Per comprendere il senso del passare dallo spendere al guadagnare, quale esempio più importante se non quello della persona più ricca e realizzata al mondo (almeno sulla carta)? E che ha creato l’azienda più di successo sulla terra nonché la più grande?
Da dove è nata questa sua attitudine?
E come si è sviluppata?
E quali e quanti modi l’hanno portato a realizzare dal nulla qualcosa di così grande?
C’è stato piacere e applicazione oppure solo un’idea a tavolino?
Il senso dell’esempio è che -se l’appassionarsi produce un caso così eclatante- forse può valere anche per noi. E rappresentare molto di più di uno stimolo.
I brani qui riportati sono tratti dal libro «Inventa & Sogna» (uscito il 2 febbraio) di Jeff Bezos, il fondatore di Amazon, la più grande società di commercio elettronico del mondo.
Innanzitutto, com’è nato questo suo interesse in famiglia? Coltivando denaro e concentrandosi sul denaro? Non sembrerebbe proprio. Sentiamo il suo racconto.
«Io e mio fratello abbiamo avuto un’infanzia molto fortunata. (Lui era stato adottato, ndr). Abbiamo avuto l’opportunità di trascorrere parecchio tempo con i nonni, e i nonni insegnano cose diverse rispetto ai genitori. Quello con loro è proprio un altro tipo di rapporto. Dai quattro ai sedici anni io passai ogni estate nel ranch di mio nonno. Lui era un uomo incredibilmente autosufficiente. Quando vivi nel bel mezzo del niente, in una zona di campagna, non puoi certo chiamare un tecnico ogni volta che si rompe qualcosa. Devi ingegnarti e cercare di arrangiarti da te. E da bambino io vidi mio nonno risolvere da solo problemi di ogni genere. Una volta comprò un Caterpillar D6 usato, per 5.000 dollari. Era un affarone, ma costava poco perché era un rottame. La cinghia di trasmissione non c’era più. Il sistema idraulico non funzionava. Dedicammo quasi tutta l’estate alle riparazioni».
«Ordinavamo i pezzi dal catalogo postale della Caterpillar, ma erano troppo grossi per riuscire a spostarli. Perciò per prima cosa il nonno costruì una gru per sollevarli, e questo è un esempio di intraprendenza e di autosufficienza. Per carattere il nonno era un uomo cauto, prudente, silenzioso e introverso. Non era tipo da gesti impulsivi.
«Tutto questo per dirvi che per progredire bisogna affrontare una quantità di problemi, fallimenti e inciampi. Per passare oltre devi fare marcia indietro e ritentare. Non c’è altro modo per superare un ostacolo: bisogna ritornare sui propri passi e trovare un’altra strada. Devi usare la tua intraprendenza, dare fondo alle risorse ed escogitare un modo per uscire dall’impasse.
Ad Amazon abbiamo un sacco di esperienza al riguardo, ci è capitato un’infinità di volte. Il numero dei nostri fallimenti è incalcolabile, anzi, credo proprio che non esista un posto migliore di Amazon per fallire. Noi ci riusciamo benissimo. È un’arte in cui ci siamo esercitati parecchio.
« La capacità di tentare nuove strade, trovando risposte alternative alle domande essenziali – che cosa vogliono i clienti? – è proficua in qualsiasi campo. Persino nella vita di ogni giorno, per esempio cercando nuovi modi di dare una mano ai nostri figli, domandandoci qual è l’approccio migliore per educarli. Io e MacKenzie abbiamo permesso ai nostri bambini di usare i coltelli a tavola già a quattro anni e di maneggiare il trapano elettrico tra i sette e gli otto. In questo il merito è soprattutto di mia moglie. “Preferisco avere un figlio con nove dita”, diceva sempre, “piuttosto che crescere un incapace”. È un atteggiamento che trovo molto utile nella vita».
Nel 1994 Internet era ancora un fenomeno pressoché sconosciuto. A quel tempo veniva usata quasi esclusivamente da scienziati e fisici. Alla D. E. Shaw la utilizzavamo un pochino, e a me capitò sott’occhio una statistica secondo cui il web stava crescendo a un tasso di circa il 2.300% annuo. Con una crescita simile, anche se parti in piccolo, sei destinato a diventare enorme. Perciò decisi di inventarmi un business basato su Internet, continuando a migliorarlo man mano che il web cresceva. Compilai un elenco di prodotti che avrei potuto vendere online e, quando li ordinai in una classifica, inserii i libri al primo posto perché hanno una caratteristica davvero unica: ci sono più articoli nella categoria “libri” che in qualsiasi altra classe merceologica».
«In ogni momento, in tutto il mondo, circolano circa tre milioni di titoli stampati. Persino le librerie fisiche più grandi ne avevano al massimo 150.000 a magazzino. Quindi, l’idea fondante di Amazon fu di costruire un magazzino online di tutti i libri disponibili a stampa. Dopodiché mi rimboccai le maniche per realizzarla: assunsi un piccolo gruppo di collaboratori e scrivemmo il software. Come sede della mia nuova società scelsi Seattle, perché allora il distributore librario più grande del mondo si trovava poco lontano, a Roseburg, nell’Oregon, e perché con la presenza di Microsoft la città offriva un ampio bacino di specialisti da assumere. Quando dissi al mio capo a New York, David Shaw, che avevo in mente questa idea, andai con lui a fare una lunga passeggiata a Central Park. Gli parlai del mio progetto e lui mi ascoltò con attenzione. Infine disse: “Sai, Jeff, la tua idea è davvero brillante. È una trovata geniale, io però la sconsiglierei a una persona che ha già un ottimo impiego”. L’obiezione mi sembrò sensata, perciò accettai di rifletterci per un paio di giorni prima di prendere una decisione».
«Ma alla fine – come avrei fatto spesso anche in seguito – scelsi con il cuore, non con la testa: l’opportunità mi sembrava troppo importante per lasciarmela scappare. Io non voglio ritrovarmi a ottant’anni pieno di rimpianti, e noi rimpiangiamo soprattutto gli atti di omissione, le cose che non abbiamo tentato, i sentieri non percorsi. Sono quelle le decisioni che ci tormentano a vita.
Agli albori di Amazon ero io stesso a portare i libri all’ufficio postale per la spedizione. Adesso non è più così, ma l’ho fatto per anni. Nel primo mese di attività preparavamo i pacchi stando inginocchiati su un pavimento di cemento, finché a un certo punto dissi a un collaboratore: “A stare in questa posizione mi si spezza la schiena e le ginocchia mi fanno un male del diavolo. Dovremmo proprio comprarci delle ginocchiere”. Lui ribatté: “Quel che serve davvero sono tavoli da imballaggio”. Mi sembrò l’idea più brillante mai sentita in vita mia. Il giorno dopo li comprammo, e raddoppiammo la produttività».
Ora, tornando a noi e a questo blog, e al tema della realizzazione e del denaro, lettore mio adorato, chiediti soltanto, per quel che può interessare noi infinitamente meno dotati e intraprendenti:
In questa storia raccontata, leggi di speculazione e finanza, di sfruttamento e ambizione smodata? Senti che il denaro non è nemmeno citato, considerato marginale ed è solo una conseguenza di un’idea molto coinvolgente?
Certo, per arrivare ad avere quasi 1 milione di dipendenti nel mondo, senz’altro ci saranno le ambizioni e i giochi di potere e finanziari e gli sfruttamenti. O meglio, non possiamo saperlo, noi da qui.
Ma l’esempio che interessa a noi, è sempre nell’infanzia e nella sensazione di non lavorare, bensì nella capacità di appassionarsi a quel che si fa, nel divertimento coinvolto nel preparare scatoloni e nel risolvere problemi e nel fallire come metodo per trovare sempre nuove strade.
E non è il contrario assoluto dello spender soldi come unica attitudine a sentirsi coinvolti?
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