Vivere bene è la miglior vendetta.
George Herbert
Se non hai provato a cambiare vita almeno una volta, come fai a sapere se è questa l’esistenza per te?
Il caso di Federica mette in evidenza proprio una check list di domande da porsi per scegliere il corpo:
Come mai mi sento di nuovo bloccata, nei miei soliti meccanismi?
Per lei è piombare di colpo nella paura, ansia, preoccupazione.
E nelle solite domande: come ne posso uscire?
Ma vale per tutti. Ognuno ha le proprie.
Perché mi sento di nuovo senza forze?
Cosa posso fare?
Dopo averne parlato, ciclicamente, Federica adesso sa che -se cerca di capire ogni volta che cosa le accade- in realtà sta solo procrastinando il problema, il blocco, la stasi.
Non c’è niente da capire, come non c’è niente da risolvere.
E’ solo un atmosfera-ricordo, insita nella storia e nel nostro corpo, che riaffiora, via via che stiamo sempre meglio, come qualcosa che avevamo rimosso, e adesso abbiamo la forza di ricordare e riaffrontare.
Lowen fotografa bene questi meccanismi universali che ciascuno di noi si trova ad affrontare:
Se nell’infanzia una persona ha subito una perdita o un trauma che mina i suoi sentimenti di sicurezza e di accettazione di sé, proietterà nella sua immagine del futuro l’esigenza di un rovesciamento delle esperienze del passato. Così l’individuo che da bambino fa esperienza del rifiuto si immagina il futuro come una promessa di accettazione e di approvazione. Se da bambino ha dovuto combattere con un senso di impotenza sarà naturale che la sua mente compensi questo insulto all’io immaginandosi un futuro in cui egli sarà potente e capace di esercitare il controllo sugli altri. Nelle fantasie e nei sogni ad occhi aperti la mente cerca di rovesciare la realtà sfavorevole e inaccettabile creando immagini e sogni. Perde di vista la loro origine, che si situa nell’esperienza infantile, e sacrifica il presente alla loro realizzazione. Queste immagini sono scopi irreali e la loro realizzazione è un obiettivo irraggiungibile.
Alexander Lowen, La Depressione e il Corpo, pag. 25
Pertanto, Federica ha solo da coccolarsi fiduciosa, non mollare gli atteggiamenti diversi…terzi rispetto a:
1) abbattimento
2) lotta per non abbattersi
3) e che riguardano invece situazioni che ormai ha sviluppato, che le danno piacere, coinvolgimento, leggerezza. Senza più pagare alcun prezzo, bensì come semplice diritto acquisito.
Fosse per lei, lo sa, si richiuderebbe in un attimo e non vedrebbe nessuno per settimane…
Ecco: attraverso la pratica, diventiamo osservatori della fenomenologia di noi stessi, di ciò che ci accade realmente:
e tracciamo il sentiero della conoscenza personale, profonda.
Tanto lo sappiamo che è ‘sempre la stessa canzone’.
Eccone una compilation, di altri casi veri, di testimonianze effettive:
– “Periodicamente, torno a sentirmi insoddisfatto. Anche degli esercizi, anche di questa pratica settimanale. Se gli do retta, so che non faccio altro che alimentare il senso di non risoluzione di niente. Ma perché mi lascio sempre coinvolgere in queste considerazioni? Mi sfiniscono!” (Tratto Rigido)
– “Alla fine anche qui, nella classe, faccio di tutto per farmi riconoscere. Quindi dev’essere insito in me. E’ come se andassi a cercare riconoscimenti proprio dove non li posso avere. Anzi, mi scatta nei confronti di situazioni e persone che meno mi riconosceranno, a prescindere da qualsiasi mio sforzo. Pazzesco!” (Tratto Narcisista)
– “Ho capito… al termine degli esercizi, sentendomi meglio, ho capito: fosse per me, la mia struttura mi porterebbe a stare per i fatti miei, a non avere rapporti se non sporadici e appena sufficienti a non farmi sentire un orso troglodita. Ma non li voglio, in realtà, i rapporti. Eppure, se mi costringo ad aprirmi, a provare piacere, a sentire il corpo, a condividere situazioni con gli altri, sto bene-bene, e di colpo mi sento parte e che tutto va meglio. Incredibile” (Tratto Cerebrale).
– “Riconosco, tra le righe, quanto il mio corpo mi riporti all’umiltà e alla modestia e quanto gli esercizi mi diano la regola, la legge di natura, il non perdere la bussola. Perché altrimenti io sarei bravissimo ad ingannarmi, questa è la verità. E a ripartire per chissà quali strade, illusioni, progetti infiniti” (Tratto Narcisista).
– A volte non mi accorgo di quanto mi manchino gli esercizi. Poi torno alla classe di Bio e taac: mi sento addosso quanto mi è mancata e quanto piano piano, se non pratico, torno a richiudermi nelle mie abitudini, nei piccoli vizi… e lentamente mi isolo, ingrasso, ritornano ad attirarmi le sigarette, mi sento invidioso, insoddisfatto… come un mondo intero che riprenda il sopravvento (Tratto Orale).
– “Sai che cosa ho capito? Che la Bio è una specie di tagliando, che ogni tanto sono obbligato a fare, se no, mi ritrovo come so, stremato, affaticato, perennemente sacrificato. Allora è meglio che mi costringo a farlo tutte le settimane. Perché così tutto gira” (Tratto Sottomesso).
Questa è la pratica corporea. E questi sono gli effetti.
Ogni struttura di carattere risulta da esperienze infantili che, in una certa misura, hanno minato i “sentimenti di sicurezza e di accettazione di sé” dell’individuo. In ogni struttura di carattere troveremo perciò immagini, illusioni o ideali dell’io che compensano questa offesa al sé.
Quanto più il trauma è grave tanto maggiore sarà l’investimento di energia nell’immagine o nell’illusione, ma in tutti i casi si tratta di un investimento considerevole. Comunque, l’energia dirottata sull’illusione o sullo scopo irreale non è disponibile per la vita quotidiana nel presente. Risulta dunque menomata la capacità di far presa sulla realtà della propria situazione.
Alexander Lowen, Bioenergetica, pag 156.
Qual è la sensazione della mia ferita, che da sempre voglio compensare senza riuscirci mai? Questa è allora un’altra delle domande fondamentali.
Ricapitolando, si inizia:
1) mettendo un po’ di corporeità nella nostra vita. Come posso ritornare ogni volta al corpo? E possiamo anche restare in questa frequentazione maggiore-minore, alternata, per sempre. Sarà comunque meglio. Ed è molto comune nella nostra realtà. Ma può facilmente evolvere nel:
2) mettere il corpo al centro. E le emozioni che da questa centralità derivano; le sensazioni profonde e gli ascolti dei segnali che la nostra struttura carattero-muscolare ci dà.
Come posso invece -meglio!- ripartire ogni giorno dal corpo?
3) E quando siamo qui ed ora, tutto gira, tutto quadra, perché sappiamo con fiducia che prima o poi tutto il puzzle di ‘sta vita sgarrupata, si risolverà improvvisamente.
Cosa sento ora esattamente? Cosa mi agita? E cosa mi piace al contrario, e mi fa bene? Quale domanda interiore mi ha provocato questa emozione?
4) Ecco: scopro allora che la pratica comporea è imparare a passare la palla. Ma a quel me stesso più saggio, completo, accudente, che non ho ancora sviluppato pienamente.
Come posso sviluppare un dialogo interno strutturato, dove la mia parte bambina e quella adulta si parlino e si rispondano realmente? Lasciandomi così la sensazione di progressione, struttura, coerenza e costanza?
Accetto, alla fine veramente, che non posso tenere sempre tutto sotto controllo e passo, mi affido a qualcosa e qualcuno che mi risponda, mi rispecchi, mi sollevi e mi rimandi se sto andando bene o male. E mi faccia sentire rigenerato, come cerco da sempre.
E mi accorgo con sollievo enorme che questo qualcosa è il mio sistema mente-corpo-emozioni e questo qualcuno sono io attraverso il mio corpo e le sensazioni che mi rimanda.
E’ il mio corpo il compagno prezioso, che prima non sapevo di avere. Sono io. E’ quello che io chiamo me stesso. E se i miei genitori fossero stati come io avrei sempre voluto, questo mi avrebbero insegnato: a fidarmi e affidarmi totalmente a me stesso.
L’impegno della crescita implica un impegno nei confronti del corpo. Molti oggi sono affascinati dall’idea
della crescita – il movimento potenziale dell’umanità si basa su questa idea – e si dedicano a varie attività che mirano a promuovere la crescita della personalità. Queste attività possono recare
vantaggio: ma se ignorano il corpo possono anche diventare giochi interessanti, magari divertenti, ma mai seri processi di crescita.
Il sé non può essere disgiunto dal corpo e la coscienza di sé non può essere separata dalla consapevolezza del corpo. Per me, almeno, la via della crescita è quella del contatto con il mio corpo e della comprensione del suo linguaggio.
Alexander Lowen, Bioenergetica, pag 100.
Leggi l’articolo correlato: Mettere al Centro il Corpo
Torna a Emozione Corporea e Pratica Bioenergetica: Riepilogo
- Le Sessioni di Esercizi di Bioenergetica
- Promozioni Bioenergetiche
- Guarda il video: L’esperienza Bioenergetica
Se ti piacciono queste note, visita la pagina Facebook