Sii eccitato ed entusiasta dei tuoi stessi sogni.
L’entusiasmo è come un fuoco nella foresta –
puoi odorarlo, sentirlo, e vederlo da un miglio di distanza.
Denis Waitley
“Chissà cosa t’inventi questa volta, papà…!”.
Non mi invento niente e m’invento tutto, come sempre- risponde Michele, il padre.
L’importante è che il racconto sia utile.
Un attimo di silenzio, e poi Aldo, il figlio più grande, tira il cuscino alla sorella Amelia, come ad intimarle “ben ti sta!”.
Lei glielo ritira a suo volta, entrambi ridendo.
Va bene? Cominciamo?- incita Michele. Si sistema meglio sulla sedia e inizia il racconto:
Allora, avete presente Eirin, la sorella di Janir, in ragazzo della storia precedente?
(Per conoscere i personaggi, Ciri, Janir, e il Furetto, si veda La Parabola della Fonte Nascosta).
“Quella più grande? bella, in gamba, inarrivabile?” esclama Aldo.
Amelia lo colpisce alla gamba. Entrambi riprendono a ridere.
Esatto.
Lei.
Ecco, sull’onda dell’effetto sul fratello, anche lei qualche stagione dopo si recò da Ciri e dal Furetto a sottoporre il suo problema.
Quando la vide entrare, Ciri restò sorpresa dalla fiera bellezza della ragazza, di aspetto libero e selvaggio.
Aveva tanti capelli di colore rosso scuro e un’eleganza naturale, con l’aria di chi sa che cosa vuole.
Ciri glielo disse.
“Ma non è vero per niente! Tutti mi rimandano sempre la stessa immagine di me, ma io non mi sento affatto così. Anzi, adesso ho proprio tanta paura di non saper letteralmente come mandare avanti la mia vita”.
Ciri le fece un gesto che voleva dire ‘calma, andiamo con ordine’:
“Ti va di dirmi tutto dall’inizio?”.
“L’inizio è già la fine. L’Amore non Basta”.
“Non basta a che cosa?”.
“A vivere bene se non si sa vivere”.
La ragazza fece una pausa e poi spiegò:
“Anzi, l’amore, quando ti accorgi che non sei in grado di viverlo, rende tutto impossibile, perché se non puoi godere l’apice della vita…”.
Ciri la guardava in attesa, paziente.
“Voglio dire -fece lei- che io stavo bene, molto bene ed è vero, avevo molti ragazzi a cui piacevo, ma io non ci facevo caso. Ero e sono una sportiva, molto sportiva, amo il divertimento e le cose semplici, quindi mi sono sempre detta:
l’uomo che fa per me arriverà senza che me ne accorga e lo riconoscerò. Ogni volta, tranne una, di cui dirò dopo, mi sono divertita accettando la corte dei ragazzi.
Chiunque poteva essere LA persona speciale per me, quella che stavo aspettando.
Ma fino ad oggi, tranne appunto una volta, non è mai successo nulla di così bello e coinvolgente”.
“Ma adesso l’amore l’hai trovato”.
“E’ proprio questo il problema.
Mi sono accorta -proprio con questo amore!- che tendo a ripetere gli errori. Io non mi fido di me, non sono mai contenta di me.
Ho iniziato a vedere i primi difetti in me rispetto a lui, poi ne vedrò altri. Mi convincerò che mi inizi a detestare. E poi ad abbandonarmi ed infine, a tradirmi. E a quel punto il rapporto sarà già bello che finito!
Il mio problema, enorme, è che una volta che il rapporto è sbocciato, io sono comunque rimasta quella di prima.
Vivo di paure. Paura di non farcela, che non riesca a gestire il rapporto, che lui si stanchi di me… Ed inizio ad avere le stesse paturnie di sempre.
Credevo che l’amore mi trasformasse. Invece, dopo un periodo di beatitudine, mi ritrovo come prima, in una situazione molto più difficile e complessa da gestire. E semplicemente, non ce la faccio. Già vedo il disastro imminente…”.
Ciri cercava il Furetto con lo sguardo, ma niente.
Come al solito, chissà dove si era cacciato.
Guardò la ragazza dritta negli occhi e condivise la sua intuizione:
“E questo non ti succede solo in amore, non è così?”.
La ragazza avvampò, si nascose il viso tra le mani e scoppiò in lacrime.
“Com’è la tua vita al di là dell’amore?” Chiese Ciri.
“La mia vita… potrebbe essere… semplice e leggera … ma lo è solo quando corro e gioco”.
Si asciugò lentamente le lacrime.
“Io corro da quando sono bambina. Amo tutti i tipi di corsa e la pratico ogni giorno.
Come pratico la Lotta in Avanti. La conosci, no? E’ la disciplina che si svolge una volta l’anno, nel giorno della festa della Contea.
E noi per quell’occasione ci alleniamo tutto l’anno.
Bisogna spingere l’altro con tutto se stessi. E farlo indietreggiare. Chi va indietro più di tre passi, ha perso.
Ecco, io sono campionessa in carica. E mi alleno, spingo, spingo, spingo…. Eppure, non hai idea dello sforzo che devo compiere, perché non posso perdere mai… e io invece mi sento ogni volta ….mi sento …spossata, così senza forze! Incapace, piena di difetti…”.
“Gli altri sono così tanto migliori di te, non è così?”.
“Esatto”.
“E non importa che alla fine vinci ancora tu?”.
“Rimando solo il momento in cui scopriranno che non valgo e non sono degna.
Ogni volta mi sento spossata. Non m’importa niente di aver vinto.
Ma anche sul lavoro, sono sottosopra. Come tutti noi che lavoriamo alla fornace, subisco le ingiurie e gli umori del Grande Mattoniere, che tu conoscerai senz’altro”.
Ciri annuì.
La ragazza cambiò posizione, come a volersi liberare dei residui del pianto: “e questo mi era sopportabile solo pensando alla corsa, al gioco, alla spinta.
Ora però corro di meno, altrimenti non vedrei il mio fidanzato, e sono angosciata molto più di prima. Arrivo a casa e piango…”.
“Per che cosa?”.
“Per me.
Per il mio rapporto che finirà male.
Per questa atmosfera al lavoro”.
“M perché allora non cambi posto di lavoro?”-la incalzò Ciri.
“Per un motivo importante, di cui mi vergogno.
Ma comunque ci ho provato, ed è anche questa una sorta di maledizione: non ci riesco mai.
Due volte sono stata vicina a trovare un’altra occupazione, ma poi, non sono stata scelta dagli altri Maestri Artigiani del paese.
Per qualche motivo è stata come una sentenza sul fatto che io solo quello posso fare… e solo sotto quel giogo di potere e brutte atmosfere posso stare.
Il motivo, tuttavia è uno solo, non voglio dirmelo, ma è solo quello”.
Si sospese per un attimo, prima di continuare.
“È mio nonno”.
“Chi è tuo nonno?”.
“Mio nonno è GIM, come lo chiamiamo noi, il Grande Insopportabile Mattoniere.
E’ il nostro capo. E io non posso andarmene, tutto qui”.
“Ma tuo padre e i suoi fratelli e sorelle, nessuno lavora lì con lui?”.
“Nessuno. Questo è il motivo.
Sono tutti andati via o hanno evitato da giovani, con una scusa, il lavoro con lui.
Per questo… anche per questo… lui è diventato sempre più irascibile.
Se andassi via anch’io… lui ne morirebbe… anche se sembra insensibile e umorale, anche se sa essere così cattivo con tutti… questa è la verità! E non posso deluderlo.
Una volta progettai di partire addirittura, senza fare più ritorno, all’avventura, nel nuovo mondo, al di là del mare… lasciandomi tutto alle spalle”.
“Ma…?”.
“Ma la notte stessa, rinunciai… non l’ho fatto. Non avrei potuto vivere senza questi posti, le mie abitudini e la mia famiglia”.
Il Furetto finalmente si fece vedere. Era già lì, nascosto? Forse intimorito da così tanta energia?
Ciri lo incoraggiò a farsi prendere in braccio. Lui non si fece pregare. E si rintanò nel profondo del suo ventre.
“Il furetto sembra dire: è una situazione senza uscita”-disse, dopo aver sistemato l’animale.
“Lo è. È così”.
“Com’è nato il tuo amore?”.
“Beh, è nato proprio come volevo che nascesse. Mi sono ritrovata con lui accanto, in modo naturale. Mentre correvo, correva anche lui. In un gara regionale. Parlarci è stato disinteressato, semplice, intenso.
Poi mi sono accorta, nei giorni seguenti, quanto era profondo il suo sguardo e quanto mi trasformava incontrarlo”.
“Cosa è successo invece la volta prima, a cui accennavi?”
“E’ stato l’episodio che più mi ha cambiata.
Avevo conosciuto un ragazzo con cui era tutto incredibile.
Solo guardarlo da lontano mi faceva battere il cuore.
E quando lui si avvicinò, io sentii che gli piacevo.
E questo mi mandò in palla completamente. Balbettavo, non mi riconoscevo, non ero me stessa.
Ma ero molto più giovane e non sapevo niente dell’amore. Pensavo ci si dovesse sentire così.
In più, lui era… diciamo insoddisfatto, un po’ maledetto… viveva contro tutti… ma in conclusione… Lui fu il mio primo uomo.
E io credevo che quella fosse la Felicità.
Ma in molti non mi riconoscevano…
E mi mettevano in guardia e io non capivo.
Quando lui mi lasciò, pochi mesi dopo, io ci rimasi molto male, come una sentenza, anche in quel caso: la felicità non può esistere per me.
Ma fu dopo un’altra stagione che tutto quel rapporto trovò un senso nella mia vita: lui tornò, un pomeriggio, a dirmi delle cose che aveva in sospeso… all’inizio non sapevo perché lo fece… Aveva una grossa fasciatura sulla guancia sinistra…
Comunque, ebbe un impeto di sincerità e altruismo che non aveva mai avuto…
Mi disse che mi aveva tradita da sempre, da subito.
Che tutti lo sapevano. E che molti lo avevano minacciato di dirmelo se lui non mi avesse lasciata stare…
Fu questo a sconvolgermi…
Se tutti sapevano e nessuno mi diceva niente, voleva dire che tutti pensavano a me come a una poveretta… una che non ce la fa!
Infine mi disse, addirittura, che lui rubava, che era stato lui a rubarmi il denaro scomparso una sera… e aveva continuato a rubare… e che le volte che mi dava dei tascapane da tenere per qualche giorno… stracolmi di chissà che cosa…. era tutta merce rubata.
Era la prova che io ero stata usata, tradita, ingannata… e che valevo meno di niente. E agli occhi di tutti!
Era tornato a dirmelo perché gli era uscita una specie di pustola sul viso. E uno sciamano gli aveva detto che non gli sarebbe mai passata, se non veniva a dirmi che cosa aveva fatto e non mi avesse chiesto umilmente scusa.
Ma io la presi in modo inverso, come sempre. Anziché arrabbiarmi, io la prendo sempre su di me, accusandomi! Che ho un destino infausto e che ad altre non lo avrebbe mai fatto”.
“Forse tu sei solo forte”.
“Certo, lo sono, ma vorrei allora non esserlo più e non esserlo mai stata”.
“Adesso quindi ti senti indegna, tradita, e incapace di amare e con un destino avverso da sempre, è così?”.
“Sì, e non so cosa fare, come trovare ispirazione nel vivere”.
Ciri colse il movimento del Furetto verso la finestra e il sole.
E non ci pensò più di tanto.
“Dai luce.
Dai luce dentro di te, mattina, pomeriggio e sera.
Sempre.
E comincia dalle situazioni peggiori e dalle persone che più ti hanno fatto del male”.
“Ma… cosa vuol dire? Cosa devo fare?”.
“Dona loro dentro di te il massimo della luce, emanando una vera e propria energia e buon auspicio che riesci a donare, come una luce bianca appunto!
Falla uscire dalle tue mani! Dirigila verso di loro e lascia che li trasformi! E fallo ogni giorno della tua vita. Vedile di fronte a te mentre le ringrazi per ciò che ti hanno fatto. Elenca in modo anche straziante ogni angheria, tradimento o esercizio di potere che ti hanno fatto. Concludi che è passato e che da questo ho senz’altro imparato…!
E ogni volta congèdati da loro dentro di te, mattina e sera, dicendo: da oggi in poi io vi vedrò dentro di me solo così: come avreste sempre potuto essere. Con il massimo delle doti e del mio ringraziamento e calore affinché realizziate tutto il meglio nella vita.
Vedi il tuo ex, trasformato da te dentro di te -con un fascio di luce che emani tu!… in una nuova versione… molto rispettoso e innamorato, grazie a te, alla tua luce!…
Vedi tuo nonno molto più di buon umore e costante!
E vedi che lo sono entrambi grazie a te e alla luce che tu immagini che arrivi da te a loro.
E infine lo fai anche col tuo ragazzo attuale.
Non importa se questo amore naufragherà o se il tuo lavoro sarà sempre lo stesso. Dallo per scontato! Non importa se invecchierai con le mani nell’argilla della Fornace. L’importante per te è solo dare una luce nuova su tutto ciò che ti preoccupa.
E ripetilo ogni giorno, più e più volte.
Immagina solo che un fascio di luce bianca esca dalla tua mano e investa e trasfiguri questo tuo ex fidanzato mentre si rifà una vita con un’altra donna, di cui non vedrai il viso, potresti essere persino tu ma non ha importanza. L’importante è che tu inondi la persona con questa luce benevola e potente, potentissima.
E poi allarga il meccanismo. Ogni giorno: dopo aver dato luce al tuo attuale fidanzato, ogni giorno, fino a che di viene naturale…
…dai luce per ogni cosa che fai: per andare a bere, a mangiare, a se stessi, agli altri, prima di uscire di casa”.
“Perché devo iniziare proprio dagli uomini? Perché dalle situazioni peggiori?”.
“Forse tu vuoi sapere troppo. Prova a dirmelo tu perché, dopo che hai provato”.
Michele si ferma nel racconto e commenta ai propri figli: c’è un motivo secondo voi per cui occorre iniziare dalle questioni più spinose?
Aldo: “Uffa papà! Con queste domande…”.
Ma senza domande le storie che senso hanno?- risponde il genitore.
Aldo: “Perché quel che continua a ripresentarsi ci porta una lezione?”.
“E se non la cogliamo, tutto continuerà a ripetersi?”- conclude Amelia.
Però! Caspita! Da dove vi viene tutta questa saggezza?!
Ma chissà, continuiamo e vediamo.
La ragazza sembrava disorientata, ma in ascolto.
Ciri senti che il furetto con il muso premeva ripetutamente sul suo grembo. Allora terminò:
“Non ho finito. Il furetto vuole che tu faccia ancora una cosa.
L’esercizio che ti chiedo non è finito. È nello spingere, la chiave di tutto.
Anche negli allenamenti in cui spingi, non farlo mai più per vincere.
Mai più.
Spingi verso un obiettivo. Concreto. Non considerare mai più l’altro, l’avversario. Spingi solo guardando fisso qualcosa al di là delle spalle di chi spingi. Pensando che quello è tutto ciò che vuoi. Sentendo che lì, ad esempio arrivata a quella lampada, c’è tutto ciò che desideri. Pace, serenità, te che corri felice.
Ora vai…
E vedrai che correrai di nuovo leggera…!”.
La porta si spalancò 3 mesi dopo.
La ragazza che entrò era diversa eppure proprio lei…
Il sorriso, l’energia e la padronanza erano contagiosi.
Ciri si bloccò nel vederla entrare:
E lei scoppiò in una sonora risata e iniziò a raccontare.
“Lo sai che primi tre giorni volevo morire?!
“Sì, ma adesso siediti, ragazza mia, che mi metti agitazione. Accomodati e racconta”.
“Dicevo… i primi tre giorni, un disastro! … Poi hanno iniziato ad emergere.
Sogni, emozioni, rabbia, ricordi…. E ho sentito che stava succedendo qualcosa!
Ho fatto un sogno in cui lottavo con una tigre. Lei stava per sbranarmi e allora io le davo luce e lei sorpresa, mi guardava, si metteva a ridere e mi gettava via di lato con una zampata, senza però sbranarmi.
Più i giorni passavano e più piangevo. Era come se spurgassi qualcosa.
Mi sentivo disperata. Il mio ragazzo mi vedeva come malata. Non capiva e io non dicevo niente. Il nostro rapporto è troppo recente perché possa metterlo in discussione, ma indubbiamente vedeva un’altra persona accanto a sé.
Io mi sono limitata a dirgli che questa è la parte più profonda di me”.
“E lui?”.
“Aspettiamo – ha detto. Aspettiamo. Ha detto proprio così. Aspettiamo. Per fortuna”.
“Comunque, in breve?”- chiese Ciri.
“In breve mi faceva così strano entrare in quella brutta atmosfera del lavoro, al mattino, gestita da mio nonno, l’Intrattabile.
E poi la sera immaginare grandi archi di luce che trasformano ogni cosa, sapendo che poi nella realtà, la mattina dopo, non sarebbe cambiato niente.
Ma perché mi fa fare una cosa del genere?- mi dicevo.
Che senso può avere?
E solo la mia testardaggine mi ha fatto continuare”.
Ciri scoppiò a ridere e commentò:
“Funziona infatti ancora di più con le persone più testarde. Questi sono problemi da persone testarde. E possono essere risolti solo grazie alla stessa testa dura.
Ma al contrario del senso comune. Con un bel paradosso, appunto!
Quando c’è stato, il cambiamento?”.
“Quando è successo il botto. L’episodio peggiore che potesse succedere. NONNO GIM si è accanito proprio contro di me, per un motivo inesistente, ma questa è la prassi”.
E allora ho sentito che mi veniva finalmente spontaneo dargli luce! Chiudere gli occhi proprio mentre gridava. E inondarlo lì davanti a me, di un’energia bianca, fortissima, tanto più forte era la sua voce. E notare subito dopo che lui faceva fatica ed entrare dentro di me con le sue accuse, e che il mio senso di colpa non partiva nemmeno!
E alla fine -finalmente!- non mi sentivo sbagliata.
Questa scoperta che mi ha fatto vacillare per il sollievo!
Ho capito che cosa intendevi per ripetizioni ogni giorno senza senso apparente: il meccanismo doveva entrare in funzione, a far parte di me, in modo automatico.
E non ho sofferto, quel giorno, di niente. E soprattutto, lui non si è scusato, certo, ma sembrava farlo nei gesti e nell’atmosfera… atmosfera che -da quel pomeriggio- incredibilmente, è cambiata.
Non ci potevo credere: ma sembrava avesse ricevuto una lezione. Lui, non io”.
“E gli altri?”.
“Gli altri, è vero, mi guardavano in modo diverso”.
“E poi?”.
“Poi è cambiato tutto.
Ho creduto nel meccanismo di dare luce…e ho iniziato a farlo su tutto e tutti. Sul mio fidanzato soprattutto… ogni giorno.
Ed è successo che lui mi ha fatto un regalo bellissimo, un monile su una collana, tornato da un viaggio nella capitale. E’ stato incredibile per me! Dicendo di me il contrario di quello che mi sento! Che sono sicura, una forza della natura… che gli metto pace… insomma! Bello! Ma soprattutto, effettivamente, mi è mancato meno, e ho sentito che dar luce mi faceva sentire più forte, meno in mancanza, senza più brutte immagini.
Col tempo, ho iniziato ad insegnare il dare luce a tutti coloro che me lo chiedevano, al lavoro. E in breve, sono successi due episodi, dove tutti, nessuno escluso, siamo scoppiati a ridere… il primo addirittura per un buffo rumore provocato da uno di noi, che poteva far pensare che avesse emesso aria dal sedere.
E il silenzio di tomba consueto, è stato addirittura rotto da due sonore risate di tutto l’ambiente di lavoro. Cosa inverosimile, fino a pochi giorni prima.
Funziona, allora -ho iniziato a dirmi. E così via, giorno dopo giorno, sono diventata una specie di Maestra di Luce.
Ma stavo solo eseguendo un rituale, in modo anche scaramantico, una procedura che mi preservava dal troppo dolore.
Quello che è successo di diverso, davvero, è accaduto nello spingere.
Era l’ultima cosa che ancora facevo come prima. Prima di venire qui.
Ma incredibilmente, perdevo, ogni volta. Non sapevo più vincere? E solo perché avevo preso a dare luce?Allora iniziai a spingere come avevi detto tu.
Che è una forma anche quella di dar luce.
E cambiava tutto.
Mi sono accorta così di una rivoluzione:
Se spingi per vincere, alla fine, ti senti comunque spossata, sia che vinci sia che perdi.
Se invece lotti -non per vincere!- ma per i tuoi desideri, ti senti in pace, soddisfatto perché ce l’hai messa tutta e fino in fondo.
E non ti senti mai sfinita, bensì stanca ma piena, sia che vinci e sia che perdi.
E soprattutto, spingi di più!
Aspetta… ma allora… mi sono detta una mattina… La conseguenza è:… vale la pena vivere questa vita, la mia vita!
Vale la pena essere me!
E questo ha cambiato tutto.
Mi ha fatto schierare con la Luce.
Allora, mi sono messa dalla parte della luce, semplicemente.
Ho capito: se mi schiero dalla parte della luce, allora tutto il processo che fa andare tutto bene nella mia vita, si attiva.
Se reagisco dando luce, SEMPRE, sento che valgo, e di colpo, accade il miracolo, quel che stavo cercando”.
“Che è…?”.
“E’ semplice: posso avere tutte le difficoltà che voglio con il mio amore e il mio lavoro e la mia esistenza e… e… ma se mi sono ormai schierata dalla parte di ciò che ho visto che funziona, e che rende intensa e migliore la mia esistenza, allora ci provo con tutto me stessa… mi concentro solo su quello e non mi interessa più se…”.
Si alzò di nuovo in piedi, spinta dall’impeto delle parole.
“… non mi interessa più se ci sono ombre, incomprensioni, lontananze e addirittura, se il rapporto, il lavoro, le amicizie e l’amore finiscono.
L’importante è che io ci metta sempre tutta me stessa per vivere, intensamente, questa giornata, questo momento.
E se sono concentrata e coinvolta su un punto specifico, conta solo quello e il mio sentirmi viva!
E mi è venuto per esempio in mente… a me! Non ci posso credere! … Che fare un bambino allora sarebbe davvero l’apoteosi della vita!
E c’è di più: è il boicottaggio il problema. E’ l’aspettarsi che vada sempre tutto male, la cattiva abitudine, la recita.
La vita non funziona così”.
“E come funziona?”.
“La vita funziona dando luce. Accendendola con la luce!
Aspettandosi il meglio, sempre, in ogni momento.
E nulla ti toglie questa forza primordiale.
Ti riporta alla verità. Alla Leggerezza e Profondità insieme.
Il Segreto è: Inizia a dare luce, sempre, con il massimo della fiducia ed entusiasmo! E solo dopo troverai per che cosa lo stai facendo! I Figli, gli altri, il lavoro, la tua missione, l’altruismo, qualsiasi cosa!”.
“E nessuno te la può più togliere, hai detto”- commentò Ciri.
“Esatto! Conta solo l’intensità di oggi, ogni giorno”.
“E la corsa?”
“Ecco! Sai che a me piace correre! Ma mi sono vista nella verità!
Posso correre spenta e non andare da nessuna parte.
Oppure accesa e arrivare dappertutto.
E non importa essere accesa per qualcosa.
Perché questo qualcosa lo trovo dopo! Solo se decido che corro entusiasta e aperta e fiduciosa. Accesa, appunto!
Il senso è che c’è sempre un motivo per essere accesi!
Se lo so, mi illumino a prescindere!
E questo cambia tutto!
Adesso corro anche quando non corro! Perché il sangue mi corre dentro!
Perché sono illuminata per principio.
E questo mi fa correre le emozioni nel corpo.
Ecco che cos’è la vita”.
Seguì un momento di sospensione, carico di significato, in cui si guardarono respirando a pieni polmoni, colpite da tanta intensità.
Tanto che il furetto scappò letteralmente via, impressionato da tutta questa energia.
Notando la sua corsa, entrambe scoppiarono in una sonora risata!
Allora, capito in che cosa consiste la vita? -commenta Michele sorridendo.
Al silenzio dei figli, prende un cuscino in mano, si avvicina ai ragazzi e anticipa la risposta:
Consiste nell’andare a dormire! -esclama, mentre prende a menare cuscinate, alle quali i figli prontamente rispondono iniziando una vera e prorpia bagarre tra le risate e le urla.
Forza! A nanna!
Preoccupata, arriva la madre dei ragazzi:
“ehi, ma che succede?! Siete diventati matti?!”.
“E’ la luce, mamma! E’ la luce!!”.
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