- Mai farsi prendere dai pensieri della ferita. Il primo passo è sempre non credere a se stessi, quando ci diciamo cose infinitamente penose e sempre uguali. Basta, una volta per tutte. Mai più crederci. Mai più alimentare.
- Il secondo è: mai identificarsi quando si sentono sempre le stesse paure, o derive o pensieri malsani. Ego-distonia mentre prima era ego-sintonia totale. Non mi identifico più con il limite. Mai più. Le guardo da fuori, non vivo più le angosce terribili e le tragedie, credendo che siano vere. Quindi, se il primo passo è non credere ai pensieri ossessivi della ferita, il secondo è mai più identificarsi con l’angoscia e la tragedia, e sdrammatizzare, ogni momento, ogni giorno.
- Esprimersi Sempre. Il terzo: parlarne sempre, tirar fuori, condividere, non vergognarsi mai. Con chiunque. Meglio se con esperti.
- Alimentare il lavoro costante di ascolto interiore. Il quarto passo risolutivo è farci costantemente un lavoro interiore sopra, che cambia, evolve appunto solo se sento continuità nella consapevolezza delle mie dinamiche. Quindi dal benessere che non abbandono mai. Non per star bene solo un minimo e poi chissà.
- Rendersi conto che solo la consapevolezza ci fa sentire benessere. Il quinto è rendersi così conto che noi esseri umani addirittura sentiamo di star bene solo se ci percepiamo nel solco della consapevolezza interiore che progredisce. Questo è il segreto preziosissimo. Cercare di stare non solo meglio bensì sapendo come si fa e perché funziona. E poterlo ripetere. Questo ci dà la reale gioia coinvolta.
- Sentirsi in relazione davvero con gli altri solo se si è in relazione con se stessi. E ciò arriva ‘a ricasco’ sulla relazione. Va da sé infatti che l’ ‘attacco’ al lavoro sulla ferita investe anche la relazione, ogni relazione, e ci fornisce un rimando sul fatto che siamo dentro o fuori le relazioni, proprio rispetto a se sentiamo o non sentiamo progressione, scambio e consapevolezza interiore. Consapevolezza e relazione sono direttamente proporzionali.
- Comprendere il segreto che la relazione vera è basata solo sullo scambio di progressioni personali. Quindi relazione d’amore, d’amicizia, di lavoro, famigliare, o di terapia, funziona solo se siamo nel solco dello scambio di consapevolezza e progressione prima di tutto interiore. Al contrario, ogni relazione non funziona se siamo bloccati dentro, piantati sul posto. Pensate un po’ alle conseguenze notevoli di questo assunto di base. Per questo le vere amicizie nascono quando facciamo insieme delle esperienze forti, in cui ci mettiamo in gioco totalmente.
- Scegliere l’intensità totale del bambino. Pertanto: o io decido che vado avanti avanti avanti comunque e sempre, e sono totale come quando ero bambino e lo sono anche con te, ‘altro’, chiunque tu sia, dando per scontato che siamo identici e destinati a tutta la gioia possibile e allo scambio più proficuo possibile, oppure mi tengo, trattengo e intrattengo sempre con le stesse atmosfere di prima. E non scambio più niente con nessuno.
- Decidere la via proficua e progredente, fuori dal blocco. In terapia, ci sono pertanto due grandi modus operandi. Quando la persona di fronte è bloccata nella ferita. E quando invece il nostro cliente è finalmente inserito nella relazione proficua e progredente. Con sé e con gli altri. E glielo facciamo notare come punto di alleanza notevole. Connessi con il terapeuta e attraverso lui, alleanza vitale con se stessi.
Ricapitolando:
- Mai farsi prendere dai pensieri della ferita.
- Mai identificarsi quando si sentono sempre le stesse paure
- Esprimersi Sempre.
- Alimentare il lavoro costante di ascolto interiore.
- Rendersi conto che solo la consapevolezza ci fa sentire benessere.
- Sentirsi in relazione davvero con gli altri solo se si è in relazione con se stessi.
- Comprendere il segreto che la relazione vera è basata solo sullo scambio di progressioni personali.
- Scegliere l’intensità totale del bambino.
- Decidere la via proficua e progredente, fuori dal blocco.
In una recente seduta di gruppo, ha colpito tutti noi quanto abbiamo tutti un limitatore che ancora tenderebbe a compromettere e a relativizzare il lavoro su di sé:
A. Continua a condividere quanto senta ogni volta ancora di dover fare fatica, una fatica incredibile negli esercizi corporei e nelle esperienze emotive. Tutti noi allora ci alziamo in piedi e recitiamo davanti a lui la stessa recita, camminando nello spazio, mettendo in evidenza il ridicolo del suo atteggiamento, che lo limita di nuovo come sempre. E lui alla fine si mette a ridere di sé come tutti. Con una preziosa informazione svelata a se stesso.
B. Continua a condividere quanto sia preoccupata per una questione fisica oggi, che le impedisce di vivere serena. Sta meglio, sempre meglio, per carità… ma sa che è la preoccupazione di turno, mentre prima era il lavoro, prima ancora le relazioni… e sono tutte preoccupazioni che a giro ritornano.
E noi ci alziamo e mettiamo in evidenza, tutti insieme camminando, questo suo giro infinito, e le facciamo il verso, inducendo in lei e in noi la verità: possiamo abbandonare tutti la recita di questa nostra fandonia che ci raccontiamo. E vivere pienamente.
E così facciamo per C, che è sempre alle prese con la convinzione che certo, può star bene, ma facendo sempre un’attenzione minuziosa, smodata, ossessiva, a non abbandonarsi nelle relazioni e a trattenersi nel coinvolgimento. Perché poi tutti ti fregano.
E con D, che ogni volta non crede mai di potersi così coinvolgere e vivere pienamente. E ogni volta invece si scopre nella gioia e nel coinvolgimento.
E infine con E, che fosse per lei, tenderebbe sempre a stare nel rammarico del livello che non riesce a raggiungere piuttosto che nella pienezza del risultato gioioso e giocoso e di piacere totale che può raggiungere.
E’ così che alla fine di questi rispecchiamenti, ci alziamo e ci prendiamo per mano e ci salutiamo saltando e gridando a squarcia gola Grazie Grazie Grazie, infinitamente coinvolti e con la luce negli occhi finalmente liberata.
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