Mi scrive una giovane cliente a proposito dell’emergenza virus:
“Non so se sono più triste, frustrata o arrabbiata per la situazione causata dallo stato di emergenza. Mi sento morire dentro e non ce la faccio più a condurre così la vita. Non mi importa più nulla delle conseguenze, mi attengo a stare isolata perché “è così che si deve fare”, ma dentro mi sento morire. Il mio dolore cresce, la mia vitalità si spegne, non riesco a fare niente se non ad abbandonarmi nel mio stato di dolore.
E mi sono arrabbiata molto e rattristata. Non mi importa più di niente, solo di tornare a vivere, perché mi fa male stare così.
Mi mancano le persone. Mi manca il divertimento, le serate, la compagnia, l’ufficio, Milano, bioenergetica, zumba.
Mi manca la mia vita perché questa non è vita e sento di stare scivolando in una depressione.
Sicuramente ho bisogno di fare una terapia, perché così non va bene”.
Ecco, credo che questo messaggio renda bene la sensazione che molti di noi avvertono. E cioè:
d’accordo, c’è una crisi in atto. Ma io non posso stare così.
Le ho risposto, come rispondo a tutti noi:
Possiamo solo abbracciarci forte, come fossimo il genitore che si prende cura di noi.
E lo dico anche a voi.
Parlati.
Lenisci la pena.
Vaglia tutte le opportunità per far star bene la tua parte bambina.
Considera il corpo.
Una pratica quotidiana.
La scrittura.
La lettura.
Qualsiasi arte espressiva faccia al caso nostro.
Il colloquio intimo e lo sfogo con una persona.
E poi con un’altra.
E un’altra ancora.
Anche solo per telefono.
La cosa positiva di questo periodo, è proprio quanto apprezzeremo -dopo, alla fine- il ritorno agli abbracci e ai contatti e alla libertà. Che abbiamo dati per scontati troppo a lungo.
Non possiamo fare altro, come per ogni trauma o brutta esperienza, che concentrarci su piccoli atti simbolici e vitali che ci facciano sentire di nuovo e integrati e in progressione.
La questione importante di questo periodo di emergenza, come abbiamo già scritto in Aggredire il Trauma, è che dobbiamo appunto aprirci e andare verso qualunque cosa ci succeda, ad gredior vuol dire andare verso, non andare contro. Occorre accogliere e abbracciare l’emergenza e la crisi, non rimuoverla o lasciarsi deprimere, mai e poi mai, altrimenti qualsiasi emergenza aggredisce noi.
2 considerazioni sono necessarie:
- L’emergenza non passerà facilmente. Non è una questione di 1 o 2 mesi, purtroppo. Speriamo, ma nulla sembra indicarlo.
- Allora occorre attrezzarsi, prendere tutte le contromisure, ovvio, ma una cosa è certa: la terapia, corporea ed emotiva, o se volete l’autoanalisi, la consapevolezza di sé, è fondamentale soprattutto in questo momento.
Allora dobbiamo farci carico di queste due istanze.
Perché c’è sempre un senso prezioso in ciò che ci accade.
Questo periodo così particolare, può far riscoprire
– a qualcuno come e quanto non sappia occupare il proprio tempo per se stesso
– mentre a qualcun altro come non riesca più a provare emozioni e così via.
Ci sono solo 7 tipi di trauma.
- Lutto
- Malattia
- Tradimento / o la fine di un amore
- Perdita del lavoro
- Violenza personale
- Panico
- Incidente
Oggi se vogliamo, possiamo aggiungerci quello dell’emergenza sociale, come del resto è già successo in casi ben più gravi, come i terremoti.
Ma in sostanza, ad ogni brutta esperienza, ciascuno di noi ritorna al proprio carattere, cioè alla ferita, che è il modo tipico, tutto personale, imparato nell’infanzia, di percepire quel che accade, spesso disfunzionale.
In realtà, la ragazza che mi ha scritto, queste cose le sentiva anche prima e i punti scatenanti erano le relazioni con i genitori e i colleghi. E lei lo sa benissimo.
Non è cambiato niente, amici miei. Il dentro è sempre più importante del fuori.
Il fuori non esiste. Pur grave e oggettivo che sia. E’ ogni volta una rappresentazione di ciò che alimentiamo dentro.
Non esiste una sola emergenza virus. Ne esistono tante quante sono le nostre paturnie su ciò che crediamo stia succedendo. E ce ne convinciamo.
Quel che accade ci rimanda sempre le nostre stesse difficoltà.
Saperlo, fa la differenza sostanziale tra star bene e star male.
Il senso di ciò che ti accade è in ciò a cui ti obbliga.
A cosa ti obbliga quel che ti sta capitando? A te nello specifico? A guardarti dentro? Ad ammettere che dovresti reagire diversamente? Come?
Proviamo a rispondere. Per iscritto o mentalmente: a che cosa mi obbliga questa emergenza?
Prendiamo allora questo periodo di allerme sociale per lavorare su di noi e sulle nostre tendenze ad abbatterci o a sentire che non ce la possiamo fare o chissà cos’altro ancora.
Racconto sempre di quei due colleghi tra loro, che vennero a farsi aiutare perché entrambi avevamo perso il posto. Licenziati da un giorno all’altro.
Eppure, il primo di loro due, pensava che l’azienda lo avesse lasciato a casa perché non era stato bravo abbastanza.
Mentre il secondo, invece, perché l’azienda ce l’aveva con lui.
Ma il vero motivo era banalmente di costi aziendali, in una decisione globale, mondiale, di quella che era una multinazionale.
In capo a pochi mesi, entrambi divennero consapevoli che queste sensazioni ce le avevamo da sempre e in ogni ambito. E la terapia li fece star meglio e in modo stabile.
Conta solo il “dentro” e il lavoro di consapevolezza che ci facciamo. Il “fuori” non conta niente. E’ sempre una proiezione di ciò che coltiviamo internamente. E se coltiviamo brutte o belle sensazioni, fa la differenza.
Una prova di questo consiste nelle due immagini che seguono.
Rappresentano un esercizio che abbiamo fatto una settimana prima dello scoppio dell’emergenza virus, nei gruppi di terapia che ogni giorno svolgiamo qui dentro da sempre. Quindi non c’entrano niente con il blocco totale che stiamo vivendo.
Eppure, guardiamole. Sembrano proprio riferirsi a quando sta succedendo.
Nelle prime foto c’è un elenco di risposte ad una prima domanda.
La domanda infatti -dell’esperienza proposta in terapia- è stata:
In che cosa non mi posso più permettere di stare?
Vale a dire: in che cosa indulgo troppo e so essere una mia tendenza che ho da sempre?
E che -lo so- non mi fa bene per niente?
In quale sensazione, posizione di vita, relazione con me e gli altri, non mi posso più permettere di indugiare, non posso più alimentare, e crogiolarmici dentro?
E queste che vedete sono alcune delle risposte.
E poi, nell’altra parete, al contrario, le persone sono state invitate ad appuntare che cosa invece sanno che possono fare per non stare nel loro pantano.
E anche qui, ho detto loro: aggiungete la “chiave” più importante per sé.
Per cui, fatelo anche voi a casa: tanto non potete fare granché d’altro.
- A che cosa, la situazione di emergenza, mi riporta?
In quale stato d’animo che non mi posso più permettere? - Perché è mio e con l’emergenza non c’entra niente, ma me lo fa scattare come altre situazioni problematiche?
- E che cosa posso fare concretamente, ogni mattina, per non starci?
E avremo così due punti di appoggio utili per noi:
a) quali stati d’animo non posso più permettermi di coltivare
e b) che cosa posso fare invece tutte le mattine di risolutivo per me.
Nell’immagine seguente, i risultati di questo lavoro per un’altra persona che soffre proprio l’emergenza virus.
Ecco qui, fratelli miei.
Il fuori non esiste.
Per cui, mi chiedete: che cosa posso fare in questo periodo di emergenza?
La risposta è sempre solo una:
Cogli l’occasione per lavorare su di te ed essere consapevole dei tuoi meccanismi.
E piano piano non stare più nei tuoi soliti blocchi e atmosfere.
Ma non colpisce anche voi? Le persone si lamentano sempre della mancanza di tempo. E della fatica che sono costretti a fare.
E invece guardate adesso: molti di noi stanno a casa, per questa emergenza generale. E alcuni con un’infinità di tempo a disposizione. E non riescono a goderselo. Non sanno più come si fa.
Chiediti allora come mai. E come tu ti boicotti e come puoi invece tornare a godere del tuo tempo.
Chiediti:
- Sto scrivendo o leggendo quel che da tanto vorrei?
- Cosa posso approfondire che mi interessa e mi darebbe di nuovo la carica?
- Posso essere più a contatto con il mio corpo? Con il mio piccolo spazio sportivo, seppur limitato, con una mia pratica di benessere?
- Mi sto esprimendo in modo emotivo con un’arte qualsiasi o con il mio hobby, tralasciato per troppo tempo?
- Ho fatto i paragoni corretti per ritrovare le giuste proporzioni? Per esempio: se tutto questo fosse successo per un terremoto e non avessimo più la nostra casa?
- Perciò: cosa mi porta a rivalutare della mia vita questa emergenza?
- Che cosa non mi fermo mai ad apprezzare come dovrei?
- Chi posso chiamare per telefono per quella comunicazione così importante che non trovo mai il tempo di fare?
- A chi altri posso scrivere una lettera anche solo virtuale per dirle: ti ringrazio perché… ?
Ecco. Vedrai così che tutto, persino l’emergenza, può rivelarsi preziosa per tornare ad entusiasmarsi e a respirare a pieni polmoni.
Io -e molte altre persone come me- sono anni che non facciamo altro che farci queste domande, tutte le mattine, all’interno di una pratica corporea ed emotiva.
E funziona. Provare per credere. Non limitatevi solo a giudicare e a pensare.
Provate, agite, muovetevi, proprio come facevate da bambini. Senza riflettere.
Scrive William James, uno dei primi psicologi ad interessarsi del nostro potenziale e delle crisi:
Quasi tutti gli uomini vivono fisicamente, intellettualmente o moralmente entro il cerchio d’una parte assai ristretta del loro essere potenziale. Fanno uso d’una piccolissima porzione della loro coscienza possibile e in generale delle loro risorse spirituali, più o meno come un uomo che contraesse l’abitudine di usare e muovere, del suo intero organismo, soltanto il dito mignolo. Situazioni d’emergenza e crisi ci dimostrano che possediamo risorse vitali assai superiori a quanto supponessimo.
Cerchiamo allora di far tesoro di questa situazione critica.
Uno dei corsi che tengo da più anni in azienda si chiama proprio “Mai Sprecare una Buona Crisi”.
Chi sta meglio con se stesso, sta meglio anche in periodi di emergenza.
Questa è l’unica verità.
Ed è molto meno preda del panico, degli allarmismi, e delle psicosi collettive, e delle polemiche infinite su come gestire la crisi.
Pensa allora solo a stare meglio, sempre, internamente, ogni giorno un po’ di più.
Conta solo questo. Non conta solo il tuo dito mignolo.
Quindi ricapitoliamo:
20 VERITA’ PER NON ENTRARE IN CRISI
1. NON SERVE SENTIRSI IN PAUSA. Anzi …
continua la lettura:
Caro Marco,
da tantissimo nn ti scrivo ma leggo spesso le tue mail.
Oggi ho finalmente il tempo di risponderti!!!!
Sono felice di questa crisi, ovvio, nn per le difficolta’ e la sofferenza di chi sta male, ma per il tempo nuovo che abbiamo a disposizione. E’ vero ci lamentiamo sempre, io riesco a essere piu’ stanca in questi giorni barricata in casa che quando esco e lavoro tutto il giorno. Mi assale una bulimia di cose da fare, da apprendere, da sistemare, da buttare. Si, da questa crisi credo che ne uscirò più leggera!
Grazie x le tue domande che mi fanno riflettere!
Caro Digiovanni, sei una benedizione, un inesauribile fonte di positività e speranza, che Dio ti benedica!