Ah, mettersi a vento è una delle metafore che più mi ha colpito negli anni, almeno al pari della metafora del tennista.
Poi la vela è diventata uno dei grandi amori della mia vita.
Se volete sapere che cos’è la felicità, immaginate un gruppo di una dozzina di persone che fa bioenergetica su una barca meravigliosa in un mare spettacolare, in un’atmosfera magica. E avrete già solo immaginandolo, un ritorno incredibile di che cosa possa rappresentare.
Ma questo è venuto dopo. La metafora del mettersi a vento mi accompagnava già da decine di anni, tutte le volte che solo sento che qualcuno si è messo a vento. Può essere una persona che ha intuito che al refluo di quella relazione ci si poteva affidare. Che sarebbe diventato un vento di poppa, calmo e sicuro. Oppure lo sguardo dell’intuizione di chi ha una deriva, una scarto di lato. E prende e va.
O ancora quando assisto al piacere di qualcun altro per un lavoro che ha realizzato un’occupazione bambina, pura, semplice, immediata, e per questo portatrice di buon vento per tutto il resto della vita.
Oppure una semplice attitudine all’apertura, a sentire l’aria che tira verso la scelta giusta, in ogni ambito dell’esistenza. Scegliere in questo caso un atteggiamento generale di disponibilità, generosità, riconoscenza, che poi trascina tutto il resto. Come un vento, appunto.
Lo capisci da uno sguardo, da un respiro, da una modalità di ascolto, da un generale modo di porsi, di affidarsi a qualcosa.
Penso a persone precise in questo momento, mentre scrivo, che hanno scelto di mettersi a vento, il loro vento, quello in cui hanno creduto fin da subito, come un istinto.
E penso certo anche a coloro che questo vento lo hanno ritrovato in terapia. Che forse vale ancora di più, poiché, dopo, la botta di vita consapevole, è ancora più potente.
E anche qui, ho di fronte i visi, le storie, le metafore raccontate. E mi emoziona pensarle ancora che seguono i loro alisei. Non sapevano nemmeno cosa fosse quell’istinto. Poi lo hanno scoperto. Poi si sono allenati a sentirlo. E infine ci si sono lasciati andare.
Da ciascuno di questi, palpitando insieme, ho copiato, mi sono ispirato, ho imparato, mi sono confrontato, per respirare ogni piccolo segreto della loro scuola di vento.
Questo si fa nei gruppi di terapia. Quando qualcuno scopre una buona ispirazione, ecco che tutti se ne avvantaggiano. E’ una specie di magia. Un soffio che si trasmette.
E accenno soltanto per un istante a tutti coloro che sono entrati nella mia vita portando un vento che mmhhh, ho subito percepito che non era buono. Che c’era qualcosa che avevano creduto essere la svolta e poi era stata sempre e solo pura burrasca.
E la cosa curiosa, quando sbagli vento per così tanto tempo, è che più t’infrangi sugli scogli e più t’impunti. Come una vespa su un vetro. E credi che cambiare e investire su un altro vento, atteggiamento, intuizione e smettere questa cosa così importante per te, ti faccia naufragare definitivamente. Mentre in realtà ti salverebbe letteralmente. L’esatto contrario, all’opposto della verità.
Quanto siamo curiosi noi esseri erranti.
Ha ragione il detto tibetano: dov’è il vento quando non soffia?
E’ sul viso di chi lo sta cercando lontano da dove soffia. Dove si vede che non c’è e si fa notare per la sua assenza.
Di solito il vento si sente con le emozioni. Senza emozioni non c’è vento. Il vento di buon auspicio non è nell’universo della razionalità. Non si può raggiungere rimuginando.
L’intuizione è emozione.
L’emozione è vento.
Emozionarsi allora del vento e nel vento è il primo passo.
E s’impara. Tutti prima o poi l’hanno da imparare. Lasciare da parte il pensare e iniziare a sentire.
E forse una missione che mi sarebbe piaciuta poteva essere quella di cambiare il vento alle persone. Con un gesto magico. Questo sì. Questo no. Questo naaa, manco a parlarne.
Credo che tutto sia iniziato quando ho scoperto il grounding e il corpo, una sera, per caso assoluto, accettando un invito ad una classe di prova di Bioenergetica, 22 anni fa. Sentire le ansie delle persone e le soluzioni trovate al momento nel corpo e nelle emozioni, e rispecchiarle con le tue, e respirarci insieme e camminarci accanto, ossequiosi e rispettanti. Questo è stato.
E non posso, non posso proprio, ringraziando dal cuore che sgorga, non ricordare la traversata a vela dall’Elba a Capraia, di notte, nel buio totale, durante un’ondata di caldo chiamata Caronte, con la sensazione incredula che avevamo tutti che quella fosse la pace, vera, assoluta, intensa e folgorante, come il vento caldo che ci sosteneva. E che la scelta di essere lì e non altrove era stata il buon vento.
Se tutto è iniziato una sera, accontentandomi delle sensazioni del corpo, ed è proseguito poi seguendo sempre lo stesso istinto, e se così si trovano queste sensazioni, allora accontentarsi emozionandosi e ringraziare ogni giorno, è tutto, è la strada per il proprio vento.