Sempre sul Denaro, ma in Due Modi

I due modi li abbiamo visti ne L’Evidenza Assoluta del Denaro. E sono: pensare solo a spendere o pensare solo a guadagnare. Leggetelo perché detta così perde tutte le sfumature che sono in questo caso la cosa più importante.

Ma occorre una precisazione. Non è che chi pensa solo a spendere sia un drogato o un disadattato o insomma qualcuno messo male. E’ la maggioranza della popolazione. Non potrebbe esserlo, così disadattata.
Tuttavia, se consideriamo come dilagante l’esempio del narcisismo che impera su instagram, non possiamo negare che la propensione allo spendere per guadagnarci un presunto benessere o divertimento o piacere è insita sempre di più nella nostra Società. Avete presente quando avete bisogno di un appartamento più grande e quando incontrate la casa dei vostri sogni? E vi prende a tal punto che ne siete come innamorati? E continuate a pensarci? Ci sognate dentro. E immancabilmente è una casa che costa di più di quello che potete permettervi? Ma vi buttate nell’impresa certi che in qualche modo ve la caverete?

Ecco, questa è l’attitudine a spendere.
A indugiare un po’ troppo -a volte davvero tanto, provate a leggere il caso di Angela- sulla propensione a trovare piacere nel comprare, nel godere, nel viaggiare. Il ché, intendiamoci, non reca in sé niente di male. Solo che ha due inconvenienti. Ci fa stare più o meno costantemente a contatto con la mancanza, in questo caso di denaro, ma non solo, e con il conto in banca più o meno in rosso. E ‘più o meno’ è una misura contabile, non è un modo di dire.

Il secondo inconveniente è che poi alla fine non ci dà quanto promesso. Anche questo caso vi sarà capitato. La ricerca di una macchina, o di un divano, la prendete come una passione. E vi intrigate talmente tanto che quando poi alla fine acquistate (sempre un po’ più su del budget previsto), continuate per diverso tempo a guardare gli annunci e le offerte perché il piacere era nella ricerca e non nell’acquisto. E non vedete l’ora di ripartire per qualche altra avventura.

Insomma, qual è il problema?
E’ che NON siete abituati per cultura familiare ed educazione e indottrinamento sociale ad investire queste avventure in una passione qualsiasi. E poi a trasformarla in un lavoro. E siete ormai assuefatti a considerare da sempre il guadagnare attraverso la fatica e il dovere. E invece lo spender soldi nel tempo libero come il vero piacere. Tanto che ogni tanto-spesso vi chiedete (sono casi reali): ma perché se mi piacciono così tanto le case, non ho mai pensato di fare l’agente immobiliare anziché fare mutui e debiti continui? Oppure come mai se amo da sempre gli arredi non ho mai fatto nemmeno un corso di design per interni?
Perché siamo stati allevati con il sacrificio quale valore assoluto. E con certe impossibilità come pane quotidiano.

Conoscete qualcuno che non ha minimamente la sensazione di lavorare? Che non percepisce alcuno sforzo o sacrificio ma solo piacere e realizzazione di sé? Ha scelto semplicemente la cosa più facile e spontanea che c’era a disposizione per sé e le proprie caratteristiche.
Ora, dato che tale processo fa parte della vita, si attraversa anche in terapia. In tutte le terapie. Ciascuno di noi arriva infatti a fare i conti con le nuove consapevolezze anche sulle scelte di vita su piacere e lavoro (se non lo fai nemmeno in terapia, quando lo fai?).

E anche in questo caso si prendono i due poli in discussione, il tanto piccolo e il tanto grande, e si percorrono ogni santo giorno, fino a che non si incontrano, producendo delle sintesi di piacere e trasfigurazione che a momenti non cadete da cavallo sulla via di Damasco.

Ricordo perfettamente il giorno in cui decenni orsono mi misi d’accordo con il mio terapeuta, della mia prima specializzazione in Analisi Transazionale, per riprendere il filo del piacere in ogni singola attività, azione e comunicazione. Ero anche un po’ scettico. Lavoravo in azienda e il lavoro mi era sempre piaciuto ma “fino ad un certo punto”. Come tutte le cose. Altro era sognare e spendere. Ma compresi dopo appena una giornata che era vero quel che diceva il Veneto (il mio terapeuta):
“Sei così professionale e affermato e sicuro di te, quando sei al lavoro. E sei così sconclusionato fuori da lì. E non c’è alcun motivo reale, se non che l’hai appreso nella tua famiglia, fatta di spendaccioni inconcludenti e perennemente insoddisfatti. Basta solo riprenderti il piacere in ogni singola cosa che fai e che pensi, e poi, il secondo passo è il grande progetto, le grandi scelte, cosa oseresti se non avessi paura della mancanza di soldi da spendere e fossi sicuro, certo e infallibile con il tuo talento? E fallo, una buona volta. E avrai tutto dalla vita”.
Non mi disse proprio così. Magari. Me lo fece capire per lo più con le pause e i silenzi e le mezze verità, ma questa era la sostanza.

E ricordo ancora di più la gioia pura ed intensa (la stessa di cui sopra nel trovare la casa dei sogni) provata nel progettare corsi in azienda e fuori dall’azienda. Iniziai ad insegnare per 1 o 2 weekend al mese in un master di specializzazione e ricordo che all’epoca non ci potevo credere: ero molto più soddisfatto e coinvolto nell’insegnare al Sabato i temi che mi stavano a cuore anziché andando a camminare in montagna o in bicicletta tra i monti. O almeno la soddisfazione era alla pari. E in più mi sentivo completo, meno evasivo, più al posto mio, se capite cosa voglio dire. E mi godevo anche meglio la natura quando poi mi ci immergevo di nuovo. E avevo guadagnato anche 10 volte di più di quel che mi aspettassi in un solo weekend, in un’attività per la quale avrei persino lavorato gratis.

Da qui l’idea di organizzare io stesso un master di specializzazione. E poi la scoperta della Bioenergetica e la seconda specializzazione con l’idea di aiutare le persone, tutte le persone, non solo a lavorare meglio, bensì a vivere meglio e infine a ritrovarmi di fronte alla domanda: ma non è che questo è proprio il mio famoso scopo primario, quello di aiutare le persone a star meglio?

Proprio questa sensazione determinò la scomparsa del lavoro dalla mia vita, la fine della sensazione di lavorare, per sempre. Per lasciare il posto alla soddisfazione di arricchire gli altri aiutandoli con tutto il cuore di cui ero e sono capace a viversi la propria vita, le passioni e i talenti di cui sono naturalmente dotati.
Da quel giorno senza mai più occuparmi dei soldi e dello spendere. Certo, se appena appena mi distraggo, sarei capace di comprare qualsiasi cosa mi illuda di colmare il mio piacere presunto, ma come funziona per tutte le consapevolezze, ormai lo so e non lo faccio, ributtandomi nella bellezza delle passioni che adoro già e nelle soddisfazioni così intense che vivo.

Ecco. Spero di essere riuscito a darvi l’idea del cammino di trasformazione dallo spendere al guadagnare. L’ho fatto citando casi personali e avrei voluto parlarvi anche di tutte le persone che nel tempo hanno attraversato insieme a me i problemi di denaro, ma non c’era spazio. Certo, il denaro è solo una cartina al tornasole ed è evidente che la proibizione principale è a non seguire se stessi. Ma ne parliamo abbondantemente altrove. Qui era il denaro il focus, visto che è così comune nelle problematiche in terapia. Ne abbiamo trattato in molti altri punti che vi indico qui di seguito. Andate a leggerli se vi aggrada. Nel prossimo punto facciamo anche ‘l’esempio degli esempi’ della persona che almeno apparentemente è la più realizzata e ricca al mondo e ha creato l’azienda ad oggi più grande e affermata al mondo e che ha un sorriso come simbolo.
C’è in ballo la soddisfazione generale della vita intera, altro che spendere o guadagnare.
Per una strada finalmente nel piacere. Realizzato. Facile.

 

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Un Caso Emblematico di Denaro, Scatoloni e Caterpillar

 

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