E finalmente arrivò il giorno in cui il mio terapeuta mi disse:
traccia un cerchio davanti a te e tienilo sempre presente, in ogni passo che fai.
Puoi essere soddisfatto solo e sempre dentro questo cerchio che ti circonda.
Mai più in un sogno in un altrove.
Solo da quel giorno, la mia vita è cambiata davvero.
Siamo destinati a realizzare sempre i sogni degli altri.
Non i nostri.
Nel senso che ciò che realizziamo è sempre il sogno di qualcun altro, e raramente è il nostro. Perché, quando lo realizziamo, non lo consideriamo più sogno, ma normalità. Se e quando lo realizziamo, è perché è già diventato normale per noi viverlo.
È un altro degli aspetti curiosi dell’esistenza.
Ciò che stiamo facendo ogni giorno da decenni è già il sogno di qualcun altro. Sempre. Mentre noi lo stiamo vivendo passando a sognare chissà cos’altro per noi.
E qualcun altro lo realizzerà, quel sogno. Non noi.
Il fatto è questo.
Accade ciò che reggi, non quel che sogni.
Ti arriva quel che è semplice e normale per te. E ti sta bene addosso.
E quando puoi portarlo avanti con tutte le energie e il piacere possibile.
E ti dà soddisfazione questo modo di sentirti vivo. E il giorno dopo allora ti va di continuare. Questo vuol dire che il nostro lavoro (o la nostra relazione) ci sta bene addosso.
Allora occorre avvicinare il sogno alla realtà come se fosse già oggi e vedere se quadra. Se no, non è cosa.
Ciò significa addolcirsi, ammorbidirsi, e trovare che la felicità la si lascia arrivare. Ci si apre alla felicità che c’è già, non la si cerca chissà dove. La felicità non è da raggiungere. La felicità è da imparare a sentire, dentro.
Mentre invece quello che spesso, direi molto spesso, noi diciamo di desiderare, ha a che vedere con ciò che ci manca, cioè ci fa paura come abbiamo visto abbondantemente, se mi permettete il gioco di parole.
Se non lo reggi oggi e ti stai preparando da una vita per domani, desiderando intensamente che arrivi il premio, non arriverà. Mai.
Quello non è un desiderio, è un sogno senza fondamenta, un’illusione che porta alla delusione.
Un vero desiderio è molto corporeo, concreto, viscerale. La senti bene la differenza.
Il sogno è lì, il desiderio è qui.
Quindi noi continuiamo a coltivare i nostri sogni contro ogni pronostico, e va bene così, per certi versi è naturale. Ripeto, lo abbiamo visto in tutta la serie sulla mancanza e la paura che finalmente si abbracciano.
Ma la felicità, quella serena, è rendersi conto di questi equilibri delicati.
Quel che sappiamo fare bene e ci piace fare in un certo senso corporeo e realizzativo è diverso da ciò che vorremmo saper fare bene, che realizzerebbe tutte le nostre fantasie fin da quando siamo bambini, ma che non ci viene facile e ci mette una piccola o grande ansia anche solo provare a realizzare davvero.
Fatto sta che in questa danza metropolitana nessuno racconta la verità e tutti noi davvero tutti coltiviamo sogni e a volte ci massacriamo per realizzarli.
E ci massacriamo ogni giorno in cui non ci riusciamo.
Un matrimonio e dei figli che in realtà non arriveranno, o abbandonare al contrario un matrimonio e dei figli in cambio di una vita solo pensata a tavolino, la quale porterà solo la conseguenza di valorizzare quello che avevamo e che non abbiamo più, per quanto ci manca. Perché solo nella mancanza sappiamo stare.
Oppure un banale cd di canzoni che realizzi le proprie ambizioni, ma solo stampato e auto prodotto. Perché altrimenti un allarme ci abbatte se proviamo a realizzarci davvero. E così libri, poesie, corsi di teatro, o da modella, stage di scrittura, cinema e disegno e pittura. Per non parlare della cucina, oggi tanto in voga.
C’è una battuta trovata credo su Twitter che dice:
Io sono uno scrittore. Ho un blog.
Io Sono un pilota. Ho uno scooter.
La verità è che la mancanza invade piano piano la nostra vita e ci rende l’esistenza, fuori, piena delle mancanze che abbiamo, dentro.
E la divisione in due poli diventa il problema. Realtà e fantasia si oppongono e ci tirano come due azimut, due lune, due maree.
Ecco, sono delle espressività bellissime e che ci completano. Basta però sapere e approfondire il senso di quel che stiamo facendo. E cioè che ci realizza molto di più ciò che portiamo avanti in ufficio al posto di quel corso così bello, ma per molti versi così lontano da noi. Ci completa, ma non è l’essenza della nostra vita.
Di solito le percentuali sono 80/20, cioè la mia vita mi realizza 80 e quell’hobby 20. Perciò se io lascio l’80 per dedicarmi completamente al 20, mi mancherà l’80 percento della mia vita.
Sarebbe sufficiente immaginare la giornata delle persone alle prese con quei mestieri. Com’è la vita di un cantante o di un attore, o di uno scrittore, nella realtà? E di un cuoco professionista? La reggeremmo davvero?
Perché lo dico? Perché le persone ottengono due effetti curiosi impuntandosi a voler provare con tutto se stessi a realizzare i propri sogni senza né capo né coda.
Il primo è la svalutazione di sé, e di tutto ciò che ne consegue, famiglia e lavoro in primis. Perché il sogno per definizione è lontano e lontano ha da restare. E’ una legge di natura. Quindi se lo inseguo e non a quello sono destinato, svaluterò le strade da percorrere serenamente, per abitare invece, al contrario, sentieri scoscesi e solitari.
E così, seconda conseguenza, vivremo una sensazione di difficoltà, di una vita contro corrente, fino a che le vicissitudini e le lezioni in forma di traumi, non ci costringano ad appendere la nostra passione al chiodo e rassegnarci, a volte deprimendoci, ad una vita, la nostra (!), considerata solo grigia e non adeguata a noi.
Noi avremmo dovuto stare da un’altra parte, ci diciamo. E via a recriminare contro chissà chi non ce l’ha permesso. Mentre la verità è opposta. L’unica cosa che abbiamo davvero è quell’amore che ci sopporta mentre tentiamo di essere altro da noi e quel lavoro a quella scrivania che tanto detestiamo perché ci ha rubato il sogno della vita. Ma stiamo scherzando? 30 anni seduti ad un desco a maledire di esserci stati? Che vita è?
E questa vita triste illuminata solo dall’altrove è falsa. Ecco è la verità.
E’ solo un’abitudine a volte di centinaia d’anni, ereditata insieme al latte materno. La prima cosa che emerge in terapia è come questa difficoltà e la svalutazione di sé siano sempre le stesse che abbiamo respirato, ciascuno nella propria famiglia d’origine da piccoli.
E la canzone della nostra vita sempre quella è.
E poi invece l’esistenza diventa come poterne uscire ogni giorno e tornare ad amare, letteralmente, noi stessi, la famiglia, gli altri, le giornate meravigliose che possiamo vivere e le stagioni, i viaggi, le scoperte e gli incontri che abbiamo per troppo tempo abbandonato per abitare altrove, nei nostri sogni irrealizzati.
Un po’ Soul parla di questo, il nuovo Disney Pixar degli stessi autori di Inside Out, anche se poi non approfondisce il concetto del perché realizzare i propri sogni alla fine non è importante quanto godersi la vita. Lo lascia sfumato. Sembrerebbe che il protagonista non dovrebbe inseguire il proprio sogno. E imparare a vivere qui ed ora. Mentre semplicemente il suo vero desiderio è ciò che faceva già prima: insegnare musica, anziché suonare dal vivo, come invece aveva sempre sognato. Le due cose si completano a vicenda. Ma la più importante è diffondere il piacere di suonare, insegnando. Per lui, beninteso. Questo vuol dire che il proprio scopo si scopre, incontrandolo, di solito. Non è dato alla coscienza da piccoli, tranne casi fortunati.
Da piccoli abbiamo dei sogni che sono supposizioni.
La differenza tra supposizioni (che ci permettono di esplorarci) e senso e significato della propria vita (che ci indirizza come una freccia) è la sostanza di cui siamo fatti.
Siamo fatti della stessa materia dei sogni, direbbe qualcuno che di solito ci prendeva.
E quando questo processo di consapevolezza si compie davanti ai nostri occhi, le persone si integrano, si piacciono e rifioriscono in ogni aspetto, nessuno escluso.
Per questo, sapere che noi realizziamo i sogni degli altri, vuol dire per definizione, in modo matematico, che ci sarà senza alcun dubbio qualcuno che sogna di realizzare la vita da noi acquisita in modo facile e naturale. Incredibile ma vero. E ci dà anche una sveglia non da poco. Utilissima. A valorizzare la personcina che siamo e che stiamo sempre lì a criticare.
E noi possiamo occuparci finalmente di ciò che ci realizza davvero anziché sognare ad occhi aperti.
Oh, insomma, rassegnati. Qualcuno sta sognando la tua vita. Uno straccio di valore ce l’avrà, no?
Stai scherzando, vero?
Assolutamente no.
Dici che qualcuno sta sognando la mia vita? Ma la conosci la mia vita?
Sì che la conosco e comunque non fa eccezione. Conosco le dinamiche umane.
Se non siamo realizzati sul lavoro e lo avremmo tanto voluto, ma siamo madri di due bambini stupendi, non ci rendiamo conto che ci sono miliardi di persone nel mondo che tanto avrebbero voluto famiglia e figli e che sono realizzati e pagatissimi, come noi avremmo sempre desiderato, ma si sentono soli e senza avere nessuno con cui andare in vacanza.
Il balletto che ci troviamo di fronte noi terapeuti a volte ci fa vedere alle 11:00 la madre insoddisfatta che sogna se stessa manager e alle 12:00 la manager stressata che si sente esclusa da famiglia e bambini.
Ecco. Rimettere a posto la propria vita consiste nel ritrovare i propri binari, gli unici che ci possano portare dove siamo destinati ad andare. Lo diceva una canzone di De Gregori: a questa strana ferrovia, l’unica al mondo per dove puoi andare.
E iniziare a provare quel piacere che abbiamo rimosso.
Il piacere è rimosso dentro, non è difficile fuori.
Ma scusa, nessuno di costoro potrà trovare la realizzazione dei propri sogni? Certo che sì, ma solo se prima ama di nuovo la propria vita, in modo consapevole e maturo e illuminato. Ripeto: il piacere è rimosso dentro, non è difficile fuori. Allora arriverà quel desiderio concreto, consequenziale e carnale.
Lo dico spesso in terapia. Si sta meglio solo quando si ri-sceglie la propria vita, innamorandosene, con entusiasmo rinnovato.
Ma nella nostra cultura, le informazioni per star bene mancano. Ecco il punto. Solo se ciascun essere umano si rende conto dei propri limiti e delle proprie gioie reali che gli vengono facili, può trovare la propria realizzazione concreta, che di solito non è quella roboante che si era prefisso come fumo negli occhi.
Abbiamo già scritto della ragazza che voleva a tutti i costi realizzarsi nel marketing per poi diventare -dopo una sveglia di anni di terapia- una realizzata e felice shazuka professionista.
Io stesso scrivo con l’unico obiettivo di aiutare a diffondere le informazioni su come star bene e sempre meglio, che è lo scopo che illumina la mia vita. Non è lo scrivere il mio scopo.
Quando da giovane non lo sapevo, e ho inseguito (brevemente) il fine di scrivere per scrivere, non sono stato per niente bene. Ma come?! -mi dicevo- proprio quando raggiungo ciò che dico di desiderare da sempre, non sono per niente soddisfatto?! E allora?!
La mia vita vera è iniziata quando decenni fa ho portato l’entusiasmo del sogno nella mia realtà quotidiana, non quando ho lasciato tutto per inseguire un sogno. Eccolo il segreto, la verità pulita e per questo illuminante.
E l’elenco è lunghissimo perché racchiude tutti noi.
Un manager alla comunità europea sempre in viaggio e con sede a Bruxelles non è il sogno di milioni di persone? Ma se quest’uomo sognava di essere un musicista ed è perennemente insoddisfatto?
E Renata di cui abbiamo già parlato, per cui nulla aveva senso, nemmeno la sua fulgida carriera aziendale, dopo aver interrotto una carriera da concertista?
Sono tutte persone che hanno scoperto su di sé che -esattamente come avevano visto fare e appreso dai genitori fin dal latte materno- usavano i sogni per tormentarsi l’esistenza. E rassegnarsi, giudicarsi, massacrarsi e deprimersi (!). Solo questo.
E’ la divisione in due il problema.
Io ne sto scrivendo perché l’atmosfera della mia famiglia decenni fa questa era. Tormentarsi dell’altrove, dimenarsi nell’allorquando.
È la vita, bellezza- dicono nei film americani in bianco e nero.
Allora: vuoi la felicità? Cerca la verità. Il resto arriverà. In forma di sogni reali, già esistenti.
Ecco.
Noi realizziamo sempre i sogni degli altri.
Tu di chi stai realizzando i sogni?
E lo stai facendo con piacere e consapevolezza delle tue propensioni o con la testa a chissà quali tormenti? Sentite come partono i circoli viziosi?
Stai canalizzando la tua di vita o qualcosa di effimero che usi per portarti via dalla tua di vita?
Vedi? Questo è il gioco reale che facciamo noi esseri umani.
Per questo il corpo, la pratica emotiva, le meditazioni bioenergetiche, sono fondamentali, perché il corpo non si può dividere in due, e ci dà una grossa mano e sentirci ogni giorno univoci e interi ed energici e canalizzati.
Poiché mentre cerchiamo per decenni che cosa diventare, passiamo il tempo a fare proprio ciò che fa già al caso nostro e ci sta bene avere vicino. Mentre potremo godercelo molto di più.
Il principio è sempre lo stesso: facciamo, viviamo e ci capita sempre ciò che ci sta bene addosso, ad ogni istante dato.
Quindi per cambiare il nostro lavoro e i nostri desideri occorre scegliere un altro vestito.
Ma il problema reale è che non possiamo imporcelo, il vestito. Possiamo solo sceglierlo che ci stia sempre meglio, in modo sempre più vero e comodo, mai più falso e ingabbiante. Questo è il benessere.
Vorrei chiudere questo viaggio nel sogno con una citazione, ma questa volta non di un autore ma di una situazione reale. C’è una persona che conosco bene e che conoscete anche voi, ormai, se fate le classi di Bioenergetica con noi. Che fa un lavoro in cui è tra i primi 10 al mondo. Una specie di Frank O. Gehry del suo mestiere, per intenderci. Per il quale potrebbe girare il mondo ad insegnare e tener conferenze, aprire un’alta scuola per tramandare i suoi segreti e valori, avere uno stuolo di apprendisti e farsi pagare per il fulgore della sua opera e in linea con i riconoscimenti incredibili ricevuti. Ma lo fa? Lo potrebbe fare? Lo farà? Io mi auguro ogni giorno di sì e tento anche con questo scritto di smuoverlo a farlo. Ma la cosa bella-bella è che lui si considera un pirla esattamente come ciascuno di noi, e come noi ogni tanto si perde in ben altri sogni da raggiungere. E questo ci dimostra che talento o no, passione o meno, siamo tutti nella stessa barca e non cambia niente. Sempre sulle onde oscillanti dei sogni siamo destinati a veleggiare. Ma farlo con il favore delle stelle e senza più sentirci divisi, traccia una strada lucente anche nel mare in tempesta.
PS: Se volete farci un lavoro sopra:
Mi piace di più questa nuova attività, passione, interesse, questo nuovo me stesso? Giorno dopo dopo giorno? Mi realizza? Facilmente? Sento una sorta di innamoramento e leggerezza sempre più diffusi? Allora è la verità, e la lascerò entrare nella mia vita semplicemente e spontaneamente.
E se invece ci sentiamo appesi, senza sapere bene che cosa sentire e che cosa fare, quel che ne risulta è esattamente quella vita di compromesso, né da un lato né dall’altro.
Stai vivendo con piacere e consapevolezza delle tue propensioni o con la testa a chissà quali tormenti? Sai sentire come partono i tuoi circoli viziosi? Vale a dire: stai canalizzando la tua di vita o qualcosa di effimero che usi per portarti via dalla tua di vita, sinceramente? E cosa dicono le persone che ti conoscono bene e di cui ti fidi? Puoi chiederglielo? Non te l’ho mai chiesto: ma tu come mi vedi in questa mia passione? (Meglio, ovviamente, chiederlo ad un professionista qualificato, bièn sûr).
Pensatela allora dal punto di vista opposto: se quello che faccio, il lavoro, gli affetti, le relazioni e le passioni -metteteli su quattro quadranti-
LAVORO AFFETTI
RELAZIONI PASSIONI
-sono per definizione in misura direttamente proporzionale a quel che voglio in profondità, ad ogni momento dato; e io a questo punto della mia vita mi sento diviso e insoddisfatto; cosa mi dice di me, veramente? E come spostare tutto questo? Cosa devo materialmente fare in ciascuno di questi 4 quadranti per essere più vero, connesso, soddisfatto?
Lo scrivo, lo percorro, lo realizzo.
Senza più un sogno che compensi i decenni lontano dalla verità su di me. Da una parte l’insoddisfazione. Dall’altra il sogno.
Viceversa, nella verità e nella realizzazione di sé, non ci sono più due parti, c’è n’è una sola. La sensazione di sentirsi più se stessi e integrati.
E se tutti noi fossimo sogni che qualcuno sogna, pensieri che qualcuno pensa?
Fernando Pessoa
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