L’Accettazione è una Catastrofe

Accettare, all’inizio, è utilizzare il metodo della catastrofe.

Affrontare una volta per tutte che si realizzerà, anzi, si è già realizzata, la peggiore delle ipotesi possibili.

E’ proprio così, drastica e tout-court. E da prendere con leggerezza e buon umore. Perché è tutta una stupida illusione che fa ridere, a renderci sempre incerti e paurosi su ciò che può accadere.

Siamo stati educati, alla titubanza.

Allora diamo per scontato che andrà malissimo e bon, godiamoci l’avventura.

Conosco questo atteggiamento e i suoi benefici fin dagli anni ‘80. La mia tesi di Laurea aveva proprio questo sottotitolo: Tecniche di Induzione della Creatività.

E la Tecnica della Catastrofe era proprio una di queste.

Se sono angosciato da qualcosa che continua a rovinarmi la vita, tanto vale smettere di resistere a questa paura!

E accettare una volta per tutte che andrà nel peggiore dei modi… -e vedere come ci sentiamo.

Il problema è proprio questo! Farla finita con il resistere!

Che cosa potrà succedere mai se va malissimo? E stare con ciò che sentiamo in profondità.

Ma attenzione! Occorre starci con le emozioni e le immagini interiori! Calarci nella situazione. Chiudere gli occhi e muoverci nello spazio e nel tempo con quella ipotesi -la peggiore!- già realizzata!

Come ci sentiamo davvero, minuto dopo minuto?

Fatto?

Ora, alla fine, ripartire considerando che, tutto sommato, possiamo sopravvivere eccome. E anche con sollievo per qualcosa che smetta di roderci.

Aver fatto tutto il giro delle emozioni. Questo è il nostro tema irrisolto.

Non più trattenere fino a che… non sappiamo più nemmeno perché resistiamo.

Venne allora spontaneo, all’inizio della mia attività terapeutica, far utilizzare questa attitudine ai miei clienti. E nei decenni è poi diventata una tecnica sempre più concreta e utile per cambiare stato d’animo e vivere molto di più nel benessere quotidiano.

Accettare il Metodo della Catastrofe è come una meta-accettazione.

Facciamo un esempio. Provate a pensare a tutte le volte che vi è successo: ho capito che qui non ci posso più stare, che non mi va più bene, che non ne posso più. E -di colpo!- mi chiudo, e sono ostile, ritirato, irritato, polemico. E adesso basta! E ho sopportato troppo! E questa cosa qui è da anni che non mi va più!

– Che succede? Vi chiedono.

– Succede che ho visto tutto chiaro! E mi sono rotto definitivamente di tutta questa situazione!

E iniziate ad opporvi a tutto e a tutti! Che si sappia! E ne siete anche orgogliosi! Qualsiasi cosa accada non mi terrò più niente dentro!
E cosa ne ricavate
Che gli altri vi mandano letteralmente affantastico.
E tutto diventa sempre peggio.
Non abbiamo allora la minima certezza che questo capire sia sufficiente.

Anzi, se siamo qui, a questo punto, il motivo che questo è il livello e il punto al quale meritiamo di essere.

E sono le persone e le situazioni che ci rispecchiano, sempre, in ogni momento, adattandosi a noi. Alle nostre immagini interne.

Gli stronzi, come li chiamiamo spesso, sempre più stronzi, si presentano proprio quando siamo più insofferenti, non è così?

Perché in quei momenti siamo noi, per chi ci incrocia, che stiamo facendo gli stronzi, senza accorgercene, tutti presi dalla nostra lotta di emme.

Solo quando le onoriamo al massimo, queste persone, perle o immondizia che siano, ringraziando per la lezione, allora l’universo in forma di altre persone e altrettante situazioni nuove, ci permetterà finalmente di attrarre atmosfere migliori per noi, in armonia, semplicemente.

Noi facciamo spesso l’esempio del Naufragio nell’Oceano. Mettiamo che hai capito che non è in questo mare che devi nuotare e che il tuo destino non sia nemmeno il nuoto…

…ma se lo capisco solo grazie ad un naufragio in un oceano…

…allora posso inalberarmi quanto mi pare, ma sempre nuotare devo, e solo cercare con tutto me stesso di adattarmi all’acqua che mi circonda in quel momento e allo stile di nuoto richiesto e migliore per avanzare in armonia con l’ambiente, qualsiasi esso sia.

E tanto più alte sono le onde, quanto più devo adattarmi. Null’altro. Solo cercare di aderire il più possibile alle leggi delle onde e della natura appunto.

C’era la storiella delle tre morali, che diceva appunto: quando hai la merda fino al collo, che te fischi?! Statte zitto, no?!

Solo dopo, al termine, verrò premiato, con una nuova possibilità dell’esistenza.

Ma sarò premiato per quanto mi sarò adattato al meglio! Non per quanto avrò mandato irrimediabilmente in crisi le relazioni con le cose e le persone che mi circondano.

Abbiamo fatto l’esempio del mare, ma la metafora vale per qualsiasi cosa!

Dalle malattie invalidanti e ogni tipo di altro trauma possibile.

Arriva sempre qualcosa a darci la sveglia, se non ce la diamo da soli. E ci dimostrerà che ci stiamo opponendo alla natura! E possiamo solo smetterla. 

Questa condivisione da parte di una cliente mi evoca proprio tali concetti:

Ciao, come stai? Bene? Oggi nuova svolta molto dolorosa: ho continuato a leggere e rileggere i bigliettini (dell’accettazione, nda) e questa cosa nei giorni scorsi mi ha dato molte forze, energie e una buona serenità.

In questi e ore però ho avuto delle prove di teatro con un regista che ammiro molto e, nonostante abbia provato a ripetermi “mi sentirò sempre e comunque una merda, seconda in tutto, inutile perché imperfetta”, beh…ci sono ricaduta!

La mancanza di una continua approvazione da parte di questo regista (ciliegina sulla torta è stato il fatto che abbia chiesto all’altra attrice che lavora con noi di partecipare in un altro spettacolo che farà l’anno prossimo) mi ha completamente abbattuta e stravolta! Oggi abbiamo fatto solo tre ore di prove e sono state tre ore di tortura! Non mi sentirò mai realizzata, ok, ma allora come me la costruisco una vita? Soprattutto se so di non essere in grado di fare questo lavoro qua, che amo? Cosa farò quando avrò 60 anni? Come riuscirò a vivere? Come riuscirò ora a risolvere tutte queste paure che mi bloccano e a fare davvero l’attrice?

Le ho risposto:

L’Universo in forma degli altri, dei registi e delle cose, se ne frega altamente di quale mestiere vogliamo fare.

Se stai con la peggiore delle ipotesi, e sposi la catastrofe, aperta e in ascolto, allora ti colleghi prima alla sofferenza della tua ferita che hai da sempre. Nel caso tuo è la sensazione di non meritare di essere vista. Cosa c’entra l’essere attrice? O contabile o qualsiasi altra professione? Nulla. Non sarai mai l’attrice preferita perché non lo sei stata da bambina, da parte dei tuoi genitori. Punto. 

Sará sempre così. La peggiore delle ipotesi. Non sarai mai vista. Non riuscirai a campare facendo l’attrice. Dallo per scontato. Ma va bene lo stesso!

Avrai però così accesso ad una energia, un motivo e una forza diverse, che si nutre di altre motivazioni, finalmente al di là di qualcosa di irrisolvibile. Arriverai alla condizione preziosa che si chiama scopo primario. E allora camperai comunque. Soprattutto facendo l’attrice, se a quello sei destinata. 

La verità ce l’hai sempre con te in forma della storia di Nureyev che hai trovato su Facebook e mi hai detto che conservi nel portafoglio.

Quando qualcuno crede in sé stesso nonostante la paura di non farcela, rischia certo di fare un tonfo, ma verrà comunque messo alla prova e costretto a mostrare la verità: ce la fai davvero?

Quando qualcuno non crede in sé stesso, nonostante le evidenze che potrebbe farcela, verrà comunque tenuto nell’angolo e condannato a chiedersi: davvero non ce la fai?

   

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