Ogni mattina in cui riprendiamo la strada
di essere concentrati solo su noi
e ci sentiamo infastiditi dagli altri,
l’universo si gira e
con un’aria vagamente distratta,
ci manda un messaggio
che varia
da un piccolo segno
ad una mazzata tremenda,
a seconda della nostra protervia.
Nel post La Solitudine Sconfitta dalla Pratica abbiamo visto quanto faccia bene una serie ripetuta di esercizi corporei, quotidiana o settimanale, per risolvere le dinamiche caratteriali, nel caso specifico, dei narcisisti.
Ma addentrarsi tra le armature caratteriali e gli effetti positivi degli esercizi bioenergetici è intrigante come seguire i personaggi di un giallo di Camilleri.
I tratti caratteriali sono una classificazione di derivazione psicanalitica cui la bioenergetica ha donato un corpo e un’energia specifica. Sono Armature, Maschere, Usi, Costumi, Affetti, Atmosfere, che noi tutti indossiamo, sviluppiamo, in cui ci sentiamo spesso avviluppati, entro cui comunque ci muoviamo.
Ne trovate bibliografia sterminata nell’opera di Wilhelm Reich, Alexander Lowen, Stephen M. Johnson e Luciano Marchino.
Wilhelm Reich, Alexander Lowen e altri terapeuti di orientamento energetico hanno sottolineato come i blocchi dell’espressione del sé siano letteralmente presenti nel corpo, rappresentati da una tensione muscolare cronica che può sfociare in una distorsione della postura. Questo blocco, o negazione del sé, in origine serviva per evitare il dolore e la frustrazione derivanti dall’esperienza frustante indotta dall’ambiente. Esso continua a seguire questo scopo, e oppone quindi forte resistenza al cambiamento.
Il blocco a livello fisico è semplicemente il modo dell’organismo per non sperimentare il bisogno originario e la sgradevole reazione alla sua frustrazione. Inoltre, elude l’inevitabile angoscia del sentirsi nuovamente vulnerabili e del temere la nuova ferita prevista.
Stephen M. Johnson, Stili Caratteriali, Crisalide Edizioni, pag. 27.
Ecco perché vederne le dinamiche quando sono alle prese con una pratica bioenergetica è moooolto interessante:
- che cosa giova come esercizio corporeo ad un cerebrale che non fa altro che elucubrare?
- E a qualcuno che tende ad ossessionarsi?
- Oppure ad un orale-dipendente?
- Oppure ancora a chi si sente perennemente schiacciato e affaticato?
Eugenio, il “Mio Amico Narci”, ad esempio, di cui abbiamo detto nell’articolo precedente, La Solitudine Sconfitta dalla Pratica, vive secondo immagini interiori esagerate, cariche di aspettative e di compensazioni su di sé. Questo bisogno di considerarsi super-bene-bene, compensa la sensazione interna di non valere che ha fin da piccolo. Per questo ascolta poco, sente meno ed è vulnerabile alle critiche. Non se lo può proprio permettere.
Allora immaginatelo alle prese con esercizi dove deve per forza ascoltare il proprio corpo e le emozioni conseguenti.
Le sue immagini di sé sono così importanti che mal sopportano di bagnarsi con la realtà. Come con le difficoltà di realizzazione, la fatica (per una volta sana, nel senso di impegno per la realtà delle cose) e i tempi necessari per realizzare i progetti.
Tutta questa armatura, sovrastruttura, che mantiene per non soffrire, tuttavia, fa sentire molto soli e ancora più stanchi, perché è contro-natura.
Se io in prima persona non correggo il meccanismo, il mio mondo interiore è composto solo di riferimenti ad altre immagini bidimensionali, dove io mi vedo da fuori fallire o farcela, alternativamente:
e più aumenta la sensazione di fallimento
più aumenta il bisogno di rimandi a me che ce la devo fare,
più aumenta ancora la sensazione che -se non ce la faccio-
sarà ancora di più un fallimento.
E’ facile, purtroppo, sentirne l’angoscia.
Come il carattere orale nella fase di crollo, anche il narcisista vuole, in questa crisi esistenziale, qualcosa che arresti il dolore. Tipicamente, non entra in terapia alla ricerca di una trasformazione del carattere, ma per ricevere aiuto al fine di conservare l’efficacia della compensazione. (…).
Dal punto di vista emotivo, è un bambino tra i 15 e i 24 mesi di età che sta affrontando questi problemi cruciali, con tanto di disperazione e capricci. Prima che si riesca a stabilire con lui un rapporto terapeutico improntato alla fiducia e iniziare la cruciale costruzione dell’Io, il paziente narcistico può rivelarsi assolutamente incapace di affrontare questa crisi di riavvicinamento. (…).
Nella sua fase di compensazione, il narcisista è in sostanza una persona che esprime comportamenti, atteggiamenti e affetti di difesa contro la crisi di sentimemi disperati. Tipicamente, questo include grandiosità, orgoglio, pretenziosità, manipolazione e oggettificazione degli altri, forte coinvolgimento e forte affidamento sui successi per sostenere un’autostima fragile.
Benché “gonfiato” nella presentazione di sé, il narcisista è dipendente dalla convalida esterna del valore delle sue qualità e dei suoi successi; e chi non li apprezza o non li appoggia viene di solito o sottovalutato o sopravvalutato. Qualunque fonte di feedback negativo può riaprire la ferita o scatenare rabbia e difese.
La polarità nei confronti del proprio valore è rispecchiata nella valutazione degli altri. Ad alcuni viene assegnato un valore eccessivo e vengono idealizzati all’estremo, mentre altri sono visti come del tutto indegni e disprezzabili. Paradossalmente, anche chi apprezza o crede al falso sé che il narcisista presenta viene spesso svalutato.
Sapendo, a un certo livello di consapevolezza, che la sua autopresentazione è falsa, il narcisista sente di ingannare chi gli dà l’approvazione che desidera così disperatamente. In questo modo perde in parte il rispetto e la fiducia per chi abbocca all’amo del falso sé.
Stephen M. Johnson, Stili Caratteriali, Crisalide Edizioni, pagg. 194-195.
Al contrario, se la persona, narcisita o meno, si affida alle sensazioni del corpo, percepisce in modo chiaro che qualsiasi esercizio bioenergetico ripetuto con la giusta attenzione, ribalta completamente questa dinamica e fa sentire molte altre possibilità, al di là di seguire solo se stessi.
Se io tengo –come conduttore delle sessioni di esercizi di Bioenergetica- una persona in ascolto del corpo, in posizioni di per sé scomode, la obbligo, volente o nolente, a sentire la frustrazione della posizione, fino ad accettare il primato della natura e così a sciogliere quella tensione particolare, caratteriale appunto, che ciascuno di noi sente.
Così, io Narci, non posso più seguire le mie immagini interne irrealizzabili.
E mi sento sciolto, non più nella testa e a contatto con un senso di sollievo:
“tutto si può attraversare,
anche sane frustrazioni
che mi facciano stare qui ed ora.
E solo così, poi, sentirmi meglio”.
Ma devo saperlo. E costringermi ogni volta all’umiltà di un’abitudine che non mi verrà facile e spontanea all’inizio, anzi. Ma mi farà sentire finalmente a casa, cioè dentro di me.
E non fa bene solo ai narcisisti, ovviamente.
Il cerebrale o intellettuale non può che confrontarsi con la sua attitudine a “pensare” gli esercizi come le relazioni e i sentimenti. A muoversi nel mondo secondo comandi controllati eminentemente dalla testa. “Il corpo? Quale Corpo?“.
E farlo accanto ad altri, costringe ad ammettere palesemente sia la propria difficoltà nelle relazioni sia l’effetto benefico e magico che si sviluppa… Non male per chi si arrovella letteralmente per risolvere la propria esistenza.
E qualcuno che consuma oralmente le proprie giornate, dipendendo da qualsiasi cosa? Che ha notevoli sbalzi d’umore, che parte per entusiasmi diffusi e contagiosi e si arena di fronte a scoraggiamenti cosmici? Quanto giovamento trarrà dalla costanza della verità di esperienze corporee-emotive ripetute settimanalmente o giornalmente? Una volta accettato che questa è la realtà, beninteso!
Vi fa sorridere, eh? Bastardi che non siete altro. Ma si ride solo di verità e di quanto queste verità siano dolorose.
John Vorhaus, che dei meccanismi del ridere e di come funziona la comicità è un esperto, scrive a proposito:
E poi, un giorno, durante la lezione di matematica, Lesley Parker accennò al fatto che che lei e la sua famiglia stavano per trasferirsi. (…) Mi alzai e blaterai pateticamente e inopportunamente: “Lesley, dove ti trasferisci e perché?”. Che, chiaramente, significava “non mi lasciare!”. (…). Ci fu un istante di silenzio sbigottito e improvviso. Nell’istante successivo, tutti scoppiarono a ridere. (…).
Lo ripeterò per voi, topi da biblioteca. La comicità è verità e dolore. Quando mi umiliai davanti a Lesley Parker sperimentai la verità dell’amore e il dolore dell’amor perduto.
John Vorhaus, Scrivere il Comico, Dino Audino Editore, pagg. 7-8.
Così possiamo capire molto meglio perché noi esseri umani siamo patetici e facciamo ridere, per le scuse grottesche a noi stessi pur di non soffrire e non affrontare l’inevitabile.
Sono, le pratiche bioenergetiche, principi regolatori e non più controllori innaturali e nevrotici delle nostre abitudini.
E senza prendere neppure una pillola.
E chi è che prende le pillole? Ad esempio, qualcuno che non sente emozioni e si tormenta con pensieri ossessivi, controlla la chiusura del gas 5 volte prima di uscire di casa, sente una fatica colossale, un dolore alla schiena decennale, ma non sa come uscire dalle proprie dinamiche, ossessivo-compulsive, appunto.
“Mi stai chiedendo di sentire il corpo. Ti rendi conto?” mi ha detto un partecipante ad una sessione. “E’ come se io avessi sempre avuto questioni più impellenti. Tu vuoi che scopra un mondo, praticamente… Però sì certo, adesso –dopo 3 mesi!- capisco quanto sia la via giusta per me”.
Ma c’è anche chi si sente incapacitato a scegliere, a manifestarsi, a tirar fuori la voce, ad andare in direzione propria e quindi contraria al “volere comune” della famiglia o dell’ambiente di lavoro. Si sente in Simbiosi totale con qualcuno (introiettato internamente) in cui rispecchiarsi e non può sentirsi autonomo, mai.
Allora individuarsi in ogni esercizio e ripetersi “io sono me e non sono te e quindi…”, “io sono uno, non metà e quindi…”; “Io posso strillare, esprimermi, manifestarmi, sbizzarrirmi addirittura in danze sfrenate senza alcuna rappresaglia! Sai che mi sembra inverosimile…?!”.
Un caso emblematico viene dal grounding o esercizio di base della Bioenergetica: se provate a stare sulle gambe piegate, oppure –meglio- ad andare su e giù sulle ginocchia con i piedi paralleli, vi rendete conto che potete farlo in due modi:
A) con tendini e muscoli rigidi, decidendo con la testa il movimento e svolgendolo come già deciso e prefigurato nelle nostre immagini interne
B) oppure affidandoci al corpo, concentrandoci sul tatto e sui movimenti, sentendo e connettendoci ai singoli sottili andamenti della ginocchia e dei piedi che spingono nel terreno per risalire. E delle conseguenze dei nostri piccoli movimenti.
Ed è subito una rivoluzione. Connettersi per credere.
E’ questa la prova più immediata del cercare di “star meglio dentro” e non fuori.
Alzarmi la mattina e mettermi lì a sentire che cosa prova il mio corpo e che cosa sentono le mie emozioni. Solo questo conta. Ed esprimermi di conseguenza. Ogni giorno.
Il resto? Quale resto?
Quando avrò vinto tutto,
sarò meno egocentrico.
Josè Mourinho
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Bellissimissimo questo articolo Marco!
Grazie grazie grazie!!!
Tua amica Narci!