Qualcosa Devo Lasciar Andare Sempre?

(Questo Articolo è la continuazione di Lasciare Andare E’ l’Accettazione).

 

Ora. Qualcosa devo lasciar andare sempre? Oppure ad un certo punto si smette?
Sentite che è sbagliata la domanda? Perché dovrei voler smettere un meccanismo che fa sentire l’abbondanza? Sentite come la domanda sia ancora imbevuta di rinuncia e rassegnazione e speranza flebile e proibita di qualcosa?

Non stiamo parlando di un dolce al cioccolato per un diabetico. Non è questa la metafora. La metafora è al contrario. Anziché mangiare tutte le torte al cioccolato al mondo, perché possiamo realmente farlo, non sono zuccherose come sembrano e non fanno male, stiamo lì ad anelare le torte a tutti i sapori del mondo e degli altri, senza mai concedercele perché proibite, per poi scoprire anche che non ci piacciono davvero come pensavamo.
Si lascia andare qualcosa che ci tormenta come una droga, un vizio, una brutta abitudine che ci distoglie dal vivere bene.
Tutto sta a capire che cosa. Ma intanto che lo capiamo, abituiamoci a non restare attaccati a nulla di così drammatico. E’ la Legge del Distacco. Fondamentale. Mettici l’intenzione e poi il risultato lascialo all’universo nelle forme in cui lui ritiene opportuno. Se e come e quando.
E l’operazione è pulire alla radice l’emozione sottostante.
Se capisco che non posso non avere paura di ritrovarmi da solo, come M. di cui sopra, perché da piccolo nessuno voleva la mia emancipazione, allora abbraccio questa sensazione come normale. Siamo tutti accompagnati di fronte alla bellezza delle emozioni che le nostre passioni ci fanno vivere.
Mentre io M. tenderò a sentirmi sempre un po’ solo e rimproverato perché vado verso me stesso e le mie profondità. Ma è un attimo, se lo so. Poi mi butto. Prima lasciavo andare l’iniziativa e il piacere e la mia evoluzione. Totalmente. E sbagliavo. Ogni giorno.
Ora lascio andare la mia fuga dalla paura di sentirmi solo. Scelgo. E sto. Dentro di me. E gioisco. Sono solo perché è normale e gioisco e sto molto bene.
E oh, quanto mi sento meglio.

Un’altra persona aveva iniziato quasi di colpo ad avere una paura tremenda. Così, quasi di colpo, aveva iniziato ad avere paura di guidare, scendere le scale e soprattutto si paralizzava letteralmente all’idea di morire di qualche brutta malattia. E purtroppo, oggettivamente, inizia ad ammalarsi di una poi di una seconda e poi di una terza malattia. Tutte piuttosto serie e a rischio di morte.
Ora, per farla molto ma molto breve, si verificano in due bei giorni della sua vita, due folgorazioni in terapia.
La prima è che lei ha una grossa paura sottostante. Di aver sbagliato il partner per la seconda volta consecutiva. Ma con questo secondo partner ora ha un figlio piccolo. Gioia della loro vita, ma anche causa di rimorso, di senso di colpa infinito. Allora lei, semplicemente, vuole morire perché non c’è via d’uscita. Crede di non amare il partner, e che quindi morendo possa finalmente espiare la smania di una via d’uscita e di punizione urgente per la rabbia enorme che sente verso se stessa. Desidera in realtà ammalarsi. Anche se ne ha una paura tremenda. Desidera in realtà morire tragicamente. Stoicamente. Eroicamente.
Complica. E Punisciti. Sembra dirsi.
E può ammalarsi e morire davvero solo sentendo la paura sottostante in forma di paure esterne e ingiustificate, fittizie.
Questa rivelazione la sconvolge. Non ne era affatto consapevole. Ora lo sa completamente.
Di colpo le passano tutte le paure. Tutte. Da un giorno all’altro. Inizia a non voler più morire o ammalarsi. Mai più. A vedere una luce. Non ci sarà amore o coinvolgimento. Ma alleanza e collaborazione e amore totale per quella creatura, che lo merita incondizionatamente, questo sì, certo che sì.
Ed è qui che fa la seconda scoperta, ancora più sconvolgente, notando insieme al terapeuta, in una seduta successiva, che in realtà sta facendo esattamente come suo padre, convinto di non aver mai amato sua madre, tanto da morire giovane, di malattia cronica, totalmente insoddisfatto.
“Ma non è che stai facendo come tuo padre? Che diceva di non amare tua madre e invece era solo una sua paturnia e ansia e smania di non riuscire mai a star dentro le cose? E se questo fosse solo il tuo stile come quello di tuo padre?”. Lei allora esclama: “e sì che sto facendo come mio padre!”- e si scioglie in lacrime ed enumera in un minuto tutte le cose bellissime che in realtà adora nel suo partner, che poi sono tutte le cose belle della coppia che tutti notano, e del loro figlio, che è un’anima infinitamente bella da crescere insieme.
In realtà suo padre, lei sentiva, e lei stessa, sono due anime che avevano amato ed erano in grado di amare, ma a modo loro e pieni di recriminazioni, di stop and go, di enormi insoddisfazioni caratteriali. Che venivano come sempre dai nonni dei nonni dei nonni.

Questa è la storia della rinascita di una persona nata per la vita e convinta di vivere per la morte.
Questa è la storia di uno noi, nato per caso anche lui in via Gluck.
Questa è la storia di chiunque decida di lasciar andare e di scoprire come si fa.

 

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