Scavando ben a fondo nella nostra personalità
rischiamo d’imbatterci in uno sconosciuto.
Michelangelo
La Verità su di Sé è Sempre la Scelta Migliore
Quando scopri la vera immagine di te, hai tutto.
Tutti noi pensiamo di essere meno e valere ancor meno dell’immagine ideale che diamo agli altri. Non è così?
E’ un luogo comune duro a morire.
Eppure, è il contrario. Esatto-esatto.
Quando si inizia ad accettare davvero di voler vedere tutta la verità più profonda su di sé, si scopre con sorpresa che ciascuno di noi è impietoso con se stesso.
E, soprattutto nella terapia di gruppo, gli altri ci rimandano qualità e risorse di noi che ignoravamo totalmente, non vedevamo o in alcuni casi, reputavamo bassissime. E invece, per chi ci circonda, sono perle preziose.
E soprattutto, visto che poi, in una sessione di gruppo, capita sempre che a turno, qualcuno si svaluti, comme d’habitude, allora scatta la solidarietà massima NON a “tirare su” l’altro per compiacerlo e non farlo abbattere, BENSÍ a dargli una svegliata affinché la smetta subito di darsi contro nella solita maniera automatica ed estrema.
La quale maniera, oltretutto, è acquisita in illo tempore e ripetuta sempre uguale, quindi falsa e appunto, automatica.
Anzi, è questo uno degli effetti più benefici dei gruppi:
“Credevo di valere meno di zero… adesso voi mi dite tutte queste belle cose di me.. e mi ci devo abituare… però è vero.. inizio a crederci.. e a capire perché la mia ferita non mi fa vedere per come sono davvero. E’ un effetto straniante. A volte mi sembra di abitare il corpo di qualcuno che non credeva per niente in se stesso. Altre, al contrario, mi muovo come in uno schema corporeo di ‘qualcuno migliore’ che non sono io ”.
E’, del resto, il famoso boicottatore interno della psicanalisi, o il censore, il giudice, come lo chiamano di volta in volta i clienti che vengono in studio a farsi aiutare.
E parla esattamente la lingua della ferita che abbiamo sentito da piccoli e su cui abbiamo costruito la nostra armatura caratteriale, posturale, energetica.
Ma quando ci accorgiamo il più delle volte che ci muove sempre le stesse brutture immotivate e senza vera ragione alcuna, allora lo specchio e la risonanza del terapeuta e del gruppo di terapia inziano a produrre risultati stabili, naturali, evidenti, che lasciano appunto increduli.
Per poi tornare a casa, nel tempo, facendo pace e diventando alleati di questa voce e imponendole di non parlare mai più a noi stessi con il tono di sempre. E di rivolgerci a noi con il massimo diritto al rispetto. Diritto che non si discute più.
“Non mi puoi più parlare così! Non ti permettere! Tu sei me stesso. Sei la mia voce. Sei semplicemente un’altra funzione di me, ma sei sempre me stesso che parla a sé.
E’ questo dialogo interno che deve cambiare! Io sono te e tu sei me. E puoi solo sostenermi, incoraggiarmi e comprendermi! Migliorarmi, certo, ma mai più con questi toni, abituali da sempre. Se no, come facciamo altrimenti a svilupparci davvero?!”.
Il resto, ci rendiamo subito conto, è allenamento.
Ma quando arriviamo alla conferma ogni volta di questa disfunzione di dialogo interno, appresa e rinforzata nei decenni, si inizia già a cambiare sul serio, perché la visione radicata di sé, porta la verità. E la verità su di sé ci fa scalare facilmente qualsiasi montagna.
Siamo fatti così, anime nella corrente:
Se ci sentivamo umiliati, ci umiliamo, se avversati, ci avversiamo, se ignorati, ci ignoriamo…
…esattamente così, non una piuma di meno.
Noi ci facciamo quello che ci facevano da bambini.
Oggi, allora, il problema è dentro, mai fuori.
Quante volte lo abbiamo detto? Migliaia. Perché è proprio così e null’altro che così.
Avete presente quando vi dicono che ce li andiamo proprio a cercare gli “ …‘onzi? “ coloro che tendono ad ignorarci o chissà cos’altro? Ecco: è questo il caso. E lo facciamo solo per abitudine automatica (!).
Ma la meraviglia dell’essere umano è proprio che, una volta espresso con sincerità estrema il nostro modo di sentirci dentro, il vuotissimo diventa pienissimo.
E, da totalmente mancanti, diventiamo totalmente abbondanti. Senza mezze misure. E in 1 solo secondo.
E’ qui che con le lacrime agli occhi per la commozione, ci rendiamo conto davvero che sì, la ferita è un dono. Qualsiasi cosa ci sia capitata, ci ha dato una lezione indimenticabile e resi la meraviglia che siamo. Nessuno escluso. Tutto sta a vedere come e perché, nel dettaglio. Altrimenti resta tutta una velleità. Dirsi: sono una brava persona, non serve a niente. Accettare tutto invece significa, ad esempio:
Sarò convinto profondamente di essere indegno e tenderò sempre a queste dimostrazioni infinite a me stesso di quanto io faccia schifo, ma proprio per questo, se accetto ogni cosa, non posso negare che ho anche questa capacità di autocritica, la quale mi ha fornito di un rispetto incredibile degli altri e di una attitudine a migliorarmi e a lavorare su di me e ad apprezzare tutto ciò che di bello ha la vita. Gli altri mi rimandano da sempre queste mie bellezze, ma io ero così ossessionato che mi ostinavo a non vedere.
E quando realizzi che questa nuova e più vera versione di te, ti coinvolge tanto da farti venire la voglia di realizzarti ancora di più nella realtà, allora sai che sei nella salute e nel benessere.
Il fatto che poi sia facile o difficile non ha più alcuna importanza.
Perché sei già al di là del cammino da compiere.
Sei nel tuo centro. Sei connesso a qualcosa che ti fa pulsare naturalmente.
E che ti fa dire:
ecco perché le mie paturnie non sono più importanti. Adesso mi è chiaro: non sono importanti perché NON rappresentano me stesso davvero. Ma un me stesso antico e infantile e parziale e ferito. Che non sono più. E non lo sono da tanto tempo!
E se mi confino in questa perenne immagine di me così di basso profilo… la mia vera natura arriverà comunque a ribellarsi e a farmi reagire ai boicottaggi che da solo mi procuro!
Perché un sottile fastidio alle mie solite recite, al mio tono lamentoso o presuntuoso che sia, comunque recitato, ce l’ho anch’io, su di me. Lo sento da sempre che non sono autentico!
Se poi questo centro si accompagna ad una pratica corporea, allora il tuo punto fermo è anche nel respiro e nelle emozioni. E la sensazione di benessere è finalmente compiuta, data, senza più montagne da scalare.
Ciò spiega il successo della meditazione o delle mille varianti dello yoga.
La bioenergetica ha -in più- che il suo obiettivo è proprio la connessione, sintonizzazione, con questa centratura, in una meditazione espressiva di movimento.
In questa nuova armonia profonda proprio perché arriva anche a livello corporeo, viscerale, dei tessuti, consiste lo scopo della Bioenergetica e a questo valore aggiunto fondamentale sono rivolti gli esercizi e le esperienze proposte.
Tra l’altro, le immagini più false sono sempre sconnesse, non sintonizzate, vale a dire, arbitrarie, attribuite, senza spiegazione né causa né conseguenza. “Sei sempre il solito e basta!”- ci diciamo. E noi ormai siamo abituati a non risponderci nemmeno più: Ma questo s’impara in terapia. A dirci: “ma scherziamo? E questa qualità? E quest’altra? Non conta niente?!”.
Ecco, arrivati qui, il ballo si fa molto più interessante. E piacevole.
Perché da ora in poi “tutto gira” perché “insieme”, contrapposto al “non gira niente” di prima.
Il conflitto, paradosso e contrapposizione dei due poli era dentro:
Non vali niente/ È Vero, ma non so cosa posso farci.
Qui si valorizza appieno la Tecnica delle 2 Sedie, di cui abbiamo parlato più volte in queste pagine: ci si parla e si discute accanitamente cambiando sedia, confrontando le nostre parti interne, di solito bambina da un lato e adulta/genitoriale dall’altro. E finalmente lasciamo che lo facciano in modo diverso! Senza più odiarsi o ignorarsi tra loro. Ma discutendo in modo acceso fino a trovare una nuova alleanza interiore, che è la condizione di base del benessere.
L’atteggiamento diverso scoperto con un’Emozione che qui chiamiamo appunto Chiave, apre la strada ad un’altra immagine di me stesso, più vera, con i veri problemi e le vere risorse e non quelle che sono solo i terreni di gioco dei temi ripetitivi, sempre uguali.
Stiamo parlando di un giorno che arriva sempre in terapia, come facciamo ogni volta, in queste note.
Ci sono 2 domande che scatenano tale questione di “chi sono io davvero”, ad un certo punto del cammino corporeo bioenergetico.
La prima è:
Da quanto ho iniziato la mia terapia, che cosa ho creato io di nuovo rispetto al passato? Che cosa di diverso, che mi ha “svoltato” la giornata, la settimana, il mese?
Vale a dire: su che cosa ho inciso oggettivamente? Che cosa ho sviluppato in termini di nuove azioni, atteggiamenti risolutori, assertivi e incisivi che mi hanno indirizzato verso il benessere?
Queste alcune delle risposte date da una persona recentemente in terapia:
- Smesso di fumare
- Riorganizzato le mie priorità
- Capito di di dovermi impegnare nelle piccole abitudini
- Cambiato atteggiamento, più fiducioso
- Più dedicato, senza indulgere più
- Ho accettato che non arriva mai niente d’innaturale
- Smesso ogni illusione (speriamo)
Tali verità, se sono vere fino in fondo, scatenano proprio una consavolezza di intensità differente, quando accadono:
“Oggettivamente, devo ammettere che sto meglio grazie ad una direzione presa da me e dai miei comportamenti quasi senza sforzo, naturalmente, direi.
Questo, beh, mi cambia la considerazione di me stesso: non sono solo il peggio che sento da sempre di me. Sono anche questa persona che fa belle cose e sta sempre meglio. E può indirizzare la propria vita.
Ora tutto sta a non dimenticarlo”.
E lentamente, ma inesorabilmente, queste due verità:
1. mi sento sempre lo stesso di prima ma anche colui che avanza e ha risorse che non vedevo prima…
e 2. devo ammettere che grazie a questa consapevolezza, ho interrotto sempre di più i miei circoli viziosi e mi sto boicottando sempre meno. ….
… mutano drasticamente la prospettiva interiore. L’immagine che ho di me e della vita.
Nel frattempo, una seconda domanda posta nel cammino terapeutico, arriva a comporre un ulteriore passo in avanti:
Qual è l’immagine di me che avrei sempre voluto avere? Ed ho sempre inseguito invano?
Queste le risposte della persona di cui sopra:
- Il realizzato
- Il visto, il considerato
- Il “fa le cose giuste”
- L’amato e mai ripudiato dai miei
- Quello bravo
- Il degno di stima e di amore, a prescindere.
A questo punto viene data l’istruzione di volgere ogni elemento dell’elenco nel suo contrario. Vale a dire, rispetto all’elenco superiore:
- Il mai realizzato
- Il non visto, non considerato
- Il “fa le cose sbagliate“
- Il ripudiato dai miei
- Quello che può ammazzarsi di fatica, ma non sarà mai abbastanza bravo
- L’indegno di stima e di amore, a prescindere.
perché funziona dirsi questo contrario e accettarlo?
Perché, se da sempre inseguo il mio ideale di me, allora vuol dire nella realtà sento il contrario… ed è solo invece questa verità totale che conta.
Sono anche questo me stesso negativo, e va molto bene così, perché è la verità che mi sento così, ma non è la verità che io lo sia, quindi lo posso accettare. Ogni giorno.
Quel che sento di me non è mai quel che sono realmente, all’inizio del cammino di terapia.
E bisogna abbandonare le immagini ideali e compensatorie e stare con quel che si ha e si è concretamente.
Quando anche questo passo è compiuto, la stessa persona dell’elenco di cui sopra ha ammesso:
“o continuerò a vedermi così, cioè totalmente inadeguato, come faccio da sempre …-ma in questo modo riconoscerei solo una parte di me-…
…Oppure vedo e valorizzo la verità: io sono entrambi i due poli di me.
E adesso capisco perché le persone e le situazioni continuavano a rimandarmi messaggi del tipo: sei prezioso per tutto questi motivi, che solo adesso mi riconosco davvero.
La verità, amici miei, è che noi ci vediamo parziali e diversi da ciò che siamo realmente. E la vera immagine di sé è basilare per un benessere stabile e duraturo.
Solo così posso sterzare, virare, indirizzare la vela al vento verso ciò che mi fa bene. Ed è a quel punto che mi accorgo che il più è fatto.
E’ questo tutto ciò di cui avevo bisogno.
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Visione Radicata: 37. Specchio Spezzato delle Mie Brame
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