Togli il Trauma dal Freezer

Il trauma funziona come un freezer.

Questo è il problema 1.

 

1. Il Trauma Tende a Bloccare la Vitalità.

Ogni trauma allora è un lutto da esporre all’aria, riscaldare e non fuggire più. 

Ne esistono, come ricordiamo spesso, almeno 7 tipi possibili. Li abbiamo visti in Aggredire il Trauma.

Se ho subito uno di questi, ho una sensazione di dolore, o paura, o ingiustizia, o fragilità e incapacità che mi rende bloccato e impossibilitato a tornare a gioire, godere e percorrere tutto l’escursus dei miei umori, come natura vorrebbe. Allora mi sento come congelato. “Meglio di no”, mi dico spesso, a qualsiasi iniziativa mi metta in pericolo.

Per questo parliamo di “aggredire” il trauma, nel senso di ad gredior, andare vero… aprirsi a… altrimenti ci lasciamo convincere che il trauma aggredisca noi, mentre può essere il nostro più grande alleato.

Infatti, è il 2. il vero problema al quadrato.

 

2. Il Trauma Impoverisce la Vita

Cerchiamo di evitare di soffrire di nuovo, quindi evitiamo il trauma, fuggiamo, ci proteggiamo, riduciamo la nostra vita e così via.

Purtroppo, avvitandoci in questa spirale, incappiamo anche nel problema 3. che suona anche lui come un problema al cubo. Ci ritroviamo in una dicotomia, paradossale come al solito, in un tir’e molla senza fine.

 

3.0 Il Trauma ci Divide in Istanze Contrapposte Paradossali

 

A) Se fuggo e mi distraggo, sto male perché resto in superficie e la mia vita è come se si muovesse solo su certi binari non veri fino in fondo. Alla lunga mi rende la vita una recita.

 

B) Se affronto il dolore, o la paura, se ci sto dentro e ci penso continuamente… sento che non riuscirò più a uscirne, senza speranza e con il dolore sempre vivo, come se fosse ieri.

 

E questo ci fa ritrovare in un’impasse sempre più bloccante.

Si nota spesso, in questa direzione, come i passi 1.0, 2.0., 3.0, siano proprio come release successive del software del trauma tutto personale che noi elaboriamo. Una vera e propria spirale di chiusura nel disagio.

 

Oltre alla Bioenergetica, sono diversi gli approcci che si occupano di liberare il trauma. Ne prendiamo solo 3, come esempio, tra i tanti possibili. 

  

Sono teorie attive sui sintomi. Necessarie oggi, perché per fortuna le diverse discipline cercano sempre di più di far star bene direttamente gli esseri umani.

Delle tecniche sopra riportate, la prima, la T.R.E., Trauma Releasing Exercises, è di diretta derivazione dalla Bioenergetica. Il fondatore, David Berceli era infatti un allievo di Alexander Lowen. E le tecniche per elaborare il trauma da lui proposte sono una rielaborazione delle vibrazioni bioenergetiche che tanto liberano le tensioni croniche.

Anche la Somatic Experience e l’Emdr hanno il corpo come tempio e teatro del lavoro di rielaborazione del trauma.

 

Occorre però fornire al cliente uno schema generale di spiegazione e intervento che ci faccia capire chi siamo ed eravamo prima del trauma. 

E’ necessario sapere perché siamo a quel punto e cosa possiamo fare che funzioni e perché funziona. E come s’inserisce l’accaduto in questo mio modo di essere. 

Altrimenti non si riesce a prendere posizione adeguata e a far diventare il trauma una risorsa da cui ripartire. Questo è il segreto. Si veda ancora Aggredire il Trauma. Se non so cosa sto facendo e non lo so riprodurre quando mi capita, non mi è davvero utile fino in fondo. 

A ciò contribuisce il lavoro esteso a tutti i livelli della Terapia Bioenergetica praticata nel nostro approccio della Trasformazione del Carattere.

Perché:

a) conoscere come agisce il trauma sul “sistema me stesso” e

b) lavorarci in senso corporeo, bioenergetico,

sono a nostro avviso le due strade maestre per star meglio.

Affinché il corpo sani finalmente il paradosso.

Attenzione: un trauma non è necessariamente un grande evento, un incidente. E’ spesso un’atmosfera vissuta per troppo tempo, fatta di piccoli eventi negativi, bloccanti, che alla lunga creano un trauma, appunto.

 

La condizione del trauma viene raccontata di solito attraverso storie e metafore che ben rendano il paradosso di chi ne vive gli effetti.

Ne abbiamo illustrato, tra gli altri, 2 esempi in forma di racconto, tratti da esperienze realmente vissute in terapia. Sono “La Parabola della Fonte Nascosta” e “La Maestra di Luce”.

Un’immagine utile a capire il paradosso del trauma, può essere quella di un sogno ripetuto:

“Io arrivo sempre allo stesso punto del sogno: sono ai margini di un bosco in fiamme e continuo, notte dopo notte, a salvare persone dal fuoco, spinto dall’urgenza, senza poter mai così provvedere a cercare di spegnere il fuoco. Non sono preoccupato delle persone che salvo, mi stanca solo continuare a farlo incessantemente. Ma la cosa che mi opprime di più è un’altra: mi opprime molto di più non poter mai avere tempo per spegnere il fuoco… (!)”.

Questa ansia o angoscia, rende bene la condizione paradossale e bloccante del trauma.

In altri sogni ci può essere la ricerca di una via d’uscita in un palazzo infinito o la ricerca di una strada senza mai riuscire a trovare ciò che si cerca. E più il sogno dura o si ripete e più il livello di ansia sottile ci ricorda il nostro agitarci, nella vana ricerca della serenità.

 

Hannibal Lecter: Che ne è stato del tuo agnello, Clarice?
Clarice Starling: Lo uccisero.
Hannibal Lecter: Ti svegli ancora qualche volta, vero? Ti svegli al buio e senti il grido di quegli innocenti.
Clarice Starling: Sì.
Hannibal Lecter: E pensi che se riuscissi a salvare la povera Catherine, potresti farli smettere, vero? Pensi che se Catherine vive, non ti sveglierai nel buio con quell’orribile grido di quei poveri esseri innocenti.
Clarice Starling: Non lo so… Non lo so…

Dal film Il silenzio degli innocenti.

 

Scrive Peter A. Levine, fondatore del Somatic Experience:

Le parole non sono in grado di descrivere adeguatamente l’angoscia provata da una persona traumatizzata. La sua intensità non può essere descritta. Molte persone traumatizzate sentono di vivere in un inferno personale che non possono condividere con nessun altro.
(…)

Mentre il trauma può essere l’inferno sulla Terra, il trauma risolto è un dono degli dei – un viaggio eroico che appartiene a ognuno di noi.
(…)

Il trauma è una realtà della vita, ma non per questo dev’essere una condanna a vita.
Peter A. Levine

 

Ecco: il trauma è un’occasione, invece. E’ un risveglio laddove sembra una condanna. E’ una rivelazione. Diventa il nostro più grande alleato, anche nelle esperienze più brutte.

Prendiamo la violenza come esempio davvero estremo di dolore. Se io ho subito una violenza possono verificarsi due situazioni:

a) O io non riesco a reagire, come mio solito, cioè non so far fronte alle situazioni emotivamente forti, e quindi non riesco a ristrutturare l’esperienza e a venirne fuori, esattamente come facevo prima del trauma per altri aspetti meno gravi… quindi è l’occasione che la vita mi ha mandato per insegnarmi una buona volta a reagire. Perché di fronte ad un trauma così forte, o reagisco o soccombo… e quindi mi chiedo in modo finalmente cruciale e maturo: “Come voglio Stare?! E cosa sono disposto a fare per riuscirci?!”.

Il senso è: se non mi fosse arrivato questo trauma- me ne sarebbe arrivato un altro, magari più lieve, non lo sappiamo, ma comunque da superare con tutto me stesso.

 

b) Oppure prima del trauma sapevo reagire e adesso posso solo ri-capitolare le mie risorse, rifare appello a tutta la mia storia, per tornare a farcela in un’occasione davvero speciale, forse estrema, certo. Ma se ce la faccio di nuovo, come nel passato, anche in questa situazione, allora davvero posso ritrovarmi più forte e consapevole di prima.

 

La cosiddetta esperienza traumatica non è un incidente, bensì l’occasione che il bambino stava pazientemente aspettando (e se non si fosse verificata quella, ne avrebbe trovata un’altra, ugualmente banale) per poter dare necessità e direzione alla propria esistenza, in modo che essa diventasse una faccenda importante.
W.H. Auden

 

In sostanza, con il trauma bisogna evitare che “la vittima” lo utilizzi come “summa” di una vita, per poi lasciarsi andare e confermare che “non c’è più nulla da fare”.

Mentre è viceversa, sempre, un’occasione per una rinascita, una crescita, uno sviluppo di parti di sé, altrimenti non messe alla prova.

Chiedersi cosa sarebbe stato senza il trauma, allora è come chiedersi come sarebbe stato senza quei genitori o se avessimo fatto altre scelte. Valido solo fino ad un certo punto, oltre il quale è uno sterile esercizio.

Quel che conta è che cosa facciamo materialmente, alle prese con questa sollecitazione che la vita ci propone. Qualsiasi essa sia. E di qualsiasi livello di Bellezza o Gravità.

 

Per questo, pragmaticamente, oltre ai principi di cui sopra, occorre seguire i successivi passi da noi utilizzati nel Metodo Self per la Trasformazione del Carattere:

 

4. Il Trauma si Situa Sempre dentro la Trasformazione del Carattere di Ciascun Essere Umano.

Quindi per certi versi, il paradosso del Trauma è che è già insito nella persona nei suoi tratti primari.

Non è affatto un’entità avulsa e impossibile da sostenere, come siamo portati a credere.

Ciò non vuol dire soltanto che andiamo ad attirare proprio quel trauma perché lo conosciamo ed è “normale” per noi. Può essere che ciò si verifichi e a volte è palese, come le persone che si ritrovano ad avere a che fare troppe volte con la Violenza, o la Morte, o l’Abbandono, o il Tradimento, quali temi ricorrenti.

E’ però vera e verificata anche la condizione opposta: la tendenza a considerare ogni cosa che ci succeda “colorata” sempre secondo la stessa accezione, caratteriale, appunto. Si veda la stretta correlazione con la Ferita: La Ferita è Un Dono. Qualsiasi cosa mi capiti, tendo a considerarla facilmente un’ingiustizia, o una prova troppo grande per me e così via.

 

Per questo:

5. Ogni Trauma Risveglia Sempre la Propria Personale Ferita.

Vale a dire -e per questo motivo è importante questa informazione- che il trauma segue il mondo interno. Non è per niente vero che l’accadimento, “l’Episodio Traumatico”, ci influenzi tutti secondo le stesse dinamiche. Anzi.

Altrimenti non si spiegherebbe come mai, situazioni e persone a volte molto diverse tra loro, ci richiamino sempre la stessa difficoltà.

 

E’ questo il valore aggiunto dell’approccio della Terapia Caratteriale a base Corpoera, Bioenergetica: occuparsi della ferita di ciascuno in occasione del trauma. E di come queste due entità interagiscano.

D’altronde, è una legge di natura che La ferita ci riporti all’origine di ciò che dobbiamo superare in questa vita.

Come potrebbe essere altrimenti per il Trauma? Come potrebbe seguire leggi diverse?

 

Eppure è ciò che erroneamente siamo portati a ritenere, sotto la pressione del problema che ci investe:

Perché questa botta tremenda è capitata proprio a me? E come ne posso uscire se è così grande?

 

Quel che fiorisce, in realtà, nella terapia, è che queste persone si rendono conto ben presto che c’erano segnali ben più grossi che questo infortunio stava per accadere: casi di sovraffaticamento inverosimili, impegni schiaccianti per anni, stress sopportati per decenni senza alcuna sensazione di via d’uscita.

E alla fine appare chiaro che poi, il trauma, è la via d’uscita dal problema vero sottostante, e non la via d’ingresso, come credevamo. Il trauma è la soluzione, per certi versi. Perché giustifica il malessere interiore già presente, in un accadimento esterno, che finalmente fa diventare reale il disagio interno.

Nei casi di tradimento o di fine di un amore che sembrava non dovesse finire mai, ad esempio, spesso i segnali che la relazione non andava bene per niente erano davvero diffusi e ignorati inconsapevolmente, fino all’esplosione del problema. Come mai?

Sempre per le solite nostre tipiche, private e personali difficoltà: paura di restare soli, destino infausto, non diritto di esistere, incapacità di affermarsi, rinuncia al piacere, sono solo alcuni dei problemi reali che il trauma ci riporta davanti agli occhi.

 

6. Sapere qual è la Nostra Personale Ferita -e quali i problemi conseguenti- fa la Differenza tra Successo e Fallimento nella Terapia del Trauma.

 

E ciò proprio perché -dal’episodio in poi- molte persone rifioriscono, proprio perché sono costrette ad interrogarsi e farsi aiutare, dedicandosi a risolvere i problemi cardine che ostruivano tutta la propria vitalità.

Comprendere allora, che cosa stava accadendo realmente dentro e fuori di noi, spiega, illustra e agevola il cammino su che cosa possa succedere da oggi di diverso e finalmente illuminante per noi.

 

Ciò spiega anche perché:

 

7. Persone apparentemente non soggette ad alcun trauma si possono comportare in modo traumatizzato. Oppure considerano qualcosa di insignificante per i più, come un problema invalidante.

O ancora, come mai:

 

8. Persone diverse, investite da uno stesso trauma apparente, colorano l’accaduto diversamente. Ciò secondo il proprio filtro caratteriale. Ed uno stesso evento può avete esisti traumatici completamente distinti. Ciò che è un Trauma per qualcuno, può non esserlo affatto per qualcun altro.

 

9. Riprendere il cammino di consapevolezza e progressione della nostra vita, ricongiunge con sé stessi al di là del trauma. E quindi lo ri-comprende all’interno del sistema vitale in cui trova forma e nuovo significato per noi.

 

Per tutte le suddette ragioni, aggredire il trauma nel senso di “ad gredior” vuol dire aprirsi al trauma, aprirsi al dolore. E non è mai una cosa nuova. Il dolore, quel particolare dolore esistenziale, tutto nostro, era già li sotto. E ora può finalmente trovare il suo senso e la sua soluzione, accessibile e possibile.

 

 

 

 

 

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