(Questo articolo è la continuazione de: La Finzione della Ferita).
Per buttarsi in una vita intensa e gioiosa, giova molto la tecnica dei post it. Ad esempio: prendiamo qualcuno che si appunti e possa rileggere molte volte una serie di note con le frasi più profonde e disvelanti pronunciate da sé stesso in terapia:
Io non posso vivere oggi quasi per niente solo perché
mia madre non mi ha comprato un gelato 42 anni fa.
Sentite come questo ci sveli nel nostro assurdo?
Guarda che è proprio così.
Oppure: Io ho interrotto la mia vita così tante volte -e bloccata totalmente da un anno- soltanto perché mia mamma 30 anni fa mi portava a giocare all’asilo con i bimbi -anziché scegliere di tenermi con sé- e anche se a me mi piaceva tantissimo, ho iniziato a godere di far star male lei e me.
E facevo di tutto per non godermelo. E oggi mi oppongo a tutte le altre soddisfazioni: ogni volta che mi sto coinvolgendo tanto, sia nelle relazioni che sul lavoro, devo come interrompere tutto, pagare un prezzo enorme, appunto. E alla fine facendo stare male me e chi mi sta accanto, ogni volta. Per questo mi ritrovo sempre solo. Pazzesco.
Se lo so, il prezzo non lo pago davvero più. Fino in fondo. Sentendo che quella parte che c’è e si è sentita ferita, oggi va non solo coccolata, presa tra le braccia e amata incondizionatamente, ma va anche convinta totalmente a non scioperare, a mangiare con gusto e vivere con trasporto. Ed è questo è il compito degli adulti. Prendersi carico delle proprie parti insoddisfatte. Punto. Tornare a rischiare di perdere l’ultimo autobus della notte per le ritrovate passioni, divertirsi come se non ci fosse un domani, coinvolgersi oltre la soglia di ciò che prima chiamavamo ansia, sentirsi puri e puliti, fluidi e spontanei, con i gesti effettuati finalmente fino in fondo.
Cosa diavolo di altro vuoi fare quando sei adulto se non prenderti cura di te? Ancora andare appresso allo sciopero e all’abbattimento e alla distruzione totale?
Ma ti vedi che sguardo hai quando dici queste cose?
E perché invece con tuo figlio di 12 anni sei un padre irreprensibile? Cosa dici? Per recitare e per portare avanti la recita solo per amore per lui?! Ma non è vero! Perché lui e la sua educazione che proprio tu gli impartisci hanno ragione. Perché i tuoi hanno fatto così con te! E hanno fatto bene! L’asilo ti ha nutrito enormemente. E’ il contrario: tu vuoi cullare dentro di te questa ipotesi che hai fin da piccolo: che sei stato tradito e stai sempre tradendo. Che nulla vale niente. Che è tutta una recita. Che tutti ti abbandonano e ti tradiscono. Che non meriti. Che sei un impostore. O chissà cosa cos’altro. Ba-asta.
Quando lo riceviamo forte e chiaro, il messaggio, la vita muta di segno. Lo sguardo si scioglie. Letteralmente. E i nostri clienti iniziano a vedere la propria vita di oggi per le meraviglie assolute che è in grado di regalare.
Si gettano nel burrone della gioia. Finalmente. Di cui prima avevamo enormemente paura, come fosse un burrone, appunto. E ora lo affrontano con allegria immediata.
Il mio caso personale
La mia fantasia, ad esempio, la mia creatività, la mia possibilità illimitata di uscire da piccolo, e fare proprio tutto quello che volevo, era reale. E le paturnie, le liti, la violenza vissuta in casa, certo, erano reali anche quelle, ma non erano per niente preponderante. Il cappello di affetto e abnegazione totale di mia madre Angelica, era così squillante, evidente e avvolgente, che io ero circondato da affetto e generosità e riconoscimento dentro e fuori casa. E ancora oggi io sono così circondato da affetto e riconoscenza, che è la stessa mia nei confronti degli altri. Ed è la medesima impressione che ho della luce di cui appare circondata la nostra famiglia e nostra figlia Angelica (e speriamo che la grazia della nonna l’accompagni da lassù per tutto il resto della sua vita).
E tutte le difficoltà che comunque c’erano, mi hanno spinto ancora di più alla creatività e alla generosità e al gusto delle relazioni profondamente costruttive. A non sprecare mai più l’esistenza come avevo visto fare tra quelle quattro mura. Questo sono io.
Ma -eccolo il punto!- negli anni della ferita sapete quando mi rammaricavo? Ma perché mi vogliono tutti così bene se io non valgo niente di niente?!? E perché non valevo? Perché avevo avuto troppa paura, mi dicevo. Quindi c’era qualcosa di inadeguato, di fallato, in me. Sia perché in casa non andava tutto bene. E sia perché una parte della famiglia non mi vedeva nemmeno. ‘Quindi avranno ragione loro. Se non mi vedono, se ho troppa paura, di loro e del mondo, vuol dire che non merito nulla’. E mi paralizzavo esattamente come i miei clienti di oggi.
Ma in quale casa va sempre tutto bene?! E non vedevo che avere paura giustificata mi aveva reso molto sensibile. Non certo il pauroso irrecuperabile come io ero convinto di essere. Questa è stata la mia analisi.
Volete esempi di chi si rovina la vita e ci mette un impegno quadruplo per riuscirci? Avete capito perché? Perché è talmente falso quel che perseguono che il gesto negativo, di deriva totale, ha da essere eclatante e totalmente fuori dagli schemi, per poter dire: visto che non meritavo niente? E’ un vero e proprio gioco al massacro. Si veda Imprimere la Giornata, dove riportiamo diversi casi di queste derive inaccettabili.
Pertanto occorre stare attenti. Ci sono solo due reazioni:
– o lo so che vivo un’esagerazione, io in prima persona, e mi alleo con la parte di me che vuole uscirne
– oppure cavalco inconsapevole la ferita. Poi posso farlo in modo on-off, alternato, e lieve, confuso e faticoso ma più o meno in un normale disagio. E perché vivere a metà, comunque?!? E perché sentirsi doppio, per decenni?
Ma la cosa più importante è: se la cavalco in modo esasperato, la ferita, con il mio stile drammatico e disperato, le conseguenze sono nefaste e mortifere, come abbiamo visto appunto in Imprimere la Giornata. E pure ridicole, grottesche viste da fuori, come figure tristi che recitano un ruolo, una parte, un eccesso, realmente convinte di una fiction, vestendone addirittura i panni, le vesti, dei personaggi che recitano.
Adesso, lo so, vi si chiariscono un sacco di casi incontrati e visti. Ad esempio vi si illuminano tutti i momenti in cui vi siete sentiti falsi, ridondanti, sempre nelle stesse alternanze e insoddisfazioni futili e fini a se stesse.
Quindi ricapitoliamo che è meglio. Se no voi feriti andate a fare le pulci a qualsiasi schema pur di restarlo (feriti):
Gettarsi nel Burrone della Gioia
Qualcosa è successo.
A tutti.
A chi più a chi meno.
Si chiama vita.
Ma è successo anche qualcosa di bello.
Spesso di molto bello.
Possiamo solo recuperare (tutto) il bello, completamente e fino in fondo.
A prescindere da qualsiasi livello di brutto ci sia capitato.
Questo è l’assioma, la diga, il concetto cardine.
La prova sono le nostre capacità che tutti ci testimoniano e nessuno dei feriti si sente ancora pienamente di possedere legittimamente.
(Basta. Ammettilo. E non ci tornare mai più. Parti dal fatto che vali tanto anche se non lo senti).
Pertanto la terapia non è consolarsi rassegnati e viverne le conseguenze. No.
Mai.
E’ svelare l’arcano nel più intimo dettaglio e liberare totalmente la gioia, la soddisfazione, il potenziale e l’affermazione del paziente. Che appunto paziente non è più. Per questo di solito si preferisce chiamarlo cliente. Per il rispetto reciproco e la posizione di vita sana e realizzata che può vivere ogni santo giorno da oggi.
Vai alla continuazione: Perdere i Chili dall’Anima
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Seguito di questo articolo: Mai Farsi Prendere dalla Ferita. 9 Passi per la Pienezza.