(Questo articolo è la continuazione di: Nel Burrone della Gioia).
Non avete idea, nei gruppi di terapia, di solito quante belle qualità vengono riconosciute reciprocamente tra i partecipanti, e rafforzate e sviluppate e accettate finalmente dai singoli.
Tra l’altro, vige la Legge del Dono, nel Regno del Benessere. Udite, udite. La ferita è un dono. Più la ferita è forte, più è un dono. (Ah beh allora vale per gli altri ma non per me. Smettila. Sei qui a fare terapia? Hai una vita più o meno normale? Ecco, vai alla grande. Smettila 2).
La ferita è un dono perché ci sono delle risorse evidenti che abbiamo sviluppato, tutti, nessuno escluso, proprio grazie a questa condizione che ci ha messo alla prova e che ci è capitata, a tutti.
La ferita infatti ci divide in due, appunto. A chiunque. Nessuno escluso. (Sempre secondo Stephen M. Johnson. Sempre nel suo libro La Trasformazione del Carattere). Una parte che reagisce e tenta di farcela sempre e fa tesoro della sofferenza e ce la fa ogni volta, perché è imprescindibile lottare per vivere bene, altrimenti non saremmo qui. Perché seguire le leggi della natura, come da bambini sapevamo bene, è il nostro destino.
E una parte che invece si convince che è stato giusto ferirci perché noi meritiamo il peggio. Tutto il peggio.
E ricomincia, questa parte. A recitare. A prendere i panni di. Ad essere contro, in conflitto interno e poi esterno, con gli altri.
Poi dipende. A che punto inizia a fare terapia o a ricevere una sveglia che la fa rinsavire. O la fa peggiorare. Purtroppo.
Se non lo sai ti peggiori. Se lo sai ti migliori. Di fronte allo stesso accadimento. Pensa un po’.
Una delle decine di tecniche sviluppate in questi anni di terapia, è prendere i post it, le note, le registrazioni dei nostri colloqui, le sbobinature e gli schemi che i clienti che vogliono realmente uscirne si sono creati, e mettere in scena un gioco di ruolo, come abbiamo mostrato nell’esempio precedente. Si chiama Energizzare la Ferita.
Cioè mettere sul tavolo, in bella evidenza, la sofferenza e il boicottaggio quotidiano e sempre uguale in modo che la persona non lo possa più evitare di sentire e di vedere.
E’ un po’ come la scena del far mangiare la pizza rancida all’obeso dei video di Tony Robbins.
Quindi per esempio, il terapeuta rivolge al cliente tutta un’altra serie di inviti a ripetizione. E il cliente risponde la recita dei post it che rappresentano il suo mondo interiore e che si è creato nel tempo, sulle sue verità profonde.
Meglio se viene effettuato mentre ci spingiamo letteralmente, prendendoci per le spalle:
Energizzare la Ferita
– Vladimiro, perché non ti rilassi?
– Perché mia madre non mi ha comprato un gelato 42 anni fa.
– Perché non ti distrai, allora? Perché non la fai finita e non ti godi la vita?
– Perché ad un certo punto mi devo sempre limitare, scappare, uscire da qualcosa che mi faccia stare bene. Per farla pagare a me e a chi mi sta vicino.
– E perché non inizi a crearti un’esistenza, una tua giornata tipica, soddisfatta e realizzata?
– Perché ho sempre preferito e tendo a preferire di scioperare. Protestare contro me stesso godendo a rovinarmi la vita.
– Chi lo faceva con te? Dove l’hai imparato?
– Da mia nonna, da cui mi lasciavano spessissimo da bambino. Era rigidissima e vendicativa. Mi faceva pagare cose che io non avevo mai fatto. Con piacere sadico. Ma lo faceva prima di tutto con se stessa. Ho imparato lì. E non ho nessuno che mi difenda. Mai.
– (Pausa). (Lacrime che lavano lo sguardo).
– Quindi non puoi vivere oggi perché?
– Perché mia nonna mi ha insegnato soltanto ad andare contro di me. Ad ogni costo. Non so fare altro.
Ora. Provate a sentire lo stato d’animo del cliente. Folgorato dalla verità su di sé. Irritato. Sconcertato da se stesso.
Poi si invita a rifarlo a casa e sentire cosa accade se lo si ripete per settimane, ogni giorno.
E qui vedete negli occhi della persona finalmente la volontà e il desiderio vitale e la sensazione di via d’uscita di dismettere i panni della recita ferita.
Si esce letteralmente volando dallo studio.
Perdere i Chili dall’Anima
Per cui, ci sono due grandi modi per lavorare sulla ferita.
1. E il primo è comunque rassegnarsi alla relatività e al limite e a conviverci. Ed è un errore madornale viverlo già in partenza come punto d’arrivo. Cosa dici? Che è così, punto, e ti puoi solo rassegnare? No! E’ fare finta.
2. Perché appunto il secondo modo è totale, liberatorio, nella completa verità e pienezza.
E’ perdere i chili dall’anima.
Tra l’altro, anche a livello energetico (perciò ci spingiamo fisicamente, per far percepire questo livello profondo), se non ridai al gesto la sua piena potenza, come sentono i bambini, totali e profondissimi proprio com’eri tu e l’hai solo dimenticato, come farai a rompere il gesso, il peso, il blocco e le storture delle disfunzioni che hai imparato?
Farai di nuovo la tua solita recita nel cammino.
Di accontentarti. Di doverti rassegnare. Che puoi conviverci lo stesso. E i tuoi malesseri alla lunga lì staranno.
Io lo chiamo fare terapia dal malessere. E l’ho già detto. O scavalli la collina del malessere e inizi a far terapia dal benessere, puntellandolo con così tanti strumenti da apprendere sempre più per star bene diversamente da prima, oppure, una volta che stai meglio, abbandoni o sospendi o diradi la terapia, e alla lunga lasci la porta aperta al tornare al malessere perché quello conosci e i tuoi ormoni, la tua chimica, il tuo schema, a quello sono abituati.
Tra l’altro, sono anche due mestieri diversi da parte dei terapeuti. Tieni compagnia nel disagio o sviluppi la meraviglia, amico mio collega?
L’unica chance per volere una vita piena è far terapia dal benessere.
Per arrivare a livelli sempre più consolidati di soddisfazione.
Altrimenti, metti erroneamente la terapia tra parentesi; tra prima e dopo. Senza troppo influire con agganci concreti successivi. Senza Passare la Palla ad una struttura più completa, costruita in terapia, che ci accolga con pienezza.
Lavorare su di sé dal benessere vuol dire invece star sempre meglio, trovare sempre nuovi mezzi e consapevolezze e iniziative per prosperare, in ogni senso. E’ molto diverso. E’ appassionarsi alla propria vita che solo così, di colpo, vita di merda non è più, e non lo è mai stata.
Quello nell’articolo che segue allora è un piccolo schema, utile e concreto, per preservarsi su questa strada luminosa: Mai Farsi Prendere dalla Ferita. 9 Passi per la Pienezza.
Una giovane adulta mi ha detto: la mobilitazione totale dei miei amici quando stavo male per non lasciarmi sola, è stata talmente elevata e potente che mi ha convinta che insomma qualcosa sono, valgo e ho fatto.
Io le ho risposto: lo vedi? Gli altri notano molto di più di te le tue meraviglie e le possibilità totali che hai. E’ sempre così. Chi ci sta vicino ama le nostre verità che noi non vogliamo vedere.
Perché allora aspettare questi livelli incredibili di malessere e costringere i nostri amici a gesti così estremi come il tuo di lasciarti andare così in malora?
Basta invece solo un farsi del bene ogni santo giorno, con una misura concreta, magari solo alcuni esercizi che ci mantengano nella verità, totalmente luminosa ed entusiasta su di noi.
Se vuoi approfondire, vai a:
Seguito di questo articolo: Mai Farsi Prendere dalla Ferita. 9 Passi per la Pienezza.
Se vuoi tornare invece agli articoli precedenti:
https://www.blogdigiovanni.it/la-finzione-della-ferita/
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