Verità Batte Benessere 3 a 0

 

 

 

In Bioenergetica, la ricerca della salute va apparentemente contro il buonsenso e affronta con fiducia il paradosso:

più accetto e mi vado a cercare un certo tipo preciso di tensione che produce dolore
-nei muscoli delle gambe in posizione base, detta di grounding-…
…più arriva lo scioglimento e la sensazione di liberazione finali.

Viceversa, più resisto e mi ritiro –mentre comunque effettuo il movimento-…
…e più l’esercizio diventa un fastidio insopportabile.

In questo senso è una metafora della vita vera e propria.
Lavorativa e personale.

E in questo senso si parla di resa.

Resa doverosa e salutare:
arrendersi a qualcosa di eccessivo e ormai superfluo:
Far sì che le tensioni croniche che ci hanno sempre accompagnato per resistere,
vengano finalmente meno.

E’ proverbiale, per me, la volta in cui, risalendo dalla posizione di piegamento in avanti, mi dissi apparentemente soddisfatto:

“Che bella la Bioenergetica, mi aiuta a far fronte!
Ma un momento, io non devo più far fronte a niente…!”.

Se ‘faccio fronte”, come ho fatto per una vita, agli esercizi di una sessione, e mi sospendo aspettando che finisca l’esperienza, la sensazione sarà ancora più penosa.

E ciò soltanto perché faccio fronte fin da quando sono bambino alle immense rotture di scatole familiari, educative e -oggi- di lavoro.

Imparo così un insegnamento fondamentale, che trascende:

Se “cerco di resistere”, se “cerco di risolvere” una situazione,
rinforzando la mia armatura per la guerra caratteriale che conduco da una vita,

semplicemente, non ci riuscirò.
Ottenendo il contrario di ciò che tento di raggiungere (!).

Viceversa, se mi abbandono con fiducia a qualsiasi esperienza con il corpo, mente ed emozioni- esattamente come se non avessi alcun “sospeso” con nessuno e tutto andasse benissimo-

allora ogni sensazione di ‘avere un problema’ si risolverà da sola.

Ciò che accetto si scioglie, ciò che fuggo m’insegue.

Accade perché il nostro Io (EGO), la struttura della volontà, insieme alle nostre tensioni corporee, si forma quando siamo piccoli, schematici e reattivi. Quindi continuiamo a sentire, percepire e reagire a problemi che semplicemente non ci sono più, o non sono così gravi come ci sembrano.

Un’esperienza illuminante che affrontiamo nei gruppi e nelle terapie individuali è:

“Immagina di avere di fronte la persona con cui hai un problema.
Poi apri gli occhi
e affronta il tuo compagno, che fa l’esercizio davanti a te”.

Immancabilmente, il compagno avverte che noi “siamo” il problema e soprattutto che portiamo a lui chiusura e non facilitiamo la soluzione del problema stesso.

Mentre noi non abbiamo fatto altro che prepararci ad affrontare e “risolvere la questione tra noi” (!).

Poi l’esercizio si ripete.

“Questa volta apriti all’altro e -ancora ad occhi chiusi- pensa a sensazioni belle e immagina di dare energia in forma di luce a te stesso e proprio alla persona con cui hai il problema, che è di nuovo di fronte a te”.

Nella totalità dei casi, quando si riaprono gli occhi, l’interlocutore sente che il problema non c’è già più, e l’atmosfera è di per sé molto più aperta e collaborativa.

Una variante:

Camminiamo nell’ambiente sentendo uscire dal nostro corpo
un fluido di energia bianca e potente
mentre incrociamo i nostri compagni

E che possiamo comunicare con chi incontriamo intorno a noi
solo attraverso questo fluido.

Con questa apertura, si percepiscono immediatamente la facilità e la possibilità
di sanare relazioni solo con l’atteggiamento

e sentiamo le tensioni che viceversa normalmente ci ostacolano nel comunicare.

Il rilascio di tensione e la fiducia nell’affidarsi al corpo, alle emozioni, all’apertura,
sanano già il rapporto problematico.

Per i dettagli di come funzionano questi meccanismi, si veda La Legge della Progressione.

 

E’ per questo che a mio avviso la bioenergetica è prima di tutto la forma di pratica corporea più semplice ed efficace allo stesso momento.

E che più di ogni altra può contribuire profondamente alla ritrovata vitalità.

Quindi prima ancora di essere una psicoterapia ufficiale e riconosciuta, come è.

 

Infatti, se parliamo di terapia, le cose si fanno anche più evidenti.

Quante persone vedo nel mio studio che mi dicono che vogliono lavorare su se stessi, ma non è affatto vero. Oppure che vogliono farlo “a patto che…”:

  • “Non tocchiamo il rapporto con mia moglie”
  • “Si possa non soffrire”
  • “Io non mi debba mettere in gioco completamente”
  • “Non andiamo a ri-analizzare vecchie situazioni dell’infanzia…”
  • “Anche perché, caro dottore, a che serve tirare fuori vecchi scheletri dall’armadio?”.

Vogliamo fare terapia in modo chirurgico, come in una guerra con i droni…

Ci sarà quindi utile tenere a mente
che il lavoro di consapevolezza su se stessi
ci porta alla verità, non al benessere,
e che proprio per questo, il benessere arriverà, senz’altro e alla lunga,
ma

se lo punto come obiettivo unico e irriducibile,

non arriverà proprio.

 

Al contrario: arriverà la superficialità, il conformismo, il raccontarsi qualsiasi cosa…

 

Mentre Accettare è
andare a vedere qualunque scomoda verità non ci piaccia.
Affrontare il dolore.
Sopportare le perdite e le mancanze del passato in modo adulto, maturo,

senza fughe né filtri.

Un mio collega mi ha detto recentemente: “mi viene l’orticaria solo a sentire la parola benessere”.

Voleva intendere che con questa ricerca del benessere, si vuole in realtà fuggire in buona parte da se stessi. Ed ha ragione per molti versi.

Ma le persone non lo sanno. Non sanno come si fa terapia, non sanno che si può conoscere molto di più di sé e che è illuminante in molti tratti -e accidentato in altri- ma che è la verità ciò a cui dobbiamo puntare, non solo in terapia ovviamente.

E sta a noi porci in modo che si possano recepire questi concetti.

Il fatto è che ci mettiamo anni a deciderci di andare a consulto da uno specialista e uno dei motivi per cui scriviamo queste note è proprio per “dare una mossa” a tutti coloro che hanno in animo di farlo.

Perché gli anni spesi in titubanze, paure e dichiarazioni a se stessi di voler mantenere un minimo di benessere -quando questo benessere è evidente che non c’è!- sono anni persi, sprecati, buttati letteralmente dal finestrino del treno dell’unico viaggio che abbiamo a disposizione.

E ne vedo parecchi che si rammaricano e vorrebbero aver guardato in faccia se stessi molto prima.

Per questo la Verità batte il Benessere 3 a 0.

Solo conoscere chi siamo apre la strada profonda non per star bene, ma per stare sempre più a contatto con le consapevolezze che ci fanno sentire veri.

Cerca di essere vero. Non di star bene. E starai meglio.

 

Leggi l’approfondimento correlato: Le Domande a cui Risponde una Terapia

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