In Qualcosa Devo Lasciar Andare Sempre? abbiamo visto il caso della donna che di colpo ha paura di morire e di guidare e di scendere le scale. E poi si ammala in modo così grave che alimenta la sua paura folle. Scopre in terapia che è lei che si vuole punire e togliere di mezzo morendo perché ha scoperto che non ama per l’ennesima volta l’uomo che ha scelto. Ma questa volta con questo ennesimo finto amore ci ha fatto un bambino, splendido in verità. E allora solo per questo senso di colpa e auto punizione definitiva, vuole morire e basta.
Le passano in un istante tutte le paure con questa consapevolezza. E incredibilmente la sua malattia regredisce. Non vuole evidentemente più suicidarsi senza accorgersene.
Poi si avvede che si sta comportando come suo padre e sta agendo un copione acquisito di far finta di non amare e di essere maledetta anziché vivere la propria vita piena. Ciò la scuote ancora di più e le cambia totalmente atteggiamento, comportamento, attitudine. Aver scoperto come la paura di morire che le era venuta era semplicemente un desiderio di morte e di togliersi via per non affrontare l’immenso dolore che aveva provato nel sentire che non amava davvero il suo nuovo compagno, le ridona nuova vita. E si riaccende ancora di più rendendosi conto che in realtà lei ama il suo compagno. Come quello del proprio padre, il suo era solo un atteggiamento.
In questo, come in molti casi, in terapia occorre arrivare alla sintesi.
La sintesi azzanna. E ci scuote nel profondo.
Quindi due azioni: la prima è esplorare i dettagli, tornando con il terapeuta alle atmosfere che così tanto ci hanno ferito in infanzia e che ricordiamo perfettamente. Solo che tendiamo da sempre a fuggirle perché crediamo abbiano potere su di noi. Perché tornare a tormentarsi? Perché non è un tormento bensì una liberazione.
L’andare in visita nel passato ha da essere compiuto con atteggiamento accompagnato e protetto, sentendo le emozioni di un tempo per scioglierle finalmente, e senza l’angoscia e la ritraumatizzazione di allora. Ad esempio, per questa giovane madre, tornare più e più volte alle atmosfere che aveva vissuto, e comprendere come aveva acquisito i modi del padre di amare-non amare a modo tutto suo, è stato rivelatorio. Altrimenti sarebbe morta. Letteralmente. Non stiamo giocando per niente, nella partita della vita.
La seconda è, poi al termine, vedere la sintesi e folgorarsi: ‘io voglio morire solo perché credo di non amare il padre di mio figlio (e perché mai dovrei morire per questo?! Eppure così stavo vivendo, per la morte!). Ma ora che ho capito che lo amo e che era solo un atteggiamento mutuato da mio padre, di fatto io volevo morire fino a qualche giorno fa, con tutta me stessa, solo per agire un atteggiamento narcisista e insano di mio padre?! Ma andiamo!’.
Ecco come la sintesi ci illumina e scortica insieme.
Vediamo altri esempi, altrettanto sconcertanti, tutti di persone diverse, eppure con dinamiche così uguali.
‘Mi sto procurando da una vita problemi, dolori e malattie incredibili fino alla leucemia, solo per agire ancora e per sempre la rabbia impazzita di mia madre che sentivo su di me da bambino. Assurdo. Ridicolo. Inconcepibile’.
E solo a questo punto e livello si cambia. In un istante.
Scoprire com’è stata la vita nel durante, mentre chissà cosa credevamo di stare facendo, ci lascia svarionati e sbigottiti.
In verità, certo, c’è una terza azione da fare. Allenarsi al ‘Non Mi Sopprimo Più’, giorno dopo giorno fino a che non sentiamo normale trasformare la nostra vita in abitudini decisamente opposte, radicalmente centrate nel benessere quello vero e non nella finzione di fino a un attimo fa.
Ma questa sintesi di cui qui rappresentiamo alcuni esempi, è la spinta e la visione, è la bomba e la cura, è il vedere di che veleno ci siamo nutriti credendo fosse aloe vera.
‘Il narcisismo di mio padre mi ha sempre relegato fuori di me e della mia vita, totalmente. Me lo ricordo bene. Ma mai avrei creduto. Perché ancora oggi io faccio una fatica impossibile nel raggiungere qualsiasi mio obiettivo, mentre in realtà io interpreto mio padre dentro di me e mi punisco ogni giorno facendomi fallire in ogni tentativo di avere anche un benché minimo benessere. Perciò la fatica immane! Perché ho osato alzare la testa togliendo la scena a lui. Per questo ogni giorno sento una battaglia di Sisifo, uno sforzo sovrumano e inutile e mi alzo la mattina con la voglia di morire e la sensazione che prima o poi lo farò, di morire’.
E così, nella trasformazione, la maschera caratteriale si sfalda come una corteccia d’eucalipto.
La questione che lascia sgomenti è la semplicità della corrispondenza che non abbiamo colto in questi anni, decenni. Non abbiamo voluto coglierla. E constatarne insieme e di botto, gli effetti così assurdi, tremendi, nefasti e deleteri, ci induce finalmente a vederci come siamo e come invece potremo essere da oggi in poi. E basta. Per sempre. Di giocare. Con la nostra vita.
‘Ricordo mio padre che a 18 anni mi diceva che ero una troia e molto altro di peggio. Ma lo ha fatto da sempre, fin da bambina. Io mi sono sempre battuta contro di lui e contro mia madre. E me ne sono andata via. Presto. E ho elaborato e capito che questo era il loro modo elementare e durissimo di educarmi. Ma adesso che non ho realizzato niente e non ho casa, affetti, lavoro, figli, niente, mi rendo conto che mi sto punendo sempre con la voce di mio padre che ho fatto mia e mi dico che posso solo stare in un angolo e elemosinare la vita. Perché sono solo una schifezza da niente. Questo mi lascia annichilita. Vorrei solo morire. Cosa ho fatto in questi anni, cosa ho fatto? Vorrei solo morire, spegnermi, sciogliermi qui e sparire’.
Eppure gli altri, da fuori, ci vedono così chiaramente. Basterebbe chiederlo a loro e fidarci di ciò che i nostri amici ci dicono.
Ma farlo vorrebbe dire secondo noi smettere di lottare. Peccato non sapere che questa è una finta lotta per poi finire ogni volta a star male come sempre.
Ma le occhiaie, l’andamento, la postura, la voce, il tono dell’energia, un terapeuta allenato li coglie abbastanza al volo, per fortuna. Tutto sta poi andare velocemente al punto. Il punto di rinascita. Completa. Totale. Infinita. Finalmente.
Fatto sta che in molti casi ci vuole proprio questa botta incredibile di vita per porsi dall’altra parte dell’universo rispetto a dove siamo stati finora. E’ una terapia di rimbalzo, se capite il senso della questione.
‘Ho recitato fino ad oggi la parte di Giovanna D’arco che affronta la battaglia della vita contro tutto e tutti, convinta di farcela e mi ritrovo dopo 14 anni a fare i conti con le stesse identiche questioni di decenni prima, in cui mi massacro in modo che è ad un passo dal ricovero in ospedale. E oggi scopro che agisco dentro di me esattamente le forze dei mei genitori e dei loro giudizi, le loro sentenze, i loro auguri di fallimento, di non sostegno se avessi fatto ciò che volevo di testa mia e così via. E così è stato. Madonna. Tutta una finta. Tutta una montatura. Così non posso andare mai da nessuna parte, se non ne esco definitivamente. Ma subito però. Altrimenti, io sono programmata e agita dai miei solo per fallire. Da manicomio’.
E ancora, potremmo andare avanti delle ore a citare dei casi:
‘Vedere che la situazione di scacco e di blocco, di paralisi, che sento oggi, è la stessa identica che sentivo da bambina quando mi mettevano in situazioni assurde di paradosso (se faccio come dite voi sto male e se faccio di testa mia, sto peggio), mi ha lasciato tramortita. Sentire che ancora oggi permetto che chiunque altro mi possa bloccare e che io gli dia il potere di farlo, mi fa vedere l’origine di tutti i miei problemi. Io sono andata via di casa 20 anni fa per poi sentire oggi che mi sono sempre protetta, distinta, ritirata, salvaguardata da una brutta vita e dagli agguati dei miei. Non ho fatto altro e quindi non ho vissuto davvero. Non vedo l’ora di vivere allora. Basta. Che cosa sto vedendo oggi di me…! Mi sono solo salvata da un modello che non volevo ma ho sempre e solo sentito quel modello, senza iniziare a vivere la mia vita indipendente, punendomi e relegandomi ogni volta che ci provavo. Pazzesco’.
Pazzesco?
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