Perché Parliamo di Tratti Caratteriali: il Mio Esempio Narcisista

Perché parliamo di tratti caratteriali e non di carattere vero e proprio?

Perché il carattere è un archetipo ed è difficile trovarlo puro e in piena azione.

Le persone e le atmosfere famigliari sono delle alchimie piene di sfumature e allora esiste il carattere Armando, Giampietro o Aristotele, e non il Rigido puro o il Cerebrale esagerato, che oggi apparirebbero delle macchiette.

Noi siamo molto bravi a celare a noi stessi la nostra matrice.
Via via che cambia la persona, si evolve anche la società ed oggi ad esempio le componenti narcisistiche e virtuali sono sempre più presenti ed attive nel nostro modo di essere, tanto che tutti ne siamo imbevuti e non ce ne rendiamo più conto.
Prendiamo ad esempio la tendenza a fotografare tutto e tutti, per prima cosa se stessi. Vent’anni fa prendevamo in giro i turisti giapponesi, come malati, fissati col rappresentare ogni cosa. Oggi chi li nota più?

Il Simbiotico, di cui abbiamo trattato in Oggi Ho Risentito la Mia Ferita, è solo uno dei miei tratti caratteriali, come dicevo.
Rappresenta il non sentire il diritto di essere me stesso, indipendente, separato, autonomo, pienamente rinforzato nelle mie scelte.

Ma ho anche una componente narcisistica e un’altra rigida.

Quella narcisistica mi viene dalla figura maschile della mia famiglia, mio padre, che lo era narcisista, e che soprattutto era preso da altro, e nel farlo, mi ha completamente ignorato, provocandomi profondo disagio e umiliazione.

Allora ho proprio sviluppato una smania e un’attitudine a mettermi al centro dell’attenzione, a cercare riconoscimenti che non potevo più avere in realtà, da mio padre, che era morto già da tempo e che comunque non me li avrebbe mai dati…

Vale a dire che: …potevo cercare di essere visto  -fino alla mia prima analisi, di tipo transazionale-

a patto che questa ricerca non arrivasse mai a compimento .

Mi ha dato non pochi problemi e riconoscerla non è stato facile. Soprattutto, non è stato agevole sapere da dove venisse e che cosa ne dovessi fare.
Ma una volta accettata, compresa e valorizzata, ho rinunciato completamente ad ottenere una considerazione impossibile nei fatti sia da mio padre che dagli altri:  l’esigenza era allora e non oggi.

Ma mi è rimasta la caratteristica a buttarmi, a prendermi dei rischi, a mettermi in gioco completamente, senza riserve, tutto sangue, sudore e lacrime.
Questo è il Dono della Ferita.

Quando invece sono nel pieno della ferita narcisistica:

ho una paura folle di aver alzato troppo la testa, e che quindi qualcuno mi punirà terribilmente, farà in modo che gli altri, tutti, mi vedano mentre fallisco e quanto sono indegno davvero e insignificante.

Le forze si affievoliscono all’istante, inizio a sudare freddo, mi trasformo e mi tormento con questi pensieri fissi e perdo tutta la spontaneità. Ho paura e basta. Respiro in modo affannoso.

Adesso mi succede raramente, ma una volta arrivava quando devo fare qualcosa d’importante oppure avevo appena vissuto una bella esperienza personale o professionale.

Non vado bene, non me lo merito, non posso, non ce la faccio: questo continuavo a ripetermi.

Molti anni fa, cercavo di negare, non ascoltare, non vivere e non sentire tutto questo.
Ma così facendo, il malessere si diffondeva, rafforzava e durava di più.

Dopo l’analisi, ogni volta che lo percepisco, scelgo di esprimerlo, di parlarne…

…mettendomi nella condizione affettuosa e accogliente verso questa parte ferita…

…e nei confronti di questo ricordo d’infanzia che così tanto mi ha dato in termini di sensibilità e di connessione a me stesso.
E così facendo, dura molto meno e si presenta sempre meno.
E se lo fa, non è improvviso, è più integrato, e finalmente prende la forma di quel che è: un ricordo vero e proprio e non una paura per il presente.

E mi rendo conto che tutto ciò mi è successo davvero, in un tempo molto precoce, lontano e nebuloso.
Quindi non vivo il ricordo pieno, ma solo la sensazione… senza che io percepisca immagini compiute e ricordi maturi… bensì solo stati d’animo, vissuti di paura e di inadeguatezza.

Questo sono io, in una parte fondamentale di me.

E alla fine, tale ascolto / connessione, mi lascia con una preziosa integrazione, come se la mia analisi stesse proseguendo nella sempre maggiore consapevolezza.

 

 

 

 

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