Troviamo di tutto nella nostra memoria:
è una specie di farmacia, di laboratorio chimico,
dove si mettono le mani a caso, ora su una droga calmante,
ora su un veleno pericoloso.
Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto.
Sono molto impressionato in questo periodo dalle implicazioni della fisica quantistica sul benessere e sulla famigerata felicità.
Soprattutto, nello specifico, dalle applicazioni pratiche e terapeutiche di certe teorie neuro scientifiche e quantistiche.
Penso a Joe Dispenza a Bruce Lipton e altri, Braden, McTaggart ecc.
Ma prima avevo sviluppato le 5 cose che più mi piace fare. Che è un giochino semplice-semplice che potete fare anche voi, il quale vi cambia la vita in 4 battute e a me la sta rivoluzionando da 3 mesi a questa parte. Ecco qui come fare.
Poi mi è accaduto -doveva accadere, direi adesso- di incappare in due vere e proprie esperienze ripetute ogni giorno grazie ad un libro sull’Autoipnosi e al corso e al testo cardine del Tethahealing, di Vianna Stibal.
E tutto ciò mi sta mettendo in contatto con la chimica degli stati d’animo, soprattutto della paura e della gioia, in netto contrasto e in bilanciamento quotidiano tra loro. Come in una dialettica tra opposti.
Noi bramiamo ancora la merda, dice un muro del Politecnico di Milano. E mi aveva colpito: in che senso?
Beh, adesso mi è molto chiaro: abbiamo chimicamente, fisicamente, ormonalmente bisogno delle sostanze a cui abbiamo abituato il nostro corpo.
Praticamente, ‘na droga.
I tuoi pensieri non girano a vuoto. Ogni volta che ne fai uno, nel tuo cervello avviene una reazione biochimica, e si crea un vero e proprio composto chimico. Come vedrai, a quel punto il cervello rilascia particolari segnali chimici che agiscono da messaggeri di quel pensiero. Quando il corpo riceve questi messaggi chimici, vi si attiene all’istante, avviando una serie corrispondente di reazioni in armonia con ciò che il cervello sta pensando in quel momento. Quindi il corpo rispedisce subito al cervello un messaggio con il quale conferma di sentirsi esattamente come pensa il cervello.
Per comprendere questo processo (cioè il modo in cui pensi all’unisono col tuo corpo e come puoi dare forma a una nuova mente), per prima cosa devi apprezzare il ruolo svolto dal cervello e dai suoi composti chimici nella tua vita. Negli ultimi decenni, abbiamo scoperto che cervello e resto del corpo interagiscono tramite potenti segnali elettromagnetici. Tra le orecchie abbiamo una enorme “centrale chimica” che orchestra una miriade di funzioni fisiologiche.
Joe Dispenza, Cambia l’abitudine di essere te stesso, Mylife edizioni, pag. 77.
Quante volte abbiamo discusso tra amici, di questa propensione viscerale, come fosse inevitabile, a fare qualcosa che già sappiamo ci farà male e ci permetterà solo di sfogare i bassi istinti? E ciò accade affettivamente, al lavoro, in politica, nel sociale e famigliare. Un’attrazione perversa per il malessere. Ma quello brutto-brutto.
E non abbiamo tutti esclamato: ma come si fa a violentare una signora 93enne sul deambulatore suonando alla sua porta alle 5 del mattino? Caso reale di pochi giorni fa. Oppure essere attratti da adesioni politiche e sociali così francamente estremiste e discutibili, ma forti solo di complementi di adrenalina, dove il “nemico” ci permetta di sfogare tutti i nostri casini personali? E l’alcol, il fumo e la droga? E la paura diffusa, paralizzante? E la bassa autostima così debilitante? E la rabbia distruttiva? Non sono rappresentabili come scariche di sostanze chimiche interne, di cui abbiamo ormai soltanto disperato -e stramaledetto- bisogno?
Ecco: io personalmente non lo sapevo fino a che punto il corpo lottasse ogni istante per produrre di nuovo la chimica alla quale lo abbiamo abituato. O non lo volevo sapere. Chissà. Che sia gioia, e allora vuole le sostanze della gioia. Che sia paura e allora vuole la chimica da paura. E così via, per rabbia e tristezza.
Allora, la constatazione è folgorante: si può quindi “spostare” la chimica e abituarsi a quella di Gioia? Realizzazione? Pienezza?
Sì, certo, è la risposta.
(…) quando fai pensieri belli, amorevoli o gioiosi, produci sostanze chimiche che ti fanno sentire bello, pieno d’amore o felice. Lo stesso però vale anche se fai pensieri negativi, carichi di paura o ansia: nel giro di pochi secondi inizi a sentirti negativo, ansioso o impaziente.
Tra cervello e corpo, istante dopo istante, si instaura una certa sincronicità. Infatti, siccome la mente è in costante comunicazione con il corpo, mentre iniziamo a sentirci nel modo in cui pensiamo, iniziamo anche a pensare nel modo in cui ci sentiamo. Il cervello monitora costantemente le sensazioni del corpo e, in base alle reazioni chimiche che riceve, genera altrettanti pensieri che producono sostanze chimiche corrispondenti al modo in cui si sente il corpo. Questo è il motivo per cui iniziamo a sentirci come pensiamo e, successivamente, a pensare come ci sentiamo.
Joe Dispenza, Idem, pag. 81.
Ma una gioietta qualsiasi ogni tanto, disturba solo il sistema.
E’ quindi il corollario che conta. Lo si può fare -spostarsi alla chimica della gioia- solo se:
1. INTENSITA’. Si arriva a livello viscerale, ormonale, di cambiamento di stato profondo.
2. ANTICIPAZIONE. E se lo si anticipa dentro, emotivamente, prima di provare a realizzare la gioia, fuori.
Altrimenti la questione si ripropone. E la partita si gioca sui surrogati.
Infatti:
A. Anticipare -all’interno- un’intensa realizzazione/soddisfazione e viverla con tutti i sensi al presente -e a prescindere dalle effettive condizioni esterne di realtà- e indirizzarla ogni giorno verso ciò che ci fa star bene sul serio, ci pone in un status emotivo magico e arricchente.
B. Una compensazione automatica e di basso profilo, all’esterno, purchessia… vale a dire un acting aut, un agito solo perché ci viene di farlo, ottiene viceversa esattamente lo spasmo muscolare, emotivo e viscerale contrario, opposto, drastico e deleterio. Cioè inconsapevole, non diretto, e drogato da troppe variabili che adesso si sono aggregate in un Grande Problema Confuso: se faccio “come mi viene”, solo perché ne sento il bisogno spasmodico, un attimo dopo mi sentirò molto peggio, perché questo tipo di sfogo promette e non mantiene. Mai. Lo sfogo non sfoga. Anzi.
Sapevamo tutti della ferita e qui ne parliamo spesso, ma il dettaglio fornito dalle implicazioni di una certa neuroscienza e la sua applicabilità secondo discipline, visioni e meditazioni, assume allora qualcosa di pulito e splendido e accessibile che incanta.
Qual è infatti la domanda e la chimera di tutti gli esseri umani? La cura profonda del sintomo:
“Potrò un giorno non sentire più paura?
O questa rabbia che mi trascina?”.
Forse oggi anche sì, adesso, subito, attraverso queste tecniche, che più avanti descriviamo, unite ad una base bioenergetica.
Ciò poiché, quando senti paura, ora hai strumenti molto più sofisticati per tornare allo stato d’animo desiderato. E per non cadere, soprattutto, nella dose immediata di un surrogato.
Ma soprattutto, vivi la vita migliore possibile, e lo fai moltissimo di più, in termini di tempo e d’intensità. E respiri stati d’animo incredibilmente semplici, puliti, a cui ambivi da sempre. E finalmente te ne scordi per tanti periodi, dell’emozione che era fino al giorno prima così tanto ricorrente.
Come in un centrifuga quotidiana.
Mentre noi non volevamo vedere fino a che punto decenni (decine di migliaia di giorni…) di malessere non lasciano il posto così facilmente alle sostanze di appena decine di giorni di produzione di ormoni diversi, migliori nel nostro linguaggio, ma ancora estranei a livello chimico, farmaceutico, interno, omeostatico. Soprattutto, appunto, se questi nuovi ormoni rigeneranti li produco per 10 minuti e poi me ne dimentico, oppure per un’ora e mezza a settimana e torno più di prima allo spasmo opposto della paura o della rabbia, e così via. Insomma, se non sono continuo, costante, convinto…
Come diciamo negli Unici 5 Segreti Davvero Efficaci per il Benessere: convinti, ragazzi, convinti, altrimenti non può accadere nulla di diverso.
Mentre adesso lo so. E ho scoperto un’ulteriore scala, ad un altro piano, per lavorarci sopra in modo efficace.
Solo che per arrivare a questo piano si possono prendere diversi ascensori, che sono le differenti teorie, tutte con delle basi comuni, che qui spieghiamo. E’ questo l’incredibile. Parlano tutte delle stesse cose. Volete sapere quali?
Esattamente quelle indicate poco sopra:
1. INTENSITÀ’, ottenuta attraverso livelli di funzionamento a certe onde cerebrali -Beta, Alfa, Theta, Delta, Gamma…
2. E -insieme- ANTICIPAZIONE attraverso un’adesione totale, una massima concentrazione, una meditazione dedicata e specifica.
E se non prendiamo con decisione questa strada? Beh -direttamente- “ci facciamo” di farmaci, interni o esterni.
Tutto essenziale e semplice. Perciò utile. Drasticamente utile.
Ed è illuminante come visione. Ed entusiasma. E traccia un canale neuronale diverso, abituando il corpo a sostanze di cui adesso ha finalmente bisogno e stati d’animo decisamente migliori che anela, brama, ripetere.
Sentite l’urgenza? Finalmente rappresentata proprio come la sentiamo da sempre: ‘na roba estrema, automatica, che non passa nemmeno per il cervello, apparentemente. Vedremo invece che passa da altri centri neuronali, altri cervelli.
Il corpo instaura una dipendenza dal senso di colpa o da qualsiasi altra emozione esattamente come succederebbe con la droga. All’inizio ti basta una piccola dose di emozione/droga per sentirla; poi il tuo corpo si desensibilizza e le cellule, per sentirla ancora, ne vogliono sempre di più. Cercare di modificare il tuo schema emotivo è come affrontare una crisi di astinenza.
Quando le cellule non ricevono più dal cervello il solito segnale che induce il senso di colpa, iniziano a esprimere preoccupazione. Prima, corpo e mente collaboravano per instillare nelle tue sensazioni la percezione del senso di colpa; adesso invece non senti e non pensi più allo stesso modo. Ora vuoi produrre più pensieri positivi, ma nel tuo corpo è ancora attiva la produzione di sensazioni di colpa basate su pensieri dello stesso tipo.
(…) Tutt’a un tratto, mandi a questa ipotetica catena di montaggio un altro pezzo, che non si incastra nello stesso spazio dove trovava posto il vecchio “senso di colpa”. Suona l’allarme e l’intero processo si blocca.
(…) Così tutti i componenti della catena smettono di fare quel che stavano facendo, guardano in su, verso il cervello, e pensano: “Cosa stai combinando lassù? Insistevi nel dire che eri colpevole e noi da anni seguiamo fedelmente i tuoi comandi! Abbiamo memorizzato a livello subconscio il programma del senso di colpa attraverso i tuoi pensieri e le tue sensazioni ripetitive. Abbiamo modificato i recettori in modo da riflettere la tua mente e abbiamo alterato lo stato chimico, così che tu, cervello, potessi sentirti automaticamente in colpa. Abbiamo mantenuto l’ordine chimico interno indipendentemente dalle circostanze esterne. Siamo talmente abituati allo stesso equilibrio chimico che il tuo nuovo stato emotivo ci sembra scomodo ed estraneo. Vogliamo qualcosa di familiare, prevedibile e naturale. Tutt’a un tratto hai deciso di cambiare? Non è possibile!”.
(…) Così le cellule inviano un messaggio con scritto URGENTE su per la spina dorsale, fino alla superficie del cervello pensante. La chiamo la “via breve”, perché il messaggio va dritto al sistema nervoso centrale nel giro di qualche istante.
Mentre accade tutto questo, la chimica del corpo (lo stato chimico del senso di colpa) adesso si trova a un livello più basso, perché non pensi e non senti allo stesso modo di prima. La cosa non passa inosservata. Anche l’ipotalamo, il termostato del cervello, invia un segnale di allarme che dice: “I valori delle sostanze chimiche stanno scendendo. Dobbiamo produrne di più!”.
Quindi l’ipotalamo segnala al cervello pensante di ritornare alla vecchia, solita modalità. Questa è la “via lenta”, perché le sostanze chimiche ci mettono di più a circolare nel flusso sanguigno. Il corpo vuole che torni al tuo Io chimico memorizzato, perciò ti influenza a pensare in modo familiare e abituale.
Le reazioni cellulari lungo la “via breve” e la “via lenta” avvengono simultaneamente. Poi inizi a sentire nella testa un brusio di pensieri come questi: “Oggi sei troppo stanco. Puoi cominciare domani. Domani è meglio. Davvero, puoi farlo anche dopo.” E il mio preferito: “Non mi sembra giusto.”
Se non funziona, parte un secondo subdolo attacco. L’entità corpo-mente vuole riprendere il controllo, così inizia a prendersela un po’ con te: “È giusto se ti senti male adesso. È colpa di tuo padre. Non ti senti male per quello che hai fatto in passato? Diamo un’occhiata al tuo passato così ci rinfreschiamo la memoria sul perché sei diventato così. Guardati! Sei un disastro, un perdente. Sei patetico e debole. La tua vita è un totale fallimento. Non cambierai mai. Sei proprio come tua madre. Perché non lasci perdere e basta?”. Mentre continui ad abbruttirti in questo modo, il corpo cerca di far ritornare la mente allo stato che aveva inconsciamente memorizzato. A livello razionale, ciò è assurdo. Ma ovviamente, con un gioco di parole, in questi casi stare male ci fa sentire bene.
Joe Dispenza, Idem, pagg. 92-93.
Quindi, gli obiettivi del benessere assumono nuova veste:
- Dare ai propri equilibri interni le sostanze che desidera, mentre si mantiene un certo livello d’intensità di comportamenti in senso chiaramente diverso e ben indirizzato.
- E -contemporaneamente- cambiare quindi le necessità fisiologiche, anticipando stati d’animo talmente emozionanti da produrne anche altre di esigenze chimiche, molto più benefiche.
Perché, come faccio a cambiare se il mio corpo non vuole cambiare e mi riporta ogni volta indietro?
Ricordate bene questi due passi rivoluzionari –cambiare necessità attraverso i comportamenti e allo stesso tempo abituare il corpo ad altre sostanze- perché è un vero e proprio paradosso da affrontare, come sempre quando si tratta di cambiamento reale.
Ma a questo punto, il bello è che è facile vederlo e quindi risolverlo.
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