Maggiore è l’attenzione che concediamo alle coincidenze,
maggiore è la frequenza con cui ci appaiono,
e quindi maggiore sarà la nostra capacità di leggere i messaggi
che ci trasmettono sulla direzione da dare al nostro viaggio terreno.
Deepak Chopra
Per comprendere il senso della struttura, occorre provare a pensare a quando tornate a casa e nel quartiere-paese-città dove siete cresciuti e vi sentite subito come ripiombati in una vecchia atmosfera fatta di tutto: relazioni, umori, abitudini, equilibri, cose che si possono dire e fare e altre che per carità!
Sentite che è proprio difficile mantenere la struttura che avete così faticosamente costruito negli anni e anni di crescita e scoperte e costruzione della vostra realtà adulta quando le pressioni sono mille e una in più di quelle che possiamo sopportare.
Sfido chiunque a mantenere le proprie abitudini alimentari tornando a casa dalla mamma.
“Mamma, i pomodori non mi sono mai piaciuti”.
“E perché non me l’hai mai detto?”.
E niente. E’ una battaglia persa.
Questo esempio che fa sorridere si esplicita meglio quando cerchiamo di cambiare qualcosa che ci fa proprio star male. Un rapporto che è finito ormai da troppo tempo e a cui penso ancora e enormemente. E ci sono talmente dentro che non riesco più nemmeno a pensare ad un’altra storia d’amore possibile per me.
Oppure se vivo una vita senza alcun senso o interesse per il lavoro che faccio o non riesco a relazionarmi senza sentirmi sempre senza stima né valore. Oppure ancora se vivo di paure, di rabbie malcelate, di insoddisfazioni.
Occorre che io cambi struttura. Riferimenti, pensieri, immagini interne, ispirazioni, tipi di rapporto, praticamente ogni cosa. Si dichiarano gli Stati Generali. Guarda, ho deciso di dare un taglio ad un modo intero di vivere e mi sto facendo aiutare (o mi sto sbattendo da solo) per trovare una strada nuova, finalmente fuori dalle stesse dinamiche di sempre.
Ecco cosa si fa per crearsi una nuova struttura.
No, grazie, non vengo. Cerco di fare altro.
Per prima cosa non si cerca più di risolvere quegli agganci che finalmente vediamo come tali. E qui ne abbiamo parlato nel dettaglio, su che cosa smettere di raccogliere. Se mi sento insoddisfatto, la strada non è più lottare per raggiungere quell’obiettivo e poi quell’altro. Perché alla fine di ognuno sempre insoddisfatto mi ritrovo.
Questo è il lasciare andare di cui abbiamo parlato al punto relativo. Sono le due gambe del nuovo cammino: lasciare andare e costruirsi una nuova struttura, fatta di altri rimandi.
Lasciar andare qualcosa per costruire qualcos’altro. Sempre tra queste due risorse mi muovo. Perché è sul come mai e sulla storia della mia insoddisfazione, che si gioca la partita. Non è più e mai più sul colmare l’insoddisfazione. Perché è una smania interna che va compresa e risolta dentro, e non colmata fuori. E almeno questo risultato ce lo portiamo a casa.
E qui, come vedete, si parte a ragionare fin da subito in termini di struttura.
A che cosa mi riferisco quando sono insoddisfatto? E come la immagino la mia eventuale situazione soddisfatta? E perché a mio avviso non arriva mai, in modo ogni volta ripetuto?
Ci sono due grandi scenari in questa operazione.
A. Il faidate del proprio sviluppo.
B. E il cammino personale e terapeutico assistito e condiviso in terapia.
Entrambi funzionano agendo sulle stesse leve, più o meno, quindi i contenuti sono quelli: abitudini, relazioni ecc. Li abbiamo appena nominati.
Ma i modi sono ovviamente più articolati; provati da decenni quelli della terapia (diremmo e speriamo: di qualsiasi terapia).
A noi ovviamente quel che ha cambiato l’esistenza è stata la Bioenergetica, come prassi, e lo strumento metodologico è consistito nel cammino di Trasformazione del Carattere di Stephen M. Johnson.
Poi i termini, i passi necessari e quelli secondari, la successione, il che cos’è davvero importante, ce lo siamo conquistati ogni giorno verificando ciò che funziona e ciò che invece cambia molto meno le dinamiche personali.
Da qui le 5 Rivoluzioni Bioenergetiche e il Cammino dei 5 Stadi della Trasformazione del Carattere.
Grazie a tutto questo, è stato più facile farlo e spiegarlo, il cammino, intraprenderlo e aggiustarlo via via. Direi che solo così è stato possibile.
Ma in sostanza, qui vogliamo solo ribadire che se io voglio cambiare e non ragiono in termini di struttura, non vado da nessuna parte.
Quali sono i miei riferimenti oggi? E quali sono invece quelli che vorrei avere? Questa è la domanda cardine del processo.
Ad esempio: mi riferisco sempre a brutti pensieri? Negativi e sempre uguali? E invece che cosa vorrei che mi occupasse il tempo e lo spazio? E vorrei che mi riferissi ad uno scenario molto migliore? E come si fa? E inizio a provare. Il Dare Luce si riferisce proprio a questo.
Se lo faccio da solo (è sempre un po’ così, perché l’iniziativa è una gran bella cosa), inizio magari a praticare meditazione o yoga o sport o danza o qualcosa che mi dia atmosfere diverse, appunto. E che mi nutra in modo sostanzialmente migliore. Inizio un nuovo corso che poi mi fa da traino, trascinamento, aggancio importante e concreto.
Il senso che è che abbiamo bisogno come il pane di stimoli così.
Le vacanze sono un ottimo esempio (!). Sono davvero le vacanze migliori che vorrei fare? Oppure non oso nemmeno da anni a pensarle belle come un tempo?
E se mi butto ancora di più, non smetto mai di seguire le indicazioni, le letture, gli spunti, le esperienze e gli esercizi che mi fornisce un terapeuta professionista e abilitato a farlo.
Più spesso accadono entrambe le cose. A volte si sommano, altre volte il cammino personale e quello di terapia divergono e vanno in direzioni diverse e occorre amalgamarli.
F. Ad esempio ha cambiato città e nazione e temperature e lingua e riferimenti. E anch’io insieme a molti altri, ho fatto qualcosa di simile negli anni giovani della mia formazione. La struttura per forze di cose, così, ha dovuto cambiare.
Quindi soprattutto se sei ancora giovane ma non solo, chiediti: tra tanti anni che cosa mi vorrò dire rispetto a questo periodo che sto vivendo, che mi sono battuto come un leone o che ho rinunciato, mi sono lasciato massacrare, arreso alle mie piccolezze o semplicemente abbandonato da solo?
Questo è l’unica cosa importante. L’unico vera attività seria: costruirsi qualcosa, dentro. E’ interiore infatti il cambio vero, altrimenti possiamo star bene solo là dove questo succede per riferimenti esterni, non interiorizzati. E soprattutto non è stabile, maturo, bensì dipendente e eterodiretto.
Quindi va messo alla prova: come è cambiata la mia capacità di relazioni affettive e sessuali? Cosa sento adesso che prima non riuscivo a sentire? Come mi esprimo? Chiedo più aiuto? Mi sento più chiuso o più aperto? Cosa vogliono dire per me questi cardini della struttura affettiva interiore? Insomma, non facciamo altro che parlare di struttura.
Ma come molte cose, non lo diciamo e non ce lo diciamo che occorre passare da qui. E che queste sono domande (domìni) fondamentali.
Pensate a S. Che ha 17 anni. E che non ha praticamente avuto i genitori. E io gli chiedo: che cosa è di tua responsabilità e che cosa no? E lui mi guarda come si guarda qualcuno che ci chieda della cucina nord coreana. E’ questo il senso che vogliamo sottolineare. Che tutto nella nostra vita oggi è molto più veloce e casuale e improvvisato e sembra andare bene così. No, non va bene così. Se non ti chiedi se ami e se sei in grado di amare a 17 anni, poi non te lo chiedi più. E sempre da lì dovrai ripassare, anche a 47 anni, come F. di cui sopra, il quale, tornato al paesello suo, ora fa a pugni con tutto, niente escluso.
Uno dei temi più irrisolti al giorno d’oggi, che angoscia i giovani, i quali si stordiscono e distraggono per non sentire il grande disagio, è: non so proprio che cosa voglio fare della mia vita. Non lo so che cosa preferisco e che cosa non voglio assolutamente. E mi sembra che non lo saprò mai. Totalmente inadatto a pormi persino la domanda.
E questo aspetto è diventato molto comune. E le affermazioni, i riferimenti appunto, sono scarni, stereotipati e francamente buttati lì a caso.
Allora si deve passare per una vera e propria ristrutturazione. Lo sai che siamo nati per trovare uno scopo primario? No.
Allora leggi questo e riempi il questionario e poi ne parliamo.
Lo sai che hai diritto di fare nella vita quello che preferisci? Boh, e comunque non so cos’è. E nessuno dei miei amici lo sa.
E sai che si può scoprire?
No.
Ecco perché è importante parlarne.
Perché sono tutte finestre inedite. Inesplorate. Nessuno se lo chiede davvero e fino in fondo. E in modo articolato e profondo.
Alla fine, quello che le persone sentono dopo aver iniziato a lavorare su di sé è proprio una sensazione di avere una struttura di riferimento che prima figuriamoci.
Da oggi in poi mi ri-prendo più responsabilità, ad esempio, oppure mi angoscio molto meno, sdrammatizzo di più, la smetto di stare a pensare sempre al peggio. E come faccio? Prima di tutto rimetto al centro della vita il corpo e le emozioni. E già così cambio le mie abitudini e i miei riferimenti. E questo è già epocale. Provo poi a immaginare di influire in modo deciso e luminoso su situazioni che prima subivo, o a vivere in modo totalmente distaccato rispetto alle battaglie che sostenevo prima in ogni minuto della mia vita, e decido che non litigherò mai più con nessuno per tutto il resto del mio tempo, prezioso, oppure ancora rimetto in ordine le mie priorità e vivo da oggi in poi per le situazioni che mi donino piacere fisico, emotivo, e pace mentale, e nulla più.
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Hai cambiato i tuoi riferimenti e ti senti diverso? Se sì, non è necessario che la nuova organizzazione della tua vita sia compiuta, anzi, se hai compreso bene il discorso, sarà sempre più aperta perché si nutrirà di aperture e sensazioni più rigeneranti e meno mentali, razionali e faticose da tenere insieme.
Come vedete, è la struttura, la struttura, sempre la struttura che ci sostiene.
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