La Finzione della Ferita

Il passo finale, quello che ti cambia per sempre lo sguardo, è quando capisci che non ti devi per niente rassegnare ad un limitatore generale. Macché.

La questione più profonda e importante della ferita è la sua falsità.
E’ il senso di recita che ci sentiamo di stare vivendo.
La prima cosa allora per cominciare è rendersi conto è che viviamo in una Fiction.

La Finzione della Ferita

Quando spieghiamo al cliente la formazione della sua ferita e quanto agisca in lui come in ciascuno di noi (secondo la trasformazione del carattere di Stephen M. Johnson), allora la sproporzione tra quel che di piccolo succede e l’abbattimento colossale o la rabbia assassina che le persone provano, risulta evidente.

‘Sai che una parte di me l’ha sempre saputo che era così? Adesso lo sento dire da te finalmente, dopo tantissimo tempo. Lo sapevo: sono sempre iperboli, drammi, tragedie e stati d’animo infinitamente negativi quelli che vivo quando sono immerso nelle mie atmosfere’.

Poi, molto poi, ci si ride insieme, ma prima, all’inizio, l’anima che abbiamo di fronte sente il bisogno di una via d’uscita da questi umori obbligati e opprimenti; è disturbata in modo realmente accentuato.

E il primissimo passo è dirle: Ehi. Sveglia. Guardami. Non c’è bisogno di una via d’uscita. Perché non c’è quello che tu credi che ci sia. Non c’è. Ora. Fermati. Respira. Ascolta.
Ho la tua attenzione, adesso? Hai fermato il fiume in piena? Cominciamo? A star bene? Cenno d’assenso e sospiro.

Il fatto che sia una recita, una suggestione, una convinzione, assume qui, in queste fasi, un ché di liberatorio.

Accompagnare materialmente i nostri clienti tra le quattro mura dell’infanzia, ad occhi chiusi e in fantasia guidata, fa emergere che la realtà di quelle atmosfere era molto ma molto diversa dal ricordo obbligato che la persona continua a rivedere come uno spezzone di film sempre uguale.
Davvero e non è uno scherzo: è stato proprio un gelato mancato a far chiudere un bel giorno il bambino alla comunicazione con la madre. E poi da lì una lenta escalation di posizioni, fino a non mangiare più per troppi e troppi mesi. Per una semplice ripicca. E oggi qualcuno non vive quasi più, e solo per quella volta e per l’attitudine alle innumerevoli ripicche successive (caso reale ovviamente).
Oppure un altro bambino semplicemente voleva stare a casa ogni tanto con la mamma anziché andare all’asilo. Ma non essere ascoltato mai dalla madre ha fatto sì che lui si sentisse rifiutato, non visto per i suoi bisogni e tradito da tutti. Principalmente dalle donne, in età adulta. Ma per sua stessa ammissione, poi, quando arrivava all’asilo, lui era contento e si muoveva come un capo banda tra le piccole pesti. E così lui è oggi. Un leader. Sul lavoro. Nelle amicizie. Ma quando entra in intimità, inizia a recitare come un principe con un teschio in mano. Ahhh, meschino me!- ci diciamo adesso, facendo il verso al suo personaggio. Menarsela tanto o menarsela enormemente, questo è il problema. E ridiamo entrambi.

Ecco lo stato d’animo di chi lavori davvero e fino in fondo alla ferita. Di svelare che il limitatore, la voce interiore bloccante, l’impossibilità, l’impasse emotivo eccetera eccetera, sono tutte esagerazioni della mente e delle emozioni del bambino di allora, non sono la realtà dell’accaduto e quindi oggi non siamo affatto condannati alla ripetizione indelebile e inevitabile di quanto ci è successo allora. ‘Con tutto quel che m’è capitato…’. Che era terribile e angoscioso e così via. No. Non lo era. Non lo era soltanto. Lo è diventato nel tempo e nel ricordo. La tua storia è chiara ed è questa che mi hai raccontato. Punto dei punti dei punti. Ne abbiamo trattato in Che Cos’è l’Acqua.

Ecco svelato l’arcano. Occorre solo sciogliere il nodo che ci limita e tornare a respirare entusiasti.
Lo si porta alla luce accompagnando le persone con il loro adulto ai veri ricordi, esplorati fino in fondo. Attivare il proprio adulto interiore è attivare la verità. E’ il passo che non ci hanno aiutato a fare i nostri genitori.
Abbiamo sempre splendide anime davanti, che nella vita ce l’hanno già fatta, realmente, concretamente, con tanto di risultati.
E il pegno da assolvere, il prezzo da pagare, è solo una suggestione, una rappresentazione interiore che noi mettiamo in scena, una convinzione basata sul senso di colpa, o sul non alzare troppo la testa (altrimenti chi ti credi di essere?), o sul non urtare la suscettibilità degli altri (ma di chi?) i quali mal gradirebbero il proprio successo personale (e anche se fosse?). O altri casi, ma non sono così tanti e illimitati, i tipi di comportamenti che derivano dalle nostre educazioni, dai caratteri, dal sentirci feriti. Per fortuna.
E ciò vale a maggior ragione anche per tutta le serie di traumi che le persone vanno a trovarsi: attacco di panico, malattie psicosomatiche, incidenti, tradimenti e disgrazie varie, che prendiamo solo come occasioni per rendere cronici certi atteggiamenti.
Siamo infatti tutti banali, ripetitivi, ridicoli e grotteschi. La reazione ad ogni singolo trauma reca dietro di sé il volersi bloccare per confermare la ferita. Invariabilmente. È una legge della nostra natura.
Perciò, quando lo scopriamo, è qui che la partita si riapre davvero e la persona si rimette a giocare dal punto esatto in cui ha interrotto.
Sono solo convinzioni sulle quali lavorare. Sempre.
Lo fanno tutti da soli.
Lo facciamo tutti meglio in terapia.
Con strumenti e tecniche e preparazioni molto più avvedute.

Che sia chiaro e preciso il dettaglio: è fatta salva la buona fede della persona in cammino su di sé, ma spesso a guidarci non è ancora la modestia e l’umiltà e l’applicazione e la saggezza, bensì (di nuovo!) il senso del limite obbligato, la vergogna o chissà cos’altro, che si camuffa ancora da buon senso ma in realtà è solo rassegnazione e vuole bloccarci ad libitum.

Perciò, se ti appassioni alla strada, è molto interessante scoprire i nuovi modi dell’ingannarsi per crogiolarsi nel proprio brodo (ancora lo sto facendo?! Incredibile!); ma se ne sei vittima inconsapevole, fai presto a ritirarti e rassegnarti e abbatterti.

Vai alla continuazione: Nel Burrore della Gioia.

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Seguito di questo articolo: Mai Farsi Prendere dalla Ferita. 9 Passi per la Pienezza.

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