. Quindi semplicemente così. Oh Madonna.
E adesso? E’ come se mi venisse ridonata una vita nuova, vera, laddove la vita finta, di appena un sospiro fa, a questo punto è come una divisa faticosissima da meccanico unta e lacerata di ferite incompensabili. Che mi sono tolta ormai e mi sento nudo o nuda.
Uuuufffhhhh… ci sgonfiamo letteralmente.
Aaah. E ora? Ora si vive. Si campa. Si smette di sopravvivere. O di infilarsi da soli in casini inenarrabili che abbiamo sempre chiamato la nostra battaglia.
Ci viene soltanto di scuotere il capo: ma tu guarda Iddio…
E riparte così, tutta la danza, interpuntata, perché molto, molto più emozionante, propria, originale, espressiva nel corpo, vitale. Venata di pianti liberati e di gioie tenerissime. Illuminata e per questo illuminante.
Yeah.
La malattia è un conflitto tra la personalità e l’anima. Molte volte, il raffreddore “cola” quando il corpo non piange. Il dolore di gola “tampona” quando non è possibile comunicare le afflizioni. Lo stomaco “arde” quando le rabbie non riescono ad uscire. Il diabete “invade” quando la solitudine duole. Il corpo “ingrassa” quando l’insoddisfazione stringe. Il mal di testa “deprime” quando i dubbi aumentano. Il cuore “allenta” quando il senso della vita sembra finire. Il petto “stringe” quando l’orgoglio schiavizza. La pressione “sale” quando la paura imprigiona. La nevrosi “paralizza” quando il bambino interno tiranneggia. La febbre “scalda” quando le difese sfruttano le frontiere dell’immunità. Le ginocchia “dolgono” quando il tuo orgoglio non si piega. Il cancro “ammazza” quando ti stanchi di vivere. La malattia non è cattiva, ti avvisa che stai sbagliando cammino.
ALEJANDRO JODOROWSKY
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