La scacchiera è il mondo.
I pezzi sono i fenomeni dell’universo.
Le regole del gioco sono le leggi della natura.
E l’altro giocatore è nascosto a noi.
Quelle come te non hanno vita facile. Sei due facce della stessa medaglia; da una parte il talento, dall’altra il prezzo da pagare. Non si può dire quale sarà il tuo di prezzo, avrai il tuo momento di gloria, ma questo non durerà, tu hai così tanta rabbia dentro, devi fare attenzione.
The Queen’s Gambit
C’è un fenomeno nelle dinamiche di ciascuno di noi che colpisce chiunque lo incontri.
Molti di noi devono pagare un prezzo per il loro piacere.
E’ noto e ne abbiamo scritto.
Ma non è chiara né la portata di questo modo invalidante né i sottili meccanismi attraverso cui ci rovina la vita.
E allora le persone che abbiamo di fronte nello studio di terapia si stupiscono e rimangono affascinate da come si riesce a seguire abbastanza facilmente ‘il filo dell’impossibilità’ nella loro vita, mentre si dipana nei modi più creativi possibili.
Fatto sta che alcuni miliardi di esseri umani vorrebbero tanto tornare a riaccendersi, alle avventure vissute da giovani, alla leggerezza e al trasporto totale per ogni idea che frullava loro in testa.
Eppure, cos’è successo?
Non possono più fare ciò che piace loro.
Non si sentono all’altezza di seguire il proprio talento.
Non sono mai in pace.
Si boicottano invariabilmente.
Ma la cosa più incredibile di tutte è che il fenomeno è riconducibile ad 1 forza soltanto, 1 proibizione, 1 diktat, 1 divieto.
“No, non puoi, non si può, non è possibile”.
E anche il motivo per cui non si può è uno, solo che cambia, questo sì, da persona a persona.
E sempre tutto enormemente faticoso.
Mi sento sempre escluso e solo.
Non riesco mai davvero in nulla.
Non mi piace nulla.
La gioia è come se fosse proibita per me.
Non so cosa voglio.
Non riesco mai a stare dentro le cose.
Ad un certo punto, proprio quando va tutto bene, mi arriva questo malessere inspiegabile.
…
…
E così via soffrendo.
Moltissimi di noi girano a vuoto. Non è così?
Non è il male del nostro tempo?
Chi mi ha rubato l’entusiasmo?
Non è ciò che sentiamo dire a tutti, in modo esplicito o meno?
E’ un condizionamento così diffuso, come un virus, appunto, che è parte costitutiva del nostro disagio.
Si chiama carattere.
E arriva a determinare fin da subito, la parabola del gesto, l’efficacia o meno dell’avventura, la soddisfazione o la superficialità dell’esperienza.
Pensate ad esempio solo agli scambi iniziali di messaggi per mettersi d’accordo su orari delle terapie e partecipazione alle classi di bioenergetica.
C’è una persona con cui ogni settimana è una battaglia già solo per trovare un giorno e un’ora in cui riuscire a vedersi.
In 4 battute è già molto chiaro a noi cosiddetti esperti del carattere e tra pochissimo sarà chiaro anche a quella persona che si è appena affacciata alla verità su di sé, che sta parlando un imprinting, una serie di divieti, permessi e proibizioni, non una persona, come lei/lui crede.
La mappa di dove andrà il nostro rapporto terapeutico è già tracciata chiaramente. Ad esempio che possiamo restare solo in superficie. O vivere solo nei conflitti. O solo boicottando tutto, quindi anche il lavoro di terapia. Eccetera, a seconda della propria storia.
E si sviluppa in ogni ambito: in amore, nella vita, nelle relazioni. Per meglio dire, nei 4 pilastri dell’esistenza: affetti, famiglia d’origine, lavoro e casa/luogo dove vivere. Si può approfondire se volete, leggendo I Quattro Pilastri.
Ma chi ci ha ridotti così?
Avete idea di quante persone considerano e osservano e giudicano e massacrano se stesse da fuori, come fossero altro da sé?
“Guardi Dottore, sono qui e le parlo di me, ma ne parlo come di un’altra persona, che non controllo minimamente e non ho mai controllato. Che ci faccio qui dentro di me? Non ho alcun potere e non sento alcun piacere”.
Mentre ogni essere umano, se impara a vedersi, e lo apprende facilmente, può fotografare se stesso, in tralice, con la stessa trama che attraversa e sostiene, blocca, determina e ingarbuglia ogni storia della propria vita.
Per questo, quando lo svelamento accade, le persone escono fuori dallo studio barcollando, finalmente disarcionate dal loro cavallo di verità presunte, e incapaci ancora di stare in piedi da soli, liberi e finalmente autonomi.
E piano, piano, re-imparano a costruirsi la propria interiore andatura, fatta di vitalità e passione con cui andare in modo autentico incontro alla vita. Evvai! I loro volti si trasfigurano.
Ricordo il viso di una persona, qualche mese fa, dopo solo 2 settimane passate a re-immedesimarsi nei suoi entusiasmi di bambina: aveva lo sguardo e il sorriso rinvigoriti, era un’altra persona.
E tale meccanismo di ‘scongelamento’ è così potente, vitale, biologico, proprio della sopravvivenza della specie, che accadono due altri fenomeni ‘dopo’, a valle, nel ricostruire il processo dello stare decisamente meglio nella propria vita:
- la portata del gesto sarà pari a quanto si è compreso e deciso il nuovo gesto
- e il miglioramento andrà effettuato secondo uno stesso meccanismo, tutto da scoprire, corporeo, emotivo, ripetuto ogni giorno, costante, semplice e facile, fino a che ri-diventi biologico, appunto.
Per questo gli esercizi corporei quotidiani e le classi settimanali e le stagioni bioenergetiche sono così importanti per fare la differenza. Perché tracciano finalmente un altro solco, altrettanto profondo di quello del malessere. E in modo naturale. Ma occorre appunto incidere ogni giorno, non quando il nostro sistema ce lo concede ogni tanto.
Questa apparente frustrazione dell’applicarsi è proprio la strada che mette in crisi le imposizioni.
Qui ne abbiamo parlato più volte: Nessun Prezzo da Pagare, Due Prezzi da Non Pagare Più, Conta solo l’Intensità.
Ma oggi vogliamo mettere in evidenza l’impronta vitale, l’essenza, il permesso di esprimersi. E la sua portata.
Come al solito, alcuni esempi rendono bene la priorità dello sblocco che riguarda, come dicevamo, alcuni miliardi di persone.
I clienti vengono in terapia mentre sono calati così tanto nella loro angoscia, che non riescono proprio ad afferrare come fare a stare semplicemente bene e in modo duraturo.
Quindi si applicano. E scoprono che non è facile per niente scendere un gradino che a loro pare profondo come un burrone. Ma quando se ne appropriano, la vita davvero muta totalmente di prospettiva.
Vorrei poter fotografare il loro sguardo com’è acceso, di nuovo impetuoso, vitalissimo.
E come ci credono, ora, che stia accadendo davvero.
Questa è la terapia. Non altro.
Vedere le trame sottostanti. Interromperle. Andare in direzione diversa.
E ritrovarsi a vivere intensamente.
Una persona, ad esempio, Bernardo, venuto in terapia perché aveva difficoltà a realizzarsi come attore, all’inizio era convinto che risiedesse dentro di sé il problema: era nato con lui.
Come abbiamo detto già abbastanza, i problemi non sono mai quelli che sembrano, e questo è un processo che riguarda ogni nuova azione di consapevolezza su di sé.
Si scopre sempre che sbandieravamo altro anziché la verità.
Ma nel caso di Bernardo, è stato affascinante per lui e per me, e poi per il gruppo di terapia, scoprire come tutto dipendesse dal continuo negarsi il piacere, il realizzarsi, e come e quanto prendesse le scuse più assurde per non fare, defezionare, boicottare, come se lui non fosse lui, ma la rappresentazione evidente del carnefice (la madre) che a suo dire aveva determinato tutto ciò nella sua educazione.
Alla fine lui ci guardò, noi lo guardammo, tutti con la stessa sensazione esatta.
E dopo un infinito sospiro, lui constatò: “è inutile, il click è sempre lo stesso, in ogni ambito: trovo sempre un motivo per cui no, non posso, non posso farlo bene, provare piacere, recitare, innamorarmi, guadagnare, persino avere una casa mia. E vado sempre a cercare un ragionamento attraverso cui mi giustifico che non può andar bene. Come un mantra. E’ pazzesco”.
E’ questo che qui vogliamo evidenziare.
Da allora Bernardo è come rifiorito.
Si passa dal credere di avere mille problemi, a scoprire in un istante di averne sempre e soltanto uno e ogni volta lo stesso (!).
Ed è un vantaggio enorme. Di colpo, le energie sanno finalmente dove concentrarsi e che cosa ottenere.
E si realizza, in sostanza, che solo un mantra nuovo, rigenerato e vero, profondo, ci aiuta, come ha aiutato Bernardo, ad uscire da questi meccanismi.
Funziona per tutti così. Il mantra è ciò che ci ripetiamo ogni giorno, ogni momento. Ed è più vero ed efficace quando è un’immagine collegata ad un’emozione. Immagine più emozione, uguale storia. La nostra nuova storia. Se no, sono parole prima e parole dopo. E le parole si sa…
E’ incredibile notare come questa nuova immagine-emozione-storia semplice e concreta determini la riuscita o meno di tutta la terapia. Addirittura. La riuscita di una terapia è la storia che ci raccontiamo. Allora: è una storia sempre uguale alle precedenti o è una storia di svolta?
Quindi ci prendiamo la responsabilità, ora sì, totale, di stravolgere le nostre visioni interne, le auto suggestioni, ciò che in sostanza vediamo della vita e ci diciamo ogni mattina.
A questo punto qualcosa si accende davvero. Bernardo si rende conto che usa -come fa ciascuno di noi- tutti i sottili boicottaggi delle sue azioni:
(Tra parentesi, trovate le scoperte effettuate in terapia).
Questo può essere solo un hobby, non potrei mai realizzarmi come attore (o cantante, manager, padre, vale per qualsiasi cosa, basta che io resti in superficie!).
(E perché? Solo perché sento di non valere? E di non essere degno? Perché devo deciderlo io, di default, senza lasciare al mondo e agli altri, di verificare se ci riesco e se sono capace, per loro? Non è un assurdo, falso problema? Chi sono io per decidere a priori che non valgo e non posso, quando mi diverto e mi piace, agli altri vado bene, faccio del bene e mi apprezzano e vorrebbero anche pagarmi? La verità è solo che trovo sempre una scusa per proibirmi qualcosa!).
E’ l’inganno il vero problema. Passo stagioni infinite ad occuparmi del valore (non valgo, non sono capace), quando è il proibirmi la dinamica reale. Mi rovino l’esperienza, come mi rovino ogni cosa della mia vita.
(Ho capito solo adesso che lo dico come destino, come se fossi abituato (lo sono fin da bambino!) a rovinarmi sempre la vita, ma se non m’indigno, non prendo posizione, e sono da sempre e per sempre rassegnato a questo destino, come potrò mai uscirne?!).
Vedo tutto da lontano, irraggiungibile. Mi sento sempre escluso.
(Beh, non potrebbe essere altrimenti, vista la mia infanzia. Ma va bene, ho imparato, sto imparando, a non darmi retta. Mi sentirò sempre escluso, ma è solo una suggestione, devo ammettere che lo sento e lo sentirò sempre, e lo accetto e… e… di colpo… lo sento sempre meno…).
Tutto per me è faticoso. Ogni volta. Da sempre.
(Non cambierà. E’ stata dura accettarlo. Ma ho capito. Sentirò sempre di dover fare fatica. Sempre vuol dire costantemente. Pazzesco. Ma adesso mi interrompo, mi fermo e mi dico: e come invece puoi provare solo piacere? E alla fine non ci entro più nella fatica. Mi sembra impossibile che io ci riesca. Ma sì, lo faccio. E mi sembra anche impossibile che io abbia passato una vita a credere che la fatica fosse una condanna che mi meritavo. Paradossale! Ma quel che mi dico non è quel che sento. Ecco la svolta. Me lo devo scrivere: quel che mi dico non è mai quel che sento).
Non riesco a impegnarmi per raggiungere uno scopo, qualsiasi esso sia.
(Quando l’ho visto chiaro, sono sbottato! Un uragano! Un vulcano! Il mio non impegnarmi è l’unica libertà che ho! Nulla mi era permesso nella vita! Tutto era dovere. E da allora sono diventato bravissimo a scantonare, a non fare, ad essere in ritardo, a non avere voglia. In realtà, a non-fare, sono stato sempre bravissimo! E’ che io non voglio realizzare niente!! Pur di non fare ciò che vogliono gli altri! Ma ora mi vedo, e mi sento. E non vedo l’ora di fare solo ciò che mi piace).
Dice William James: La più grande scoperta della mia generazione è che gli esseri umani possono cambiare le loro vite cambiando le abitudini mentali.
Ed era una generazione di più di 100 anni fa.
E sembra rispondere a Ofelia e alle sue constatazioni universali nell’Amleto: Sappiamo ciò che siamo ma non quello che potremmo essere.
La risposta c’è. Ormai consolidata. Si può sapere chi siamo.
Il cammino terapeutico, secolo dopo secolo, decennio dopo decennio, si sta affermando concretamente, per farci stare davvero meglio. Questa è una frase anch’essa di 100 anni fa, eppure dice:
Rendi cosciente l’inconscio, altrimenti sarà l’inconscio a guidare la tua vita e tu lo chiamerai destino.
Carl Gustav Jung.
Il benessere allora oggi, nella complessità sempre più articolata che stiamo vivendo, funziona in modo più semplice e sofisticato insieme, indiretto, più come una deriva, un’intuizione e via, uno scantonare dai binari precostituiti. E per farlo occorre mettere in campo tutte le portaerei che abbiamo, poiché le strade tracciate ormai sono così profonde da imporsi come obbligate, quando obbligate non sono per niente.
Per questo diciamo che il benessere si ammette a se stessi.
Devo comunque ammettere –ci dice Bernardo in conclusione– che sapendolo, conoscendomi, anziché ‘derivare’ dalla rotta del mio piacere e della serenità, ‘scantono’ molto di più dai soliti circoli viziosi sempre uguali. Mi viene così difficile ammetterlo, ma sì, devo dire che in generale sto molto meglio.
E’ così e solo così che star bene, stare sempre meglio e vivere una vita piena, che è realmente quel che cerchiamo tutti, assume le sembianze di un vero e proprio scacco al malessere.
Ritorniamo a veleggiare su umori e piaceri costanti, a coinvolgerci, ad uscire leggeri e pronti a sane risate in compagnia, senza null’altro scopo che sentirci finalmente di nuovo pieni come liceali, con trasporto totale e profondo.
Visto che mi ritrovo sempre in scacco, e visto fino in fondo come e quando lo faccio, solo se mi folgoro e ricambio in termini di scacco a questi meccanismi, riesco paradossalmente a togliermi fuori da una vita non mia.
Mi fermo un attimo prima di cadere nel burrone e così ho già sceso il gradino. E mi dico epperò. Mi sto divertendo da matti.
Da quand’è che non mi divertivo così?
Paradosso per paradosso. Scacco per scacco. Matto per matto. Re a terra. Fine.
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