Più materiale c’è a magazzino,
meno probabilità c’è che si trovi ciò di cui si ha bisogno.
Taiichi Ohno
Un’altra disfunzione che balza agli occhi quando qualcuno ce le racconta, è la non centralità e la banalità delle mancanze.
Vale a dire che la persona non va fino in fondo a se stessa, ma limita per la paura la propria vita, gli interessi e il piacere.
E quindi sente mancanza di qualcosa di effimero, superficiale, non centrale.
Di che cosa stiamo parlando, infatti, chiedo a Esse, di cui ai punti precedenti: di qualcuno con cui prendere gli aperitivi? E che nemmeno ci piaccia tanto? Non dovremmo parlare di qualcuno con cui scambiare molto più di sé?
Cosa andiamo a “ficcare” dentro un aperitivo?
In terapia conta spesso di più il non detto. Ciò di cui non parliamo e invece dovremmo.
Ma perché siam lì a parlare sempre delle stesse cose?
Vogliamo chiederci insieme che cosa manca nei nostri discorsi?
Questo è il vero obiettivo della mancanza. Distoglierci dal nostro posto nel mondo, legittimo posto, distraendoci con esigenze evidentemente banali.
In analisi, ognuno di noi passa questa fase in cui si rende conto che la fuga dalla paura, il controllo del dolore, la negazione della propria inadeguatezza, ci spostano ad un livello di superficie in cui ci sentiamo un po’ senza troppo senso.
Questo mi fa paura, quest’altro lo fuggo, quello neanche a parlarne. E alla fine mi ritrovo in una vita che non mi fa vivere e mi fa mancare le belle emozioni.
Una vita che mi fa mancare la vita.
Allora che fare, mi chiede lei, come puoi chiederti tu o lettore.
La mancanza allora appare proprio come un simbolo, un totem, di qualcosa di non compiuto, che finge di essere importante, per non farci vedere dove dovremmo essere e dove dovremmo andare.
Abbiamo già detto di non andare più appresso alla mancanza e di rinunciarci. E ok. Ma dobbiamo sapere tutto ciò che abbiamo visto sinora, vale a dire che cosa rappresenta in realtà questa privazione da cui mi sento escluso, altrimenti l’attrazione viscerale per la mancanza è troppo forte. Anzi, ogni tanto dobbiamo rileggerlo per distintossicarci. Su questo siamo d’accordo? Bene.
Al punto “Il Giro del Fumo della Mancanza”, trovate come esempio ciò che mi rileggo io da ormai 15 anni. Era scritto a penna su un foglio logoro. L’ho ricopiato anni fa e ancora oggi, nel rileggerlo, ho sentito un brivido nel ripassare la lezione. E’ importante che anche ciascuno di voi si annoti tutto ciò che ha imparato sulla propria mancanza e se lo rilegga, come a reimmergersi, per purificarsi.
Subito dopo le periodiche riletture di che cosa rappresenta davvero la nostra mancanza, sentiremo molto più facile dedicarci agli aspetti più profondi di noi. Questa è la strada.
Lei, Esse, della storia di prima, potrà vivere certo la prosperità e l’abbondanza, come tutti, a patto che ne accetti i dolori che fino ad oggi ha sempre rifiutato anche solo di vedere.
Lì, lei conoscerà altre persone a lei più vicine. Ha già conosciuto una parte di sé più centrale e soddisfatta e ora, se la svilupperà e crescerà dentro, attraverso ascolto e piacere nelle cose che fa, davvero incontrerà altre persone, con cui scambierà altre questioni, di ben altra pasta.
Questo è il punto centrale che occorre affrontare, tutti: dove dovremmo stare anziché qui nel limbo, a difenderci, sulla soglia del piano bar?
Se invece Esse s’impunterà a dedicarsi agli aperitivi pur di avere compagnia, la parabola del gesto sarà limitata come tutta la sua vita.
Pensate alla scelta del lavoro, degli affetti e della casa, se siamo imbevuti di atmosfere mancanti. Quanto trasmetteremo di confuso, compromesso e poco salutare a queste parti invece essenziali della nostra vita?
Pertanto, se diamo per assioma questa non centralità della mancanza, proviamo a chiederci:
(I punti da 1 a 8 sono nell’articolo Ci Manca Sempre Ciò di cui Abbiamo Paura)
9. Ma dov’è che questa mancanza non è per niente importante nell’equilibrio generale della mia vita?
10. Su quali aspetti non così prioritari mi fisso, quando sento mancanza?
11. Se li rileggo e ci penso bene, una volta colmata questa famigerata mancanza, non è che la mia vita sarebbe sempre la stessa?
12. In questa luce, la mancanza non potrebbe essere solo un ennesimo mezzo che io uso per non occuparmi di altro, che mi realizzerebbe davvero?
13. In che cosa potrebbe consistere questa occupazione, interesse, propensione, più nucleare, importante, vera e profonda, che continuo a rimandare?
Come vedete, e come accade in ogni manifestazione umana degna di nota, non è possibile chiudere il rubinetto delle nostre abitudini, ad esempio banalmente smettere di fumare, senza aprirne un altro più benefico per noi e senza sapere perché lo è.
Ma quando il panorama è chiaro, allora il gesto è semplice.
E la chiusura del vecchio e l’apertura del nuovo diventano tappe vitali e entusiaste della nostra piccola felicità.
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